Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15356 del 20/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 20/07/2020), n.15356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9898/2019 R.G. proposto da:

P.K., rappresentato e difeso, per procura speciale in

calce al ricorso, dagli avv.ti Elisabetta ZOINA e Francesco PAPA, ed

elettivamente domiciliato in Roma, alla piazza Cola di Rienzo, n.

92, presso lo studio legale del secondo difensore;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del Direttore pro

tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6286/01/2018 della Commissione tributaria

regionale del LAZIO, depositata in data 20/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

FATTO e DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di una intimazione di pagamento e del prodromico avviso di accertamento, che il contribuente sosteneva non essergli mai stato notificato, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR del Lazio ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, ritenendo legittimata l’Agenzia delle entrate a proporre impugnazione “seppur artatamente non evocata” in giudizio dal ricorrente, e rilevando la regolarità della notifica dell’atto impositivo presupposto e l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione del credito erariale.

Avverso la citata sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui replica la sola Agenzia delle entrate, rimanendo intimata l’agente della riscossione.

Con il motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 49,50,51 e 52, per non avere la CTR rilevato l’inammissibilità dell’appello proposto da un soggetto – l’Agenzia delle entrate – che non aveva partecipato al giudizio di primo grado al quale non era stata neppure evocata.

Il motivo è infondato e va rigettato.

Invero, la legittimazione ad impugnare spetta soltanto a chi soccombente – abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito, ma la qualità di parte in tale giudizio discende dalla materiale partecipazione ad essa del soggetto interessato, ma anche dalla sua formale chiamata in causa, originaria o sopravvenuta, oltre che dalla qualificazione in termini di parte desumibile, indipendentemente dalla sua rispondenza alla realtà processuale, dalla stessa sentenza impugnata (così in Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13584 del 30/05/2017, con ampi richiami anche nel prosieguo).

Nella specie è pacifico, per stessa ammissione del ricorrente, che il ricorso introduttivo del giudizio venne notificato anche all’Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale (OMISSIS) di Roma, sicchè sono del tutto irrilevanti le ragioni che indussero il ricorrente ad effettuare tale notifica (a detta dello stesso, “al solo fine di salvaguardare i termini di procedibilità dei ricorsi dal momento che nel 2015 all’epoca del ricorso in questione era in vigore una versione del reclamo/mediazione esperibile solo nei confronti dell’Agenzia delle entrate”), così come irrilevante è la circostanza che, a seguito di tale notifica, il ricorrente provvide ad effettuare una diversa iscrizione a ruolo e la causa, iscritta al n. 19871/2015 R.G., definita con sentenza n. 9704 del 2017, di improcedibilità del ricorso. Quello che rileva, invece, è che l’Agenzia delle entrate è stata destinataria della notifica del ricorso promosso dal contribuente, il che legittimava l’Agenzia delle entrate a costituirsi anche nel giudizio iscritto per primo, al quale, come sostiene lo stesso ricorrente, la CTP avrebbe potuto riunire il secondo procedimento.

D’altro canto, la legittimazione dell’amministrazione finanziaria destinataria della notifica di un ricorso unitamente ad altro soggetto processuale (nella specie, l’agente della riscossione) di certo non può dipendere dalla scelta irragionevole ed ingiustificata del ricorrente di procedere ad una doppia iscrizione a ruolo sulla base del medesimo ricorso.

Ma, quand’anche si volesse ritenere che l’agenzia delle entrate non sia stata evocata dal contribuente, tale estraneità al giudizio non l’avrebbe comunque privata della legittimazione ad appellare una sentenza che era idonea, se passata in giudicato, a renderle opponibile la pronuncia di insussistenza, ovvero invalidità, della pretesa tributaria dedotta in giudizio.

Peraltro, nemmeno può affermarsi che la controversia non coinvolga l’Agenzia delle entrate – che sarebbe stata dunque priva della veste di litisconsorte – perchè la stessa attiene anche ai presupposti della pretesa impositiva, e non soltanto ai vizi della procedura di riscossione. Emerge, invero, dalla stessa esposizione dei fatti fornita in ricorso che oggetto dell’impugnativa originaria non furono soltanto i vizi della procedura di esazione, ma anche la pretesa tributaria considerata nella sua sussistenza e fondatezza sostanziale, posto che il ricorrente ne eccepì l’avvenuta prescrizione.

A tal riguardo questa Corte ha affermato che “La legittimazione a proporre l’impugnazione, o a resistere ad essa, spetta solo a chi abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito, secondo quanto risulta dalla decisione impugnata, tenendo conto sia della motivazione che del dispositivo, a prescindere dalla sua correttezza e corrispondenza alle risultanze processuali nonchè alla titolarità del rapporto sostanziale, purchè sia quella ritenuta dal giudice nella sentenza della cui impugnazione si tratta. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il corrispondente motivo di ricorso ritenendo che l’Agenzia delle entrate, pur non avendo partecipato al giudizio di primo grado, era comunque legittimata a proporre appello in ragione della sua qualificazione come parte desumibile dalla sentenza impugnata e che, peraltro, dato l’oggetto della controversia – riguardante non soltanto vizi della procedura di riscossione ma anche la pretesa tributaria considerata nella sua sussistenza e fondatezza sostanziale – la stessa era anche litisconsorte necessario)” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13584 del 30/05/2017, Rv. 644356; conf. a Cass. n. 20789 del 2014).

E’ opportuno, da ultimo, osservare che nella parte conclusiva del ricorso vengono sviluppate argomentazioni in ordine alle questioni esaminate dai giudici di appello (nullità della notifica dell’avviso di accertamento e prescrizione del credito erariale) senza deduzione di specifici motivi di impugnazione, il che ne preclude l’esame che condurrebbe comunque alla dichiarazione di inammissibilità delle “questioni” poste, per difetto anche di autosufficienza, non avendo il ricorrente riprodotto nel ricorso la documentazione necessaria a consentire a questa Corte, che non ha accesso agli atti del giudizio di merito in ragione dei vizi deducibili, di valutare la fondatezza di quelle argomentazioni.

In estrema sintesi il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo in favore della sola controricorrente.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle entrate, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2020

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