Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15363 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 21/06/2017, (ud. 06/04/2017, dep.21/06/2017),  n. 15363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5398-2015 proposto da:

T.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VIGNA FABBRI

29 SC A I 4, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCANTONIO BORELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCO GIAMPA’ giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.L.M., erede di B.F., considerata domiciliata

ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato ELISABETTA CIOFFI giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1971/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata in data 1/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha

concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. T.L. ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 1971/2014 depositata in data 1 luglio 2014, che, accogliendo l’appello proposto da D.L.M., erede di B.F., avverso la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio – sezione distaccata di Gallarate, accertato il diritto dell’appellante alla restituzione dell’immobile oggetto di causa e disposta la condanna di T.L. al conseguente rilascio del bene entro il 30 luglio 2014 e al pagamento della indennità di occupazione dal 26 gennaio 2010, ha rimesso la causa in istruttoria per la quantificazione di detta indennità.

D.L.M., nella qualità, ha resistito con controricorso.

Il P.M. ha depositato le sue conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.

2. Il ricorso è inammissibile.

Va, innanzitutto evidenziato che la sentenza impugnata deve ritenersi non definitiva. Tanto si ricava dal fatto che la Corte di Appello, senza preventivamente disporre la separazione delle domande, ha definito la controversia solo con riguardo alla declaratoria di illegittima occupazione dell’immobile e, tralasciando di disporre alcunchè sulle spese (per la cui liquidazione ha rinviato al definitivo), ha rimesso la causa in istruttoria per la quantificazione della indennità pretesa dall’attore, (Cass. 2/04/2004, n. 6564; Cass. 28/07/2005, n. 15805; Cass. 9/08/2005, n. 16736; Cass. 16/06/2008, n. 16216; Cass. 4/11/2010, n. 22440; Cass., sez. un., 28/04/2011, n. 9441; Cass. 19/12/2013, n. 28467).

Tanto premesso e considerato che dagli atti processuali risulta che il legale dell’odierno ricorrente all’udienza del 14 ottobre 2014, prima udienza successiva a quella del 28 maggio 2014, nel corso della quale è stata data lettura del dispositivo della sentenza non definitiva impugnata in questa sede, ha fatto espressa riserva di impugnazione della sentenza non definitiva, deve ritenersi che il ricorso per cassazione all’esame non potesse essere proposto per impugnare la pronuncia della Corte di appello di Milano n. 1971/2014. In virtù della ricordata espressa riserva, infatti, detta sentenza poteva essere impugnata solo contestualmente alla impugnazione della sentenza definitiva, che non risulta essere stata ancora emanata, con conseguente inammissibilità del ricorso proposto (Cass. 11/06/2003, n. 9387; Cass. 29/12/2004, n. 24141; v. pure Cass. 21/09/2015, n. 18498, in tema di appello avverso sentenza non definitiva).

Come pure evidenziato dal P.M., tale conclusione non è in alcun modo esclusa dal fatto che la presente controversia si sia svolta con il rito del lavoro applicabile, ex art. 447 bis c.p.c. anche alle controversie in materia di locazione.

Va, infatti, data continuità all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, che, pur se espressamente riferito all’art. 340 c.p.c., è sicuramente valido anche con riferimento all’art. 361 c.p.c., applicabile nella specie, prevedendo dette norme la medesima disciplina per la riserva facoltativa, rispettivamente, di appello e di ricorso per cassazione. Secondo l’orientamento in parola, infatti, l’art. 340 c.p.c. è applicabile anche alle cause che si svolgano ai sensi degli artt. 413 c.p.c. e ss. (Cass. 25/08/2003, n. 12482; Cass. 22/07/2010, n. 17233) con la precisazione che, in tal caso, il termine per proporre riserva di appello, può ritenersi operante sin dalla prima udienza successiva alla lettura del dispositivo in udienza anche ove a tale data non sia stata ancora pubblicata la sentenza integrale, comprensiva della relativa motivazione (Cass.7/12/2015, n. 24805).

Alla luce di quanto sopra evidenziato, rilevato che la sentenza impugnata in questa sede deve ritenersi non definitiva e considerato che la riserva di impugnazione è stata espressamente e tempestivamente formulata dal legale dell’odierno ricorrente (alla prima udienza successiva al 28 maggio 2014), peraltro celebratasi dopo che la sentenza in forma integrale era già stata pubblicata, il ricorso per cassazione all’esame va dichiarato inammissibile poichè l’impugnazione della sentenza non definitiva non poteva essere proposta che con la contestuale impugnazione della sentenza definitiva, che non risulta essere stata ancora emessa.

3. L’esame dei motivi proposti e ogni altra questione sollevata dalle parti resta assorbita da quanto precede.

4. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2017

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