Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15367 del 26/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 26/07/2016, (ud. 29/04/2016, dep. 26/07/2016), n.15367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15877/2013 proposto da:

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F INGHIRANI

24, presso lo studio dell’avvocato PAOLO FEDERICO, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., G.L.;

– intimati –

nonchè da:

G.L., M.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA AURELIA 385, presso lo studio dell’avvocato ANDREA SITZIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO MARIO LABATE giusta

procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

S.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 496/2012 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 10/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO;

udito l’Avvocato FABIO FEDERICO per delega non scritta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso principale, accoglimento del 1^ motivo del ricorso

incidentale assorbiti gli altri.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. G.L. e M.G. hanno ottenuto dal tribunale di Reggio Calabria la condanna di S.R. al risarcimento dei danni cagionati all’immobile condotto in locazione ed adibito a studio odontoiatrico, nonchè al pagamento dei canoni per il periodo in cui era stato impossibile locare a terzi l’immobile per consentire l’espletamento dell’accertamento tecnico preventivo e l’esecuzione dei lavori di ripristino. Su appello dello S., la Corte territoriale calabrese dichiarava inammissibile il motivo numero tre, in quanto motivo mancante nella copia notificata alla controparte (che era incompleta), rigettava i primi due motivi di ricorso ed accoglieva parzialmente il terzo, limitando il risarcimento del danno al 50% sulla considerazione che l’immobile, essendo già stato destinato a studio professionale odontoiatrico da molto tempo prima, verosimilmente si trovava già in parte deteriorato al momento della stipula del nuovo contratto nel 2005 e tenuto conto del fatto che l’impianto elettrico, pur parzialmente rimosso e non conforme alle norme di sicurezza, era stato sostituito a spese del conduttore dopo che era andato distrutto a causa di un corto circuito.

2. Contro la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione lo S., articolando quattro motivi; resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale, affidato a tre motivi, M.G. e G.L..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso deduce nullità della sentenza per assoluta indeterminatezza dei suoi presupposti in fatto e in diritto e per violazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c.. Con un secondo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alle inammissibilità dell’accertamento tecnico preventivo.

2. I primi due motivi sono inammissibili in quanto ripropongono le censure già esposte con l’atto d’appello senza introdurre significativi elementi di novità e soprattutto senza confrontarsi minimamente con la specifica motivazione adottata dal giudice di appello (per quanto riguarda il primo motivo, si vedano le pagine 9-11, mentre per il secondo si rimanda a quanto affermato dalla Corte alle pagine 11 e 12). E’ allora inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità.

3. Con un terzo motivo di ricorso lamenta omesso esame di un punto decisivo della controversia, relativo agli obblighi contrattuali intercorrenti tra le parti ed alla specifica destinazione dell’immobile locato. Il motivo di ricorso è scarsamente comprensibile, lamenta in rubrica l’omesso esame di un punto decisivo, ma nello sviluppo del motivo non specifica quale sarebbe l’omissione della Corte ed a quali obblighi contrattuali si riferisca la censura. Peraltro, sul punto c’è una motivazione specifica alle pagine 12 e 13 e non si capisce neppure quale sia l’interesse al ricorso, atteso che sul punto vi era stato parziale accoglimento in appello, con limitazione del risarcimento. Il motivo, in ogni caso, è privo della necessaria specificità.

4. Con un quarto motivo di ricorso lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, rappresentato dalla inesistenza del danno per il ritardo conseguente allo svolgersi dell’accertamento tecnico preventivo; anche questo motivo di ricorso è inammissibile in quanto il relativo motivo di appello era stato dichiarato inammissibile dalla Corte territoriale (si veda la pagina 6 della sentenza) e la dichiarazione di inammissibilità non è stata impugnata.

5. Il ricorso dello S. deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

6. Quanto al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 347, 348 e 165 c.p.c., per mancato accoglimento dell’eccezione di nullità dell’atto di citazione, notificato mediante una copia mancante di alcune pagine.

7. Il motivo non può essere accolto; i ricorrenti in via incidentale non si confrontano affatto con la motivazione specifica adottata dalla Corte sul punto, laddove osserva che la mancanza di uno o più pagine nella copia dell’atto notificato assumere rilievo solo se abbia impedito al destinatario della notifica la comprensione dell’atto e quindi compromesso in concreto le garanzie della difesa. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto che fossero pienamente comprensibili i motivi di impugnazione ed il petitum, tanto che la controparte si era costituita ed aveva contrastato esattamente la richiesta di riforma della sentenza di primo grado. Tale valutazione, corredata di idonei richiami giurisprudenziali di legittimità, non si pone affatto in contrasto con le sentenze richiamate dai ricorrenti, ma costituisce un’applicazione e specificazione dei principi ivi enunciati.

8. Con un secondo motivo di ricorso denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 1590 c.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo rappresentato dalla descrizione del bene locato contenuta nel contratto di locazione del 2005 (ove si dava atto di un buono stato di manutenzione); sostengono i ricorrenti in via incidentale che la presunzione di cui dell’art. 1590 c.c., comma 2, non possa essere superata da astratte considerazioni sulla durata di un precedente rapporto locativo con diverso conduttore.

9. Il motivo è inammissibile, atteso che la riduzione del 20% dei danni riconosciuti in primo grado dal Tribunale è stata motivata in appello con riferimento alle condizioni in cui è stato restituito l’immobile (in base all’A.T.P. ed alle foto), tenendo conto delle opere eseguite da parte del conduttore e cioè del rifacimento dell’impianto elettrico, incidente per oltre 1/3 sul totale, e del completo ripristino dell’abitabilità dell’immobile (opere normalmente a carico dei locatori, che ne avevano beneficiato – dice la sentenza impugnata – in misura esorbitante rispetto alla responsabilità del conduttore per il deterioramento dell’immobile). Non corrisponde a verità, dunque, che vi sia stata omissione di esame in ordine alle condizioni dell’immobile, essendosi basata la riduzione del risarcimento su opere di cui gli attuali ricorrenti in via incidentale avevano beneficiato.

10. Con un terzo ed ultimo motivo denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 283 e 351 c.p.c., della L. n. 27 del 2012, art. 9 e D.M. n. 140 del 2012; lamentano che non sia stata effettuata la liquidazione delle spese relative alla fase cautelare, nella quale vi era stato il rigetto integrale della domanda di controparte, e che la liquidazione complessiva sia comunque inferiore ai compensi medi stabiliti dalla tabella A del decreto ministeriale.

11. Il terzo motivo è infondato, avuto riguardo all’esito finale della lite (accoglimento parziale dell’appello con riduzione dell’importo del risarcimento), con conseguente diminuzione dello scaglione tariffario. Inoltre, occorre ricordare che l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza impugnata, formulata ai sensi dell’art. 283 c.p.c., mette capo ad un subprocedimento incidentale privo di autonomia rispetto al giudizio di merito, sicchè la regolamentazione delle spese ad esso relative deve essere disposta, al pari di quella concernente le spese del procedimento principale, con il provvedimento che chiude quest’ultimo, tenendo conto del suo esito complessivo (Sez. 6-2, Ordinanza n. 2671 del 05/02/2013, Rv. 624920). Il motivo, infine, risulta privo della necessaria specificità, non indicando le singole voci di cui sarebbe stata omessa la liquidazione ed invocando i valori medi della tabella senza spiegare per quale motivo il giudice di merito non avrebbe potuto liquidare una somma più bassa di quella richiesta (ove rientrante comunque nell’ambito dei minimi e massimi consentiti dalla norma). Sul punto, occorre ancora ricordare che “In tema di liquidazione delle spese processuali, è inammissibile, per violazione del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione che, nel censurarne la complessiva quantificazione operata del giudice di merito, non indichi le singole voci della tariffa, per diritti ed onorari, risultanti nella nota spese, in ordine alle quali quel giudice sarebbe incorso in errore” (Sez. 1, Sentenza n. 20808 del 02/10/2014, Rv. 632497; conf. Sez. 1, Sentenza n. 18086 del 07/08/2009, Rv. 609456).

12. Ne consegue che il ricorso di G. e M. deve essere rigettato. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di lite, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta l’incidentale, compensando le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2016

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