Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1536 del 19/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 19/01/2022, (ud. 16/11/2021, dep. 19/01/2022), n.1536

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28248-2020 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della

Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso lo studio

dell’avvocato EMANUELE DE ROSE, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO

SGROI, ANTONIETTA CORETTI;

– ricorrente-

contro

S.R., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’avvocato MANUELA GUZZO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 115/2020 della CORTE FIRENZE, depositata il

14/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere ALFONSINA DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’Appello di Firenze, a conferma della pronuncia del Tribunale di Pistoia, ha accolto l’opposizione ad avviso di addebito proposta da S.R. avverso la richiesta di versamento, da parte dell’Inps, di Euro 33.394,35 a titolo di contributi alla gestione artigiani e commercianti, per i redditi 2011-2012 derivanti dalla propria partecipazione alla società Esseti s.r.l.;

la Corte territoriale ha affermato che gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, inclusi dal testo unico delle imposte sui redditi tra i redditi da capitale, non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi INPS; che la ratio della norma è coerente con la previsione costituzionale (art. 38 Cost., comma 2) la quale vuole che la tutela previdenziale spetti ai lavoratori e non a coloro i quali si limitano a investire i propri capitali a scopo di utile;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di un unico motivo;

S.R. ha depositato tempestivo controricorso, illustrato da successiva memoria;

e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Inps deduce “Violazione e falsa applicazione della L. 14 novembre 1992, n. 438, art. 3 bis, di conv.ne con modif.ni del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, e in connessione con questo della L. 2 agosto 1990, n. 233”; contesta la soluzione adottata dalla Corte territoriale, limitandosi a ribadire la propria opposta tesi secondo cui, il reddito proveniente dalla partecipazione a una società a responsabilità limitata, deve essere incluso nel calcolo della contribuzione previdenziale cd. a percentuale;

il motivo non merita accoglimento;

questa Corte (Cass. n. 21540 del 2019) ha affermato che “Il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, deve includere nella base imponibile sulla quale calcolare i contributi la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale, vale a dire quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55), restando esclusi i redditi di capitale, quali quelli derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 44, lett. e)”;

il principio di diritto richiamato è stato correttamente applicato dalla Corte d’appello nel caso in esame, di tal che, le censure mosse dall’Inps si rivelano infondate;

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.600,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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