Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15370 del 20/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/07/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 20/07/2020), n.15370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. GILOTTA Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16814/2015, promosso da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

A.E., rappresentato e difeso in giudizio dagli avv. Nino

Scripelliti e Elena Bellanti del foro di Firenze e dall’avv. Ornella

Manfredini, presso lo studio della quale è anche domiciliato in

Roma, via G.G. Avezzana, 1;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 2495/35/14 emessa il 22 dicembre

2014 dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, avente ad

oggetto l’avviso di accertamento n (OMISSIS), per i.r.pe.f.,

i.r.a.p. e altro 2005.

Fatto

RILEVATO

Che:

Con l’avviso di accertamento in oggetto l’Agenzia delle Entrate recuperò a tassazione nei confronti di A.E., tassista a Firenze, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), maggior ricavi per Euro 78.170, rispetto a quelli dichiarati, pari ad Euro 29.726,00 e conseguentemente un maggior reddito d’impresa e del valore della produzione netta ai fini Irap. L’Ufficio ritenne l’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta dal contribuente, ricostruita moltiplicando il prezzo medio di Euro 0,81 previsto dal piano tariffario del Regolamento Unificato per il servizio taxi per la lunghezza della corsa media di Km 3,2 Km, tratto dagli organi di stampa in occasione degli accordi intercorsi tra il Comune e le associazioni di categoria per l’istituzione di nuovi servizi a “tariffe fisse”; aggiungendo quindi le tariffe regolamentari di Euro 2,50 per tariffa iniziale, Euro 0,62 per un bagaglio, Euro 1,16 per la chiamata radio-taxi o telefono per un totale di Euro 6,87 quale prezzo complessivo di una corsa media. Il numero annuo delle corse era stato tratto dagli studi di settore redatti dal contribuente.

Avverso l’avviso di accertamento A.E. propose ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, che lo ha rigettato.

Proposto appello alla Commissione Tributaria Regionale, questa, con la sentenza qui impugnata, ha annullato l’accertamento.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre per due motivi l’agenzia delle Entrate. Al ricorso resiste con controricorso il contribuente, il quale ha successivamente depositato memoria.

Per la trattazione è stata fissata l’adunanza in camera di consiglio del 18 dicembre 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. n. 168 del 2016.

Diritto

CONSIDERATO

che:

La sentenza impugnata, riformando quella di primo grado, ha annullato l’accertamento partendo dalla congruità dei dati reddituali rispetto agli studi di settore e ritenendo che, sussistendo nei confronti del contribuente “una presunzione semplice di normale redditività costituita dall’adeguamento agli studi di settore” sarebbe stato onere dell’Ufficio “fornire elementi idonei a sorreggere l’accertamento per maggiori ricavi o applicare presunzioni legali o presunzioni con carattere della gravità, precisione

e concordanza”. L’Ufficio invece – prosegue la sentenza – “con un semplice calcolo matematico proprio”, aveva operato diminuendo la percorrenza dell’anno di una certa percentuale a titolo di utilizzo dell’autovettura per uso privato, attribuendo i residui chilometri risultanti all’attività di tassista e presumendo un percorso medio di chilometri 3,2 a corsa ed un costo medio a corsa di Euro 6,87″ così ricostruendo induttivamente i ricavi. “Ai sensi dell’art. 2727 e 2729 c.c. – ha sostenuto la Commissione Tributaria Regionale – il ricorso alla presunzione richiede che i fatti noti siano certi ed univoci e dall’altro che tra il fatto noto e quello da dimostrare sussista un legame. Nel caso in specie nulla. L’Ufficio ha operato non tenendo conto degli studi settore ed è andato oltre, di fatto sostituendosi. Da nessun accertamento risulta che il contribuente ha dichiarato, nella compilazione dello studio di settore di appartenenza dati o notizie false

o comunque non attendibili. Il contribuente ha dimostrato che non esiste uno studio dell’Ufficio di statistica del Comune di Firenze nè alcun elemento diretto a determinare la percorrenza media delle corse dei taxi, nè la tariffa media (Euro 6,87), per cui il presupposto posto a fondamento dell’accertamento è privo di qualsiasi concretezza ed autorevolezza.”

Con il primo motivo l’agenzia delle Entrate denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Premette che l’accertamento presupponeva che i dati contabili offerti dal contribuente avevano delineato un quadro antieconomico ripetutosi sia negli anni precedenti che in quello successivo al 2005, incompatibile con il mantenimento di un normale tenore di vita, con il pagamento dei contributi previdenziali, con l’acquisto per-contanti di un immobile di elevato valore e di un’altra autovettura e con la manutenzione ordinaria di alcuni immobili urbani e di svariate unità immobiliari rurali, quantunque non tutte possedute al 100% dal contribuente; che ulteriori e non meno gravi incongruenze erano emerse riguardo ai costi riferibili alle schede carburante e alla manutenzione di veicoli; che dette incongruenze erano ancora più gravi al cospetto del fatto che trattavasi di un’impresa familiare nella quale svolgeva l’attività di autista anche il figlio del contribuente.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” avendo la Commissione Tributaria Regionale omesso di pronunciare, quale giudice del rapporto tributario, sulla rideterminazione del reddito, attesa la pluralità di elementi convergenti nel suffragare l’accertamento di un maggior reddito imponibile anche non considerando attendibile il dato relativo alla stima della percorrenza annua. I motivi, connessi, possono trattarsi congiuntamente.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., 27415/2018). Nel caso in cui il giudice del merito abbia ritenuto, senza ulteriori precisazioni, che le circostanze dedotte per sorreggere una certa domanda (o eccezione) siano generiche ed inidonee a dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi del diritto stesso (o dell’eccezione), non può ritenersi sussistente nè la violazione dell’art. 132 c.p.c. , n. 4, per difetto assoluto di motivazione o motivazione apparente, nè la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, mentre, qualora si assuma che una tale pronuncia comporti la mancata valorizzazione di fatti che si ritengano essere stati affermati dalla parte con modalità sufficientemente specifiche, può ammettersi censura, da articolare nel rigoroso rispetto dei criteri di cui agli artt. 366 e 369 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, qualora uno o più dei predetti fatti integrino direttamente elementi costitutivi della fattispecie astratta e dunque per violazione della norma sostanziale, oppure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di una o più di tali circostanze la cui considerazione avrebbe consentito, secondo parametri di elevata probabilità logica, una ricostruzione dell’accaduto idonea ad integrare gli estremi della fattispecie rivendicata. (Cass., 26764/2019).

Da questa giurisprudenza emerge che il “fatto” di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – fermo restando che deve trattarsi di un fatto storico e non di un “punto” della sentenza o di un argomento difensivo – può essere o quello (principale) direttamente costitutivo, modificativo o estintivo del diritto oppure quello (secondario) idoneo a supportare un argomento inferenziale sull’esistenza di un fatto principale.

Alla luce di questo principio, la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è carente, avendo omesso di esaminare fatti decisivi, nei sensi sopra delineato.

La C.T.R. ha preso, infatti, in esame studi di settore rispetto ai quali il reddito del contribuente è risultato congruo, pretermettendo del tutto l’esame dei fatti indizianti sui quali era stato fondato l’accertamento (l’acquisto in contanti di un immobile, l’acquisto di una vettura, la manutenzione di altri immobili, l’apporto al reddito di un secondo autista).

L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame del secondo, siccome conseguenziale.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio al Giudice del merito il quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e regolerà le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sezione di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2020

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