Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15359 del 20/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/07/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 20/07/2020), n.15359

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18946-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.L.E.V., elettivamente domiciliata in ROMA VIA MONTE

ZEBIO 19, presso lo studio dell’avvocato ORNELLA RUSSO,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZA BONGIORNO, giusta

procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 237/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SIRACUSA, depositata il 21/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato BONGIORNO che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La CTR della Sicilia – sezione staccata di Siracusa – con sentenza n. 237/16/2016, depositata il 21 gennaio 2016, non notificata, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della signora D.L.E.V. avverso la decisione della CTP di Siracusa, che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso il silenzio – rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso che la ricorrente, lavoratrice dipendente, residente in una delle province colpite dagli eventi sismici del 1990, aveva chiesto per la quota pari al 90% delle imposte pagate in relazione all’IRPEF versate per gli anni 1990, 1991 e 1992.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

La contribuente resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, art. 36, comma 2, nn. 2 e 4, artt. 53 e 54 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, sostenendo che la sentenza impugnata sarebbe affetta da difetto assoluto di motivazione o da motivazione apparente, risolvendosi in un rinvio a talune pronunce della Suprema Corte, senza che tuttavia risulti esplicitato il percorso logico – giuridico attraverso il quale il giudice di merito è pervenuto al convincimento espresso.

2. Con il secondo motivo l’Amministrazione finanziaria ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e della L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 665, nonchè dell’art. 112 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente la legittimazione della contribuente a richiedere il rimborso delle ritenute operate dal datore di lavoro della medesima, giacchè la ratio dell’intervento legislativo doveva intendersi nel senso che il predetto rimborso spettasse in via esclusiva al sostituto d’imposta che aveva assolto gli obblighi tributari. L’Amministrazione ricorrente lamenta ancora l’illegittimità della pronuncia impugnata nell’avere accolto la domanda della contribuente, attrice in senso sostanziale in causa di rimborso, sebbene la domanda fosse carente di prova in ordine al versamento delle imposte in oggetto.

3. Con il terzo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e/o falsa applicazione della citata L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, degli artt. 11 e 14 preleggi; della L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 1; del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3, e dell’art. 2033 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la pronuncia impugnata avrebbe prestato acritica adesione all’orientamento espresso da questa Corte, a partire da Cass. sez. 5, 1 ottobre 2007, n. 20641, di cui sollecita una revisione, dovendo intendersi l’agevolazione attribuita, in ragione della particolare ratio della disciplina condonistica di fare “cassa” senza attendere i tempi del contenzioso, predisposta solo in favore di chi non avesse ancora versato le imposte, mediante il solo pagamento del 10% del dovuto.

4. Il primo motivo è infondato e va rigettato.

Questa Corte ha, infatti, più volte espresso il principio che la motivazione della sentenza per relationem è ammissibile, purchè il rinvio sia operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell’identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio (sulla motivazione meramente apparente, cfr., tra le molte, Cass. SU 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. SU 22 settembre 2014, n. 19881 e Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053).

La CTR ha dato conto, nella fattispecie in esame, delle circostanze di fatto e delle rispettive allegazioni difensive, prestando quindi adesione, supportata da sufficiente analisi critica, all’orientamento espresso in materia dalla Corte di legittimità.

Ne consegue che la ratio decidendi risulta chiaramente evidenziata, tanto che con gli ulteriori motivi la ricorrente Amministrazione ne svolge specifica critica in relazione alle ragioni ivi espresse.

5. Il secondo motivo è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c..

Va, infatti, in materia. richiamato ed ulteriormente ribadito l’ormai consolidato orientamento di questa Corte, che muove da Cass. sez. unite nn. 15031 e 15032 del 26 giugno 2009, secondo cui “in tema di rimborso sulle imposte dei redditi, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, sono legittimati a richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. “sostituto d’imposta”), sia il percipiente le somme assoggettate a ritenuta (“cd. sostituito”)” (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 26 settembre 2018, n. 22830; Cass. sez. 5, 4 ottobre 2017, n. 23142; Cass. sez. 6-5, ord. 29 luglio 2015, n. 16105; Cass. sez. 5, 12 marzo 2014, n. 5653; Cass. sez. 5, 28 giugno 2007, n. 14911), “rimanendo quest’ultimo, comunque, il contribuente/debitore principale e come tale beneficiario diretto del provvedimento agevolativo di che trattasi (Cass. sez. 5, n. 17472 e n. 17473 del 14 luglio 2017), al riguardo dovendo escludersi il diverso, ma non vincolante, parere contenuto nelle risoluzioni menzionate dalla ricorrente Amministrazione.

5.1. Da ultimo detto principio ha trovato avallo da parte del legislatore che, con il D.L. 20 giugno 2017, n. 91, art. 16 octies, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2017, n. 123, ha modificato la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, specificando espressamente che tra “i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, (…) che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni” e che “hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, (…) al rimborso di quanto indebitamente versato”, sono compresi i titolari di reddito di lavoro dipendente, nonchè i titolari di redditi equiparati e assimilate a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite”; donde l’affermazione dell’anzidetto principio anche alla stregua delle ulteriori pronunce di questa Corte (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 22 febbraio 2018, n. 4291; cfr. Cass. sez. 6- 5, ord. nn. 29889, 29900, 29901, 29902, 29903, 29904 e 29906 del 13 dicembre 2017), essendosi altresì chiarito che le modalità, in relazione al limite di spesa fissato dalla medesima citata L. n. 123 del 2017, art. 16 octies, di concreta erogazione dei rimborsi, rimesso dalla norma primaria a provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, esulano dall’ambito della definizione di tale genere di controversia, venendo in rilievo eventuali questioni su consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle Entrate solo in fase esecutiva e/o di giudizio di ottemperanza (cfr. in particolare, Cass. sez. 6-5, ord. 14 marzo 2018, n. 6213).

Nè risultano prospettati argomenti idonei a sollecitare una revisione del succitato indirizzo interpretativo.

6. Anche il terzo motivo è inammissibile in relazione all’art. 360 bis c.p., avendo la sentenza impugnata pronunciato in conformità a consolidato indirizzo espresso dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., oltre alle già citate Cass. sez. 6-5, n. 4291/18 e Cass. sez. 6-5, n. 29906/17, Cass. sez. 6-5, ord. 12 giugno 2012, n. 9577; Cass. sez. 6-5, ord. 2 maggio 2013, n. 10242; Cass. sez. 6-5, ord. 10 settembre 2014, n. 19037, quest’ultima riferita ai rimborsi per i residenti nelle province del Molise e della Puglia colpiti dal sisma del 2002; nonchè la già citata Cass. n. 20641/07), senza che siano stati prospettati argomenti idonei a mutare il suddetto orientamento, avendo peraltro il legislatore, con il D.L. n. 91 del 2017, art. 16 octies, convertito dalla L. n. 123 del 2017, riconosciuto che il diritto al rimborso opera anche in favore di chi abbia versato le imposte per dette annualità in misura integrale, attraverso il rimborso di quanto indebitamente versato in eccedenza al 10 per cento.

Il ricorso dell’Amministrazione finanziaria va pertanto rigettato.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

8. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2020

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