Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15359 del 13/07/2011

Cassazione civile sez. III, 13/07/2011, (ud. 13/12/2010, dep. 13/07/2011), n.15359

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POGGIO DI MOLA S.R.L. (OMISSIS), in persona del Presidente del

Consiglio d’Amministrazione Dott. D.M.L., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA D. CHELINI 5, presso lo studio dell’avvocato

BERLIRI FABRIZIO, che la rappresenta e difende giusta delega in calce

al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE FORMIA (OMISSIS), in persona del Sindaco pro-tempore Dott.

B.S., selettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

MAZZINI 114/B, presso lo studio dell’avvocato COLETTA SALVATORE, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati AGRESTI SABRINA, DI

RUSSO DOMENICO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3557/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 09/06/2005, depositata il

28/07/2005 R.G.N. 5549/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2010 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito l’Avvocato BERLIRI FABRIZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 28 luglio 2005 la Corte di appello di Roma in sede di rinvio ed in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Roma condannava il Comune di Formia a risarcire il danno emergente e il lucro cessante derivati alla Poggio di Mola s.r.l.

dall’annullamento illegittimo di una concessione tacita di costruzione edilizia e conseguente sospensione i lavori, che liquidava in Euro 24.400,00 maggiorata di tre punti percentuali di interesse dal primo marzo 1986 da calcolare su E 18.300,00 e compensava tra le parti al 50% le spese sulle seguenti considerazioni: 1) la cassazione – sentenza n. 5701/2002 -aveva accolto il ricorso per vizio di motivazione perchè la Corte di appello non aveva valutato, ai fini del concorso nella produzione del danno, ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., comma 1, ovvero dell’aggravamento delle conseguenze pregiudizievoli, ai sensi e per gli effetti del secondo comma dell’art. 1227 cod. civ., il comportamento omissivo della società dal momento in cui si era formata ^ la concessione tacita fino alla data del suo annullamento e proseguito durante la pendenza del giudizio amministrativo; 2) l’inerzia della società Poggio di Mola, prima dell’annullamento della concessione, ancorchè il periodo fosse sufficiente all’edificazione, non escludeva il danno per la lesione del diritto a costruire cagionato dall’illegittima ordinanza di annullamento; 3) invece dopo l’annullamento il Comune era responsabile dei danni fino alla sospensiva del TAR e cioè per 97 giorni, dal 17 novembre 1984 al 22 febbraio 1985, ma non successivamente, poichè il cautelare era stato ottenuto proprio per impedire il verificarsi di danni prevedibili e rilevanti e perciò erano imputabili alla società; 4) in base ai valori locativi ad equo canone indicati dal C.T.U., condivisibili e non censurati, ritenuto che la possibilità di ultimare gli alloggi e metterli sul mercato era dal marzo 1986 e che per tale anno il complessivo affitto era pari a L. 88.862.220, rapportato ai suddetti 97 giorni era pari ad Euro 24,400,00, mentre il danno da ritardo era riconoscibile in tre punti annui percentuali sulla somma intermedia tra quella di base e quella rivaluta.

Ricorre per cassazione la società Poggio di Mola cui resiste il Comune di Formia.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con un unico motivo la società lamenta: “Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” per non aver la Corte di merito motivato l’iter giuridico e logico in relazione al dictum della cassazione di accertare se la condotta della società Poggio Di Mola per non aver intrapreso la costruzione dopo la sospensiva dell’ordinanza di annullamento della concessione edilizia configurava un fatto colposo ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., comma 1, ovvero aveva determinato un aggravamento delle conseguenze pregiudizievoli ai sensi del secondo comma del medesimo articolo. La Corte di merito inoltre non ha specificato se la sospensiva del TAR ha eliminato o attenuato le conseguenze pregiudizievoli del provvedimento illegittimo e quindi se la mancata costruzione nel periodo intercorso tra la data della sospensiva e la decisione del Consiglio di Stato è stato un fatto colposo idoneo alla produzione del danno o al suo aggravamento. Nel caso infatti la sentenza impugnata abbia ravvisato la prima ipotesi avrebbe violato il giudicato formatosi sulla sentenza non definitiva della Corte di merito che aveva escluso il concorso di colpa del danneggiato. Nella seconda ipotesi invece maggiormente sussisterebbe il vizio di motivazione sulla mancanza di diligenza della società nel non aver intrapreso la costruzione dopo la sospensiva per “cautela”, come riconosce la stessa sentenza di merito.

Il motivo è infondato in tutte le sue prospettazioni.

Pregiudizialmente va rilevato che questa Corte nella sentenza 5701/2002 ha già respinto l’identico rilievo formulato dalla società Poggio di Mola di violazione del giudicato interno per effetto della sentenza non definitiva della Corte di merito del 27 luglio 1992 sia “sulla misura in cui il pregiudizio .. doveva far carico al Comune, sia sullo spazio temporale di riferimento .. in quanto inerenti a profili non esaminati nella sentenza non definitiva … ma soltanto nell’ordinanza di rimessione della causa sul ruolo ..

in cui è richiamata la data del 13 ottobre 1988 della pronuncia del Consiglio di Stato”. Perciò nella pronuncia rescissoria questa Corte, dopo aver ritenuto ammissibili le censure del Comune su detti accertamenti di fatto, ha cassato la sentenza 1183/99 della Corte di merito per non aver esaminato le deduzioni del Comune “sull’incidenza nella produzione del danno del comportamento omissivo tenuto dalla società attrice dal momento in cui si era formata la concessione tacita e nel corso degli anni successivi limitandosi ad assumere quale spazio temporale di riferimento, ai fini della determinazione del pregiudizio da risarcire il periodo intercorrente tra la data di annullamento della concessione stessa e quella in cui l’accertamento dell’illegittimità di tale pronuncia era divenuto definitivo”.

Quindi, prosegue la sentenza di questa Corte 5701/2002, i giudici di appello hanno omesso di accertare se “la condotta totalmente inerte posta in essere da detta società sia nel periodo precedente l’emissione dell’ordinanza di annullamento sia nella – pendenza del giudizio dinanzi al giudice amministrativo – valutata, con riguardo a detta fase, in relazione alle vicende e alle pronunce che avevano scandito l’iter del processo – si configurasse come un fatto colposo del (creditore concorrente nella causazione del danno secondo la previsione dell’art. 1227 c.c., comma 1, ovvero anche si ponesse quale fatto idoneo a produrre un aggravamento del danno stesso … ai sensi e per gli effetti del citato art. 1227 c.c., comma 2”, concludendo che per effetto dell’accoglimento di tali doglianze “resta travolta la statuizione relativa all’intero periodo di riferimento ai fini della quantificazione di tale danno”. Pertanto il giudice di rinvio, nell’esercitare il potere di rivalutare i fatti già accertati al fine di un apprezzamento complessivo di essi onde individuare l’applicabilità dell’art. 1227 cod. civ., comma 1 e 2, ha ritenuto che il danno derivato al patrimonio della società per l’illegittima compressione del suo ius aedificandi è interamente attribuibile alla revoca della concessione tacita soltanto fino alla sospensiva di questo provvedimento emanata dal TAR, mentre a decorrere da questa data – 22 febbraio 1985 – è interamente imputabile all’inerzia della società Poggio Di Mola che, pur avendo ottenuto il provvedimento cautelare proprio per evitare i rilevanti danni che aveva rappresentato come conseguenza del provvedimento impugnato nelle more della definizione del giudizio di merito, non si era poi attivata per costruire, così omettendo di usare l’ordinaria diligenza al fine di impedire le paventate conseguenze dannose.

Quindi ne hanno escluso la risarcibilità applicando correttamente l’art. 1227 cod. civ., comma 2, secondo cui il risarcimento non è dovuto per i danni derivati dal comportamento del creditore danneggiato, che, senza interrompere il nesso causale con il fatto illecito del debitore, si inserisce nello sviluppo del processo produttivo del danno da questo avviato e, anzichè neutralizzare le conseguenze di quell’illecito, ne resta l’unico fatto generatore.

Perciò il ricorso va rigettato.

Si compensano le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2011

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