Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15363 del 28/06/2010

Cassazione civile sez. III, 28/06/2010, (ud. 16/04/2010, dep. 28/06/2010), n.15363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3835/2006 proposto da:

INTRAPRESE SOFIA SRL (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ADIGE 43, presso lo studio dell’avvocato CAPO VINCENZO,

rappresentata e difesa dall’avvocato LO MONACO CARLO giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GIOVANNI ALONGI SAS (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante Sig. A.G., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PASUBIO 11, presso lo studio dell’avvocato COGLITORE

AGOSTINA, rappresentata e difesa dall’avvocato ROMEO FRANCO giusta

delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1069/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, 3^

SEZIONE CIVILE, emessa il 16/9/2005, depositata il 26/10/2005, R.G.N.

698/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/04/2010 dal Consigliere Dott. FEDERICO GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 21.4.04 la s.a.s. Giovanni Alongi, premesso che aveva locato alla s.r.l. Intraprese Sofia un immobile in Palermo ad uso diverso da quello di abitazione e che la conduttrice non aveva corrisposto i canoni relativi al trimestre aprile-giugno 2004, intimava alla conduttrice lo sfratto per morosità, convenendola in giudizio dinanzi al Tribunale di Palermo per la relativa convalida ed il pagamento di quanto dovuto.

La convenuta eccepiva l’avvenuto pagamento dei canoni in questione, avvenuto il giorno successivo all’intimazione di sfratto, dichiarandosi pronta a corrispondere le spese.

Avendo l’intimante dichiarato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa contenuta in contratto, veniva disposta la prosecuzione del giudizio, previo mutamento del rito, senza che venisse pronunciata la richiesta convalida.

Il Tribunale adito dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento della conduttrice, che veniva condannata al rilascio dell’immobile nel termine di 90 giorni dalla comunicazione della sentenza, mentre veniva dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione al pagamento dei canoni.

Appellata la sentenza dalla conduttrice e contestata la fondatezza del gravame da parte dell’appellata società che proponeva anche appello incidentale condizionato, con sentenza depositata il 26.10.05 la Corte di appello di Palermo confermava in toto la sentenza impugnata.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Intraprese Sofia, con un solo motivo, mentre l’ A. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1455 c.c. e art. 112 c.p.c., ed insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo, avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto la sussistenza della “gravità” del dedotto inadempimento.

Il motivo non è fondato.

Ed invero, va rilevato preliminarmente che la disamina del contenuto complessivo del ricorso in relazione alla censura della ricorrente circa l’asserita violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. non consente in realtà di individuare alcuna doglianza che in qualsiasi modo possa essere ricondotta ad una omessa pronuncia o ad altro vizio di extra o ultrapetizione della sentenza impugnata relativamente ad una domanda o ad una questione a se stante, pur se connesse con le domande o le questioni decise.

Quanto poi all’eccepita violazione dell’art. 1455 c.c., si rileva innanzitutto che indubbiamente “in materia di responsabilità contrattuale la valutazione della gravità dell’ inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici” (Cass. civ., sez. 3, 25.11.2002, n. 16579).

Ciò premesso,, ed osservato che il principio sancito dal citato art. 1455 va adeguato ad un criterio di proporzione fondato sulla buona fede contrattuale, nel senso cioè che “la gravità dell’inadempimento di una delle parti contraenti non va commisurata all’entità del danno, che potrebbe anche mancare ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura ed alla finalità del rapporto, nonchè al concreto interesse dell’altra parte all’esatta e tempestiva prestazione” (Cass. civ., sez. 2, 7.9.2000, n. 11784), è indubbio che la Corte di merito ha giustificato il proprio convincimento circa la gravità dell’inadempimento ascritto all’odierna ricorrente, tale da comportare la risoluzione del rapporto di locazione, con impianto motivazionale assolutamente logico ed adeguato, che consente di verificare come tale convincimento sia stato il risultato di un processo logico comunque scevro da lacune o contraddizioni insanabili.

Infatti, la sentenza impugnata ha correttamente valorizzato via via, quali indici della rilevante gravità dell’inadempimento della conduttrice, l’elevato importo del canone trimestrale non corrisposto nel termine pattuito (Euro 25.750,00), la previsione in contratto in caso d’inadempimento (consistente anche nel semplice ritardo) della clausola risolutiva espressa (ancorchè ritenuta non applicabile nel caso di specie), l’esistenza di precedenti ritardi nel pagamento del canone trimestrale, la prova documentale in atti che la locatrice non aveva mai manifestato alcuna volontà di tolleranza dei ritardi nel pagamento dei canoni e, quindi, di deroga alla pattuizione contrattuale circa il termine di pagamento degli stessi, ed infine l’avvenuta corresponsione del canone relativo al trimestre aprile- giugno 2004 a mezzo bonifico solo il giorno dopo la notificazione dell’intimazione di sfratto per morosità.

La Corte di merito ha, perciò, valutato correttamente non solo l’aspetto economico del dedotto inadempimento, ma il comportamento complessivo, nel corso del tempo, della conduttrice, pervenendo alla conclusione, assolutamente logica ed ineccepibile, che tale comportamento, alla stregua dei fattori sopra evidenziati, e valutato in relazione all’interesse concreto della controparte ad un puntuale pagamento dei canoni (deducibile sia dalla previsione della clausola risolutiva espressa che dalla dimostrata volontà della locatrice di non accettare deroghe alle pattuizioni circa la scadenza del pagamento) abbia inciso in modo decisivo nell’economia complessiva del rapporto così da dar luogo ad uno squilibrio sensibile del sinallagma negoziale.

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore della resistente delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2010

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