Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15356 del 12/07/2011

Cassazione civile sez. III, 12/07/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 12/07/2011), n.15356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

LA PHARMACIE S.TE ANNE SELARL, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE ANGELICO 70, presso lo studio dell’avvocato PANSINI GIOVANNA,

che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

P2 PASSARELLA SRL (OMISSIS) in persona dell’amministratore unico,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ASIAGO 8, presso lo studio

dell’avvocato AURELI MICHELE, rappresentata e difesa dall’avvocato

PAGANELLI LUIGI, giusta mandato speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1191/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

7.4.09, depositata il 28/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2011 dal Consigliere RelatoreDott. ANTONIO SEGRETO;

udito per la controricorrente l’Avvocato Michele Aureli (per delega

avv. Luigi Paganelli) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori:

“Il relatore, cons. Antonio Segreto;

letti gli atti depositati e visto l’art. 380 bis c.p.c..

osserva:

1. Il tribunale di Milano, con sentenza del 17.11.2005, condannava la convenuta Pharmacie S.te Anne Selearl al pagamento nei confronti dell’attrice la P2 Passarella srl della somma di Euro 9.865,61, a titolo di residuo per la fornitura di materiale di arredamento.

La corte di appello di Milano, adita dalla convenuta, con sentenza depositata il 28.4.2009, rigettava l’appello.

Avverso questa decisione proponeva ricorso per cassazione la Pharmacie S.te Anne Selearl.

Resiste con controricorso l’intimata, 2. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta a norma del l’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla mancata ammissione dei capitoli di prova per testi ed interpello dedotti in giudizio, in relazione alla documentazione depositata in causa.

3. Il ricorso è inammissibile per mancato rispetto del dettato di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie per essere stata la sentenza impugnata pubblicata anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009 n. 69. Ai ricorsi proposti contro sentenze pubblicate a partire dal 2.3.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, n. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea giustificare la decisione.

Segnatamente nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. S.U. 1.10.2007, n. 20603; Cass. 18.7.2007, n. 16002).

Nella fattispecie la formulazione dei motivi per cui è chiesta la cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis, c.p.c., poichè non sono formulati i quesiti di diritto nè alcuno dei motivi relativi ai vizi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, contiene una specifica parte destinata alla chiara indicazione del fatto controverso ed all’illustrazione delle ragioni che rendono inidonea la motivazione (in quanto insufficiente, contraddittoria o omessa) a giustificare la decisione (cfr. Cass. S.U. 16.11.2007, n. 23730)”.

Ritenuto:

che il Collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve, perciò, essere dichiarato inammissibile;

Che le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla resistente e liquidate in complessivi Euro 1700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre le spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2011

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