Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15354 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 21/06/2017, (ud. 03/03/2017, dep.21/06/2017),  n. 15354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2417/2015 proposto da:

A.M. TITOLARE IMPRESA FIGLI DI I.A.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 13, presso

lo studio dell’avvocato EMMA CERSOSIMO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ADRIANO CANTU’ giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP A RL in persona del

procuratore Dott. B.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato

PIERFILIPPO COLETTI, che la rappresenta e difende giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3958/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 06/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/03/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.M., imprenditore individuale, stipulò con la società Cattolica di Assicurazione soc. coop. a r.l. (d’ora innanzi, per brevità, “la Cattolica”) due polizze assicurative:

(-) una, contraddistinta dal n. (OMISSIS), a copertura dei rischi d’impresa;

(-) l’altra, contraddistinta dal n. (OMISSIS), a copertura della responsabilità civile derivante dall’attività di impresa.

A luglio del 2005 un incendio distrusse il capannone ove A.M. svolgeva la propria impresa. Questo capannone era di proprietà pro indiviso sia dello stesso A., sia di terzi.

2. L’assicurato A.M. e l’assicuratore Cattolica, in esecuzione del contratto n. (OMISSIS) (stipulato a protezione dei danni derivanti dai rischi d’impresa), stimarono i danni indennizzabili al fabbricato ed ai beni in esso contenuti in 635.000 Euro circa, che vennero pagati ai comproprietari del capannone (il ricorso tuttavia non spiega se ciò avvenne perchè si trattava di una polizza per conto altrui; ovvero perchè copriva anche il rischio di responsabilità civile, o per quale altra ragione).

Nell’atto col quale le parti stimarono il suddetto danno, l’assicurato dichiarò di “riservarsi di chiedere alla Cattolica la differenza del danno reale”.

3. Successivamente (in data non indicata nè nel ricorso, nè nella sentenza impugnata) A.M. convenne dinanzi al Tribunale di Como, sezione di Cantù, la Cattolica, deducendo che:

– l’incendio del 2005 aveva causato danni ai comproprietari dell’immobile per un milione di Euro;

– in virtù della polizza n. (OMISSIS) i proprietari dell’immobile avevano ricevuto direttamente dall’assicuratore circa 635.000 Euro;

– esso attore, per tacitare i comproprietari dell’immobile, aveva loro versato di tasca propria l’ulteriore somma di Euro 405.000 in via di transazione;

– di tale esborso aveva diritto ad essere tenuto indenne dalla Cattolica, in virtù della seconda polizza, quella di assicurazione della r.c. (ovvero la n. (OMISSIS)).

4. Il Tribunale di Como con sentenza 10.2.2011 n. 30 rigettò la domanda, ritenendo non compreso nella copertura prestata dalla polizza n. (OMISSIS) il rischio di cui l’assicurato chiedeva l’indennizzo.

5. La Corte d’appello di Milano, adita dal soccombente, con sentenza 6.11.2014 n. 3958 rigettò il gravame. Ritenne la Corte d’appello che:

(a) l’assicurato A.M. aveva ricevuto dall’assicuratore (in virtù della prima polizza, la n. (OMISSIS)) l’indennizzo a tacitazione dei danni all’immobile ed ai beni in esso contenuti, ed aveva dichiarato di non avere più nulla da pretendere;

(b) la “riserva” sopra trascritta (ovvero di chiedere la differenza tra danno patito e danno indennizzato, in virtù della polizza n. (OMISSIS)) non aveva valore, perchè inserita non nella transazione, ma nell’atto di stima dei danni redatto in contraddittorio con l’assicuratore;

(c) in ogni caso, la polizza n. (OMISSIS), escludeva dai rischi coperti la responsabilità civile per i danni arrecati a terzi “dall’incendio di cose dell’assicurato o da lui detenute”.

6. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da A.M. con ricorso fondato su quattro motivi. Ha resistito con controricorso la Cattolica, la quale ha altresì depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Ordine delle questioni.

1.1. Va esaminato per primo, ai sensi dell’art. 276 c.p.c., comma 2, il secondo motivo di ricorso.

Col secondo motivo, infatti, il ricorrente pone la questione della operatività del contratto di assicurazione della responsabilità civile (polizza numero (OMISSIS)) stipulato con la società Cattolica.

E poichè, come si sta per dire, correttamente il giudice di merito ha escluso l’operatività di tale contratto, diviene superfluo stabilire se A.M., quietanzando l’indennizzo dovutogli in base al diverso contratto numero (OMISSIS), avesse o no formulato una valida riserva di domandare in futuro l’indennizzo dovutogli in base alla polizza n. (OMISSIS).

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta, in particolare, la violazione di (quasi) tutte le norme sull’interpretazione dei contratti (artt. 1362-1370 c.c.), nonchè la violazione degli artt. 1140, 1141 e 1571 c.c..

Nella illustrazione del motivo il ricorrente lamenta che la corte d’appello avrebbe violato le norme sull’interpretazione dei contratti, laddove ha ritenuto non coperto dalla polizza n. (OMISSIS) il rischio per cui A.M. aveva chiesto l’indennizzo (e cioè la responsabilità civile verso terzi, derivante da incendio delle cose dell’assicurato).

Deduce che il contratto di assicurazione escludeva dalla copertura la responsabilità dell’assicurato per danni arrecati a terzi “dall’incendio delle cose da lui detenute”; che l’immobile incendiatosi, da lui condotto in locazione ma di proprietà di terzi, non era da lui “detenuto”, giacchè – questo il senso ultimo della doglianza – dove vi è locazione, non può esservi detenzione.

2.2. Il motivo è infondato.

Da un lato, infatti, il ricorrente sollecita da questa Corte una interpretazione del contratto ulteriore e diversa rispetto a quella adottata dal giudice di merito, valutazione che esorbita dal perimetro dei poteri di questa corte.

Per altro verso, l’interpretazione del contratto adottata dal giudice di merito non viola alcuna delle norme sull’interpretazione dei contratti dettate dagli artt. 1362-1370 c.c..

Deve escludersi, in particolare, che la Corte d’appello abbia violato le regole sull’interpretazione letterale del contratto. E’ infatti pacifico, nella giurisprudenza di questa corte nella dottrina unanime, che la detenzione consista in un potere di fatto sulla cosa, e che pertanto il conduttore dell’immobile rientri nel novero dei “detentori” (ex permultis, Sez. 3, Sentenza n. 22346 del 22/10/2014).

3. Il primo motivo di ricorso.

3.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene che la corte d’appello avrebbe violato gli artt. 1362, 1367, e 1370 c.c..

Spiega che la Corte d’appello ha ritenuto che egli avesse rinunciato all’indennizzo dovutogli in virtù della polizza a copertura della responsabilità civile (cioè la polizza la n. (OMISSIS)), in virtù della dichiarazione di “non aver più nulla da pretendere”, apposta nella transazione relativa alla polizza a copertura del rischio di danni (cioè la polizza n. (OMISSIS)).

Così facendo – sostiene il ricorrente – la corte d’appello non ha adeguatamente interpretato la “riserva” apposta nell’atto di stima del danno all’immobile, e sopra trascritta. Quella dichiarazione contrattuale, infatti, si sarebbe dovuta interpretare non isolatamente, ma unitamente al testo della transazione stipulata tra assicurato è assicuratore; se avesse fatto ciò, prosegue il ricorrente, la corte d’appello avrebbe dovuto concludere che la transazione e la clausola di riserva apposta nell’atto di valutazione del danno costituivano espressione di un’unica volontà contrattuale.

3.2. Il motivo, come accennato, resta assorbito dal rigetto del primo motivo.

4. Il terzo motivo di ricorso.

4.1. Col terzo motivo il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe viziata dall’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

A fondamento del motivo sviluppo il seguente ragionamento:

– il contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da A.M. escludeva la copertura dell’assicurato per i danni che avesse arrecato al coniuge, ai genitori ed ai figli, i quali pertanto ai fini di polizza non erano considerati “terzi”;

– il tribunale, nel rigettare la domanda in primo grado, aveva fondato la propria decisione anche sul rilievo che i comproprietari dell’immobile danneggiato non avessero la qualità di “terzi” ai sensi di polizza;

– tuttavia solo uno dei comproprietari dell’immobile danneggiato (la madre di A.M.) rientrava nella categoria suddetta; di tutti gli altri danneggiati la Cattolica non aveva mai provato che fossero legati da rapporti di coniugio o filiazione con l’assicurato;

– sebbene tale questione fosse stata riproposta in grado di appello, la corte d’appello l’aveva ignorata.

4.2. Il motivo è inammissibile.

Esso infatti lamenta l’omesso esame d’un fatto che il giudice d’appello non doveva affatto esaminare, in quanto assorbito dalla ritenuta non indennizzabilità del sinistro perchè provocato da cose nella detenzione dell’assicurato.

5. Il quarto motivo di ricorso.

5.1. Anche col quarto motivo il ricorrente lamenta il vizio di omesso esame di un fatto decisivo controverso.

Lamenta che la corte d’appello non si è pronunciata sulle richieste istruttorie inerenti il quantum.

5.1. Il motivo (a prescindere da qualsiasi rilievo circa l’esattezza della qualificazione della doglianza come “omesso esame del fatto”) è inammissibile, in quanto la ritenuta in operatività del contratto, qui confermata, rendeva superfluo l’accertamento della misura dell’indennizzo dovuto.

6. Le spese.

6.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

6.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

 

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna A.M. alla rifusione in favore di Società Cattolica di Assicurazione coop. a r.l. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 10.200, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di A.M. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 3 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2017

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