Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15369 del 26/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 26/07/2016, (ud. 29/04/2016, dep. 26/07/2016), n.15369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19248/2013 proposto da:

B.A., (OMISSIS), C.C. (OMISSIS), in proprio

e quali legali rappresentanti di BLUE STAY, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11, presso lo studio

dell’avvocato ALDO FONTANELLI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GAETANO CIRANNA giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

A.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI RIZZO 41,

presso lo studio dell’avvocato VITTORIO OLIVIERI, rappresentato e

difeso dagli avvocati ANTONINO GIANNITTO, GIUSEPPE SILECI giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 914/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 11/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO;

udito l’Avvocato ALDO OLIVIERI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. A.G., a mezzo del suo procuratore generale A.O., ha chiesto al tribunale di Catania la condanna di C.C. e B.A. al pagamento, ai sensi dell’articolo 1591 del codice civile, del canone per l’immobile concesso loro in locazione, dall’aprile 1997 al 10 agosto 2001, data dell’effettivo rilascio, il tutto entro la somma di Euro 26.000. I convenuti eccepivano la litispendenza ed il ne bis in idem e chiedevano comunque la compensazione con l’indennità da perdita di avviamento e anche con il credito di cui alla sentenza numero 17-99 del Tribunale di Paternò.

2. Il tribunale condannava i resistenti, in proprio e nella qualità di legali rappresentanti della società Blue Stay S.n.c., a pagare la somma di Euro 36.000, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, detratta l’indennità per la perdita dell’avviamento e la somma dovuta agli stessi in esecuzione della sentenza 17-99.

3. I convenuti proponevano appello lamentando il rifiuto di controparte alla consegna dell’immobile e la sussistenza di un vizio di ultra petita, essendovi stata condanna per una somma (Euro 36.000) superiore a quella richiesta dall’attore (Euro 26.000).

4. La Corte d’appello di Catania rigettava l’appello sulla considerazione che l’art. 34 della legge sull’equo canone, che subordina l’esecuzione del provvedimento di rilascio al pagamento dell’indennità di avviamento, non esclude la permanenza dell’obbligo del conduttore di continuare a pagare i canoni fino alla riconsegna, nè l’offerta informale di riconsegna è sufficiente a mettere in mora la controparte. Quanto al vizio di ultra petita, la Corte riteneva di interpretare la domanda originaria nel senso che essa fosse stata limitata ad Euro 26.000 per un errore materiale nel calcolo dei canoni dovuti.

5. La Corte accoglieva, invece, l’appello incidentale relativo alla non debenza dell’indennità di avviamento, osservando che il contrasto tra la motivazione ed il dispositivo della sentenza della Corte d’appello di Catania del 2 luglio 2001 numero 502-01 andava risolta dando prevalenza al dispositivo, trattandosi di rito locatizio in cui il dispositivo acquista pubblicità con la lettura in udienza e cristallizza in tale momento la disposizione.

6. Contro la sentenza di appello propongono ricorso per cassazione C.C. e B.A., in proprio e quali legali rappresentanti della società Blue Stay S.n.c., affidandolo a 4 motivi; resiste con controricorso A.G.. Depositano note difensive i ricorrenti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso denunciano violazione degli artt. 1220, 1227 e 1591 c.c. e art. 34 della legge sull’equo canone per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; secondo i ricorrenti l’offerta non formale di riconsegna dell’immobile era parificabile a quella formale e non vi era alcun legittimo e serio motivo perchè l’Asero dovesse rifiutarla, cosicchè nulla era dovuto come corrispettivo fino alla riconsegna dei locali, in eccedenza a quanto compensato ex lege per i primi 18 mesi di ritardata consegna. In ogni caso, l’offerta non formale aveva impedito la mora del conduttore e quindi non era dovuto il maggior danno ex art. 1591 c.c.; di conseguenza, i ricorrenti dovrebbero solo pagare le mensilità di permanenza fino alla riconsegna nella misura dell’ultimo canone pagato e non in quella di mercato, calcolata quale maggior danno dalla c.t.u., senza rivalutazione ed interessi (atteso che i locatari, ai sensi dell’art. 1220 c.c., non possono essere considerati colpevolmente in mora).

2. Il motivo è infondato nella sua prima parte, sulla base della giurisprudenza prevalente di questa Corte, di cui il giudice di appello ha fatto corretta applicazione; si veda Sez. 3, Sentenza n. 7179 del 25/03/2010, Rv. 612030, secondo cui: “Alle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali disciplinate della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 27 e 34 (e, in regime transitorio, dagli artt. 68, 71 e 73 della stessa legge), il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la restituzione dell’immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennità di avviamento, è obbligato al solo pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione e non anche al risarcimento del maggior danno; ne consegue che, se la richiesta del locatore di riavere indietro l’immobile, non accompagnata dall’offerta dell’indennità, non vale a mettere in mora la controparte, specularmente, l’offerta di restituzione del bene locato, a condizione che venga corrisposta l’indennità di avviamento, non esonera il conduttore dal pagamento del canone. Si veda anche Sez. U, Sentenza n. 1177 del 15/11/2000, Rv. 541673 (conf. 890-2016): Nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali disciplinate della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 27 e 34 (e, in regime transitorio, dagli artt. 68, 71 e 73 della stessa legge), il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la restituzione dell’immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennità di avviamento, è obbligato al solo pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione, e non anche al risarcimento del maggior danno. Negli stessi termini Sez. 3, Sentenza n. 15876 del 25/06/2013, Rv. 626912: Il conduttore di un immobile adibito ad attività commerciale, alla scadenza del contratto, resta obbligato al pagamento dei canoni tutte le volte in cui permanga nella detenzione dell’immobile (quand’anche sia cessato l’esercizio dell’attività commerciale nell’immobile locato), a nulla rilevando che il locatore sia a sua volta inadempiente all’obbligo di pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento. Per sollevarsi da tale obbligo, il conduttore ha l’onere di costituire in mora il locatore offrendo contestualmente, anche in modo informale, la restituzione dell’immobile.

3. Risulta chiaramente dai precedenti sopra richiamati che il conduttore di un immobile adibito ad attività commerciale resta obbligato al pagamento dei canoni tutte le volte in cui permanga nella detenzione del bene, anche se il locatore è inadempiente all’obbligo di pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento.

4. La stessa giurisprudenza evidenzia la fondatezza, in diritto, della seconda censura, che però non può essere accolta per un motivo impeditivo di natura processuale. Risulta dalla sentenza impugnata (pag. 7, secondo cpv.) che sulle modalità di determinazione del canone secondo i valori di mercato non vi è stata contestazione in appello e, quindi, sulla debenza del maggior danno ai sensi dell’art. 1591 c.c., si è ormai formato il giudicato. Che l’affermazione della Corte (che non vi è stata contestazione sulle modalità di determinazione del canone secondo i valori di mercato) sia corretta, cioè corrispondente al vero, è tutto sommato irrilevante, atteso che nemmeno l’odierno ricorso indica che tale statuizione è stata impugnata, il che ne ha certamente determinato la definitività. Con il che, nessuna contestazione può utilmente essere oggi effettuata sulla quantificazione dell’indennità dovuta per la ritardata consegna.

5. Con un secondo motivo di ricorso denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c., per il vizio di ultra petita nella parte in cui la Corte d’appello ha confermato il capo della sentenza di primo grado che aveva condannato i conduttori al pagamento di Euro 36.000, oltre rivalutazione ed interessi, nonostante la domanda fosse stata contenuta entro i limiti di Euro 26.000.

6. Il motivo non può essere accolto; la decisione dei giudici di merito è certamente opinabile, ma il ricorso affronta questioni di merito, in ordine alla interpretazione della domanda giudiziale, che non competono a questa Corte e che richiedono accertamenti in fatto preclusi in questa sede (senza che, peraltro, la parte abbia ottemperato ai principi di autosufficienza del ricorso – non avendo prodotto la consulenza cui fa riferimento, nè avendo indicato la sua collocazione specifica negli atti a disposizione del giudice di legittimità – e di specificità, mancando la trascrizione e un’indicazione specifica dei passaggi della consulenza rilevanti ai fini di sostenere la propria censura).

7. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo; contestano i ricorrenti che vi fosse contrasto tra il dispositivo e la motivazione della sentenza – resa in altro procedimento – della Corte d’appello numero 502-2001, laddove la seconda dava atto della spettanza dell’indennità di avviamento, mentre il dispositivo confermava la sentenza di primo grado che tale diritto aveva respinto. I ricorrenti argomentano anche con riferimento alla compensazione delle spese di lite, che sarebbe stata non giustificata in caso di rigetto integrale dell’appello.

8. Il motivo è fondato; pur confermando che nel rito del lavoro il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo che, acquistando pubblicità con la lettura in udienza, cristallizza stabilmente la statuizione emanata (Sez. L, Sentenza n. 14845 del 03/08/2004, Rv. 575182), tuttavia nel caso di specie nessun contrasto insanabile vi è tra la motivazione ed il dispositivo, il che comporta che ogni dubbio deve essere risolto proprio mediante la lettura sistematica delle due parti della sentenza: “Nel rito del lavoro, qualora la motivazione della sentenza si limiti alla mera esplicitazione di statuizioni già sostanzialmente argomentabili dalla struttura logico-semantica del dispositivo, non si applica il principio della non integrabilità del dispositivo con la motivazione, che presuppone l’effettiva carenza nell’uno di statuizioni invece contenute nell’altro, dovendosi individuare la portata precettiva della pronuncia giurisdizionale tenendo conto non solo delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma coordinando questo con la motivazione, le cui enunciazioni, se univocamente dirette all’esame di una questione dedotta in causa, possono essere utilizzate quale strumento di interpretazione del dispositivo medesimo (Sez. 6-L, Ordinanza n. 14499 del 26/06/2014, Rv. 631648; conff. Sez. Sentenza n. 1481 del 18/02/1997, Rv. 502507; Sez. 3, Sentenza n. 11195 del 26/05/2005, Rv. 582628). D’altronde, la funzione della motivazione è proprio quella di spiegare le ragioni che hanno portato all’emanazione di un certo decisum e dunque a fugare eventuali dubbi sulla sua oscurità.

9. Nel caso di specie, poi, è la compensazione delle spese di lite di primo e secondo grado ad indicare con certezza che vi era stata una considerazione favorevole della domanda relativa al riconoscimento dell’indennità di avviamento, la cui mancata esplicitazione nel dispositivo era probabilmente dovuta al fatto che, essendo l’indennità di avviamento inferiore all’importo dei canoni ancora dovuti, il suo riconoscimento non faceva venir meno il diritto di controparte all’esecuzione ed in conseguenza la condanna al pagamento in suo favore (ed in tali termini si confermava la pronuncia di primo grado).

10. Con un quarto ed ultimo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per mancata compensazione delle spese dei 2 gradi di giudizio, attesa la reciproca soccombenza delle parti. Il motivo rimane assorbito.

11. Ne consegue che il ricorso deve essere parzialmente accolto, nei termini indicati al par. 9.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo e rigetta gli altri; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2016

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