Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15367 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 21/06/2017, (ud. 19/04/2017, dep.21/06/2017),  n. 15367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21706-2015 proposto da:

C.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DE CAROLIS UGO

101, presso lo studio dell’avvocato FULVIO FRANCUCCI, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.D., AL.FU., FALLIMENTO (OMISSIS) SRL,

DIREZIONE TERRITORIALE ECONOMIA E FINANZE VERCELLI;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VERCELLI, depositata il

09/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso;

udito l’Avvocato FULVIO FRANCUCCI;

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.O. ha proposto ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., comma 7, contro A.D., Al.Fu., il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione e la Direzione Territoriale dell’economia e delle Finanze di Vercelli, avverso l’ordinanza, a suo dire avente contenuto decisorio, con cui il Tribunale di Vercelli, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, in data 9 marzo 2015, avrebbe definito il giudizio di opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., da esso ricorrente introdotto contro l’ordinanza del 2 maggio 2014 dello stesso Giudice dell’Esecuzione, con cui era stata disposta l’assegnazione ai sensi dell’art. 512 c.p.c. della somma pignorata dall’ Al. presso la detta Direzione a carico dell’ A., in parti uguali ad esso ricorrente (intervenuto in surrogazione del credito del precettante, ne cui riguardi svolgeva prestazioni professionali di avvocato nela procedura) ed al Fallimento, con esclusione della sua qualità di creditore privilegiato.

2. Nessuna degli intimati ha resistito.

3. il Ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio rileva che il ricorso può essere deciso con una motivazione semplificata.

Esso, infatti, dev’essere ritenuto inammissibile, in quanto è stato proposto, al contrario di quanto affermato dal ricorrente, contro un provvedimento che non ha in alcun modo definito il giudizio di opposizione agli atti, che lo stesso ricorrente dà atto di aver introdotto contro l’ordinanza del 5 maggio 2014, con la quale il Giudice dell’Esecuzione, provvedendo – per quello che in essa si legge – ai sensi dell’art. 616 c.p.c. ed assegnando alle parti termine per l’introduzione del giudizio di merito, aveva assegnato al qui ricorrente ed al Fallimento intimato il quinto della somma pignorata in danni della debitrice esecutata.

Invero, nel provvedimento contro il quale è stato proposto ricorso per cassazione, il giudice dell’esecuzione, dopo avere osservato di dover risolvere, in ordine alle istanze delle parti, in primo luogo la questione della natura privilegiata o meno del credito del C., ha ribadito le ragioni in senso contrario, e, quindi, riferendosi a quella che ha definito istanza del medesimo “di modifica dell’ordinanza emessa in data 2/5/2014”, dopo avere osservato che essa, avendo disposto l’assegnazione di somme a favore dei creditori, aveva natura definitiva, ed avrebbe potuto essere oggetto di contestazione con opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., ha rimarcato la necessità di verificare “se l’atto depositato dal creditore Avv. C.” rivestiva “i caratteri (formali e sostanziali) di tale tipo di opposizione”.

Dopo tale rilievo il Giudice dell’Esecuzione ha espressamente motivato, all’esito della lettura dell’atto depositato dal C., che esso poteva e doveva qualificarsi come opposizione agli atti, disattendendo un’eccezione in senso contrario dall’altro creditore, cioè la curatela fallimentare (OMISSIS) s.r.l. Risolte, quindi, le questioni sollevate dalla debitrice esecutata A., ha confermato integralmente il provvedimento del 5 maggio 2014 e, quindi, rilevato che il Presidente del Tribunale di Vercelli aveva assegnato allo stesso magistrato investito del procedimento altro fascicolo di procedimento pendente fra le stesse parti, ha fissato udienza avanti di sè al 28 maggio 2015 ore 12,30 per la comparizione delle parti, riservandosi all’esito ogni ulteriore statuizione.

2. Ebbene, in base alla lettura del provvedimento emerge che esso non ha in alcun modo natura di sentenza in senso sostanziale ricorribile ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7.

Queste le ragioni.

In tanto si rileva che il Giudice dell’Esecuzione, per quanto concerne l’istanza del C. ha riconosciuto espressamente che essa, nonostante l’inosservanza del requisito formale della proposizione come “ricorso”, essendo stata proposta appunto come “istanza”, si doveva qualificare come idonea opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c..

Ne segue che la precedente statuizione su di essa si deve ritenere resa per effetto di un’investitura in tal senso e ne segue ulteriormente che il provvedere al riguardo, avendo il giudice fissato un rinvio per gli adempimenti conseguenti all’assegnazione di altro procedimento, si deve intendere espressione del potere del giudice dell’esecuzione, davanti al quale sia proposta un’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., di dare i provvedimenti di cui all’art. 618 c.p.c., cioè quelli inerenti alla fase sommaria del procedimento.

Ciò:

a) sia in dipendenza della natura bifasica che il procedimento de quo ha acquisito per effetto della riforma di cui alla L. n. 52 del 2006 e, quindi, della distinzione fra una fase sommaria ed una fase a cognizione piena, da introdursi, dopo l’esaurimento della prima, con l’introduzione del giudizio di merito;

b) sia in ragione della circostanza che il giudice, nel provvedimento impugnato, sebbene, dopo avere confermato il provvedimento del maggio del 2014 con un provvedere che è stato espressione della sua cognizione sommaria, non abbia fissato il termine per l’introduzione del giudizio di merito ed abbia disposto un rinvio per provvedere congiuntamente sull’altro procedimento assegnatogli, ha oggettivamente mantenuto il procedimento di opposizione nella fase sommaria, riservandosi “ogni ulteriore statuizione”, affermazione che, proprio a motivo della mancata fissazione del termine per l’inizio del giudizio di merito comprende necessariamente tale fissazione.

Nella descritta situazione, dunque, la natura formale di ordinanza del provvedimento impugnato trova corrispondenza nel suo contenuto di mancanza di definizione della fase sommaria, espresso dalla fissazione della nuova udienza, con la conseguenza che in alcun modo lo stesso provvedimento riveste la qualificazione di sentenza di definizione del giudizio di opposizione agli atti.

3. V’è da dire che parte ricorrente, peraltro senza trarne alcun argomento nè nel ricorso nè nella memoria, ha prodotto la successiva ordinanza resa dal Giudice dell’Esecuzione all’udienza del 22 giugno 2015, con cui quel giudice, in persona dello stesso magistrato che ha reso il provvedimento qui impugnato, ha confermato “i precedenti provvedimenti emessi rispettivamente in data 02 maggio 2014 (depositato il 5 successivo) e 09 marzo 2015, aventi ad oggetto l’assegnazione delle somme oggetto del presente procedimento esecutivo” e lo ha dichiarato estinto.

Ora, non è stato allegato chiaramente se detta udienza sia stata prosecutoria di quella del 28 maggio 2015, fissata nel provvedimento qui impugnato (come parrebbe: si sarebbe trattato di rinvio perchè la controparte non aveva avuto avviso dello scioglimento di una riserva).

Se lo fosse stata, il relativo provvedimento avrebbe avuto la natura di provvedimento definitivo della fase sommaria del procedimento di opposizione agli atti introdotto dal C..

Ma il conseguente esaurimento della fase sommaria di quel procedimento ad esso eventualmente ascrivibile, non avrebbe certamente legittimato non solo il ricorso straordinario contro di esso, che comunque non è stato proposto, ma nemmeno ha avuto il valore, per il tramite della “conferma” dell’ordinanza del 9 marzo 2015, di rendere quest’ultima sentenza sostanziale impugnabile.

Invero, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, di fronte al procedere del Giudice dell’Esecuzione, che, definendo la fase sommaria doveva fissare il termine per l’introduzione del giudizio di merito, il C. avrebbe potuto o chiedere la fissazione di tale termine ai sensi dell’art. 289 c.p.c., o introdurre detto giudizio di sua iniziativa, in modo da dar corso alla cognizione all’esito della quale soltanto si sarebbe potuta pronunciare sentenza sull’opposizione agli atti.

Il principio di diritto che verrebbe in considerazione sarebbe il seguente: “In tema di opposizioni esecutive ex art. 615 c.p.c., comma 2, artt. 617 e 619 c.p.c., nella formulazione attualmente vigente, il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione, chiudendo la fase sommaria, liquidi le spese ma ometta, al contempo, di fissare il termine per l’introduzione del giudizio a cognizione piena, è inammissibile atteso che, da un lato, il provvedimento conclusivo della fase sommaria, pur dovendo contenere necessariamente la statuizione sulle spese, in sè riesaminabile nel giudizio di merito, è privo del carattere di definitività, mentre, dall’altro, la mancata indicazione del termine entro cui introdurre la successiva eventuale fase di merito può essere sanata richiedendo l’integrazione del provvedimento, ex art. 289 c.p.c., ovvero introducendo autonomamente il giudizio a cognizione piena, in mancanza delle quali il procedimento si estingue ex art. 307 c.p.c. con conseguente impossibilità di rimettere in discussione la statuizione sulle spese.” (ex multis, da ultimo, così: Cass. (ord.) n. 12170 del 2016 e 25902 del 2016).

Tale orientamento è iniziato con Cass. (ord.) n. 22033 del 2011 e Cass. (ord.) n. 20503 del 2011, che hanno consapevolmente superato il principio affermato, invece, da Cass. (ord.) n. 22767 del 2010, la quale, nell’ipotesi di condanna alle spese con il provvedimento emesso a definizione della fase sommaria privo della fissazione del termine per l’inizio del giudizio di merito (ipotesi, peraltro, che nemmeno ricorre nella specie) aveva ravvisato la ricorribilità del provvedimento in Cassazione.

Successivamente a quelle pronunce il nuovo orientamento è stato sempre costantemente ribadito (per esempio da: Cass. (ord.) n. 19644 del 2014; (ord.) n. 25111 del 2015).

4. Il ricorso è, dunque,dichiarato inammissibile.

Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2017

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