Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15353 del 25/06/2010

Cassazione civile sez. II, 25/06/2010, (ud. 10/06/2010, dep. 25/06/2010), n.15353

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonio – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (inscritto al N.R.G. 32456/06) proposto da:

B.F., nella qualità di erede di S.G.,

rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al

ricorso, dall’Avv. Giacobbe Giovanni, elettivamente domiciliato

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Lungotevere dei Mellini,

n. 24;

– ricorrente –

contro

HOTEL BEL AIR s.r.l. (nella quale si è trasformata la HOTEL BELAIR

di Russo Mario & C. s.n.c.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Di

Lella Luigi e Alfredo Sguanci, elettivamente domiciliata nello

studio dell’Avv. Antonio Voltaggio in Roma, via Fontanella Borghese,

n. 72;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Eredi di R.M. ( RU.Ma., R.A., R.R.,

R.G. di (OMISSIS), R.G. di (OMISSIS)

T.M., r.m., R.G.M., D.S.,

ru.ma., R.M., R.F., r.g.); COMUNE di

SORRENTO, in persona del Sindaco pro tempore; s.n.c. ADMIRAL di

Giovanni Salvatore & C., in persona dei legali rappresentanti

pro tempore, e SI.Al.;

– intimati –

e sul ricorso (inscritto al N.R.G. 32843/06) proposto da:

s.r.l. ADMIRAL, in persona del legale rappresentante pro tempore, e

SI.Al., rappresentati e difesi, in virtù di procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Leonardo Di Brina,

elettivamente domiciliati nel di lui studio in Roma, largo del

Teatro Valle, n. 6;

– ricorrenti in via incidentale –

contro

HOTEL BEL AIR s.r.l. (nella quale si è trasformata la HOTEL BELAIR

di Russo Mario & C. s.n.c.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Luigi

di Lella e Alfredo Sguanci, elettivamente domiciliata nello studio

dell’Avv. Antonio Voltaggio in Roma, via Fontanella Borghese, n. 72;

– controricorrente –

e nei confronti di:

B.F., nella qualità di erede di S.G.,

rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al

controricorso, dall’Avv. Giovanni Giacobbe, elettivamente

domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Lungotevere

dei Mellini, n. 24;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Eredi di R.M. ( RU.Ma., R.A., R.R.,

R.G., R.G., T.M., r.m.,

R.G.M., D.S., ru.ma., R.M.,

R.F., r.g.); COMUNE di SORRENTO, in persona del Sindaco

pro tempore;

– intimati –

e sul ricorso (inscritto al N.R.G. 1904/07) proposto da:

B.F., nella qualità di erede di S.G.,

rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al

controricorso, dall’Avv. Giovanni Giacobbe, elettivamente

domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Lungotevere

dei Mellini, n. 24;

– ricorrente in via incidentale –

contro

HOTEL BEL AIR s.r.l. (nella quale si è trasformata la HOTEL BELAIR

di Russo Mario & C. s.n.c.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Luigi

di Lella e Alfredo Sguanci, elettivamente domiciliata nello studio

dell’Avv. Antonio Voltaggio in Roma, via Fontanella Borghese, n. 72;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Eredi di R.M. ( RU.Ma., R.A., R.R.,

R.G., R.G., T.M., r.m.,

R.G.M., D.S., ru.ma., R.M.,

R.F., r.g.); COMUNE di SORRENTO, in persona del Sindaco

pro tempore; s.r.l. ADMIRAL, in persona del legale rappresentante

pro tempore, e SI.Al.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 864 depositata

il 15 marzo 2006.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10

giugno 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

uditi gli Avv. Giovanni Giacobbe, Leonardo Di Brina e Luigi Di Lella;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto

del ricorso principale, per il rigetto della ricorso incidentale

s.r.l. Admiral ed altro e per l’inammissibilità del ricorso

incidentale B..

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con ricorso del 26 settembre 1972, S.G., proprietario dell’albergo “Admiral” (gestito da terzi) sito alla (OMISSIS), denunziò al Pretore di Sorrento che il costone roccioso a monte dell’albergo stesso, di proprietà di R.M., costituiva un pericolo di danno grave e prossimo per i propri immobili a causa della possibile caduta di pietre. Il Pretore ordinò al R. di provvedere all’eliminazione del pericolo e quindi rimise le parti davanti al Tribunale di Napoli, competente per valore sul giudizio di merito.

La causa venne riassunta dal S., il quale dedusse altresì che il 15 novembre 1974 si era verificata la caduta di grossi massi che avevano danneggiato l’albergo e la vicina villetta di sua proprietà e chiese la condanna del R. all’esecuzione delle opere di bonifica del costone e di riattazione dell’albergo e della villetta danneggiati, nonchè al risarcimento dei danni subiti.

Radicatasi la lite, si costituì il R., osservando che la caduta dei massi si era verificata per una naturale fuoriuscita di acqua dal costone nonchè per gli sbancamenti fatti effettuare dal S. per la costruzione dell’albergo e della villetta. Ciò premesso, in via principale chiese il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti dal S.; in via subordinata, la condanna del Comune di Sorrento (titolare di una servitù di passaggio concessagli dal S. sul proprio suolo) e/o di s.G. (che nel (OMISSIS) aveva alienato ad esso R. l’intero costone) a rivalerlo di ogni risarcimento dovuto al S.; in via riconvenzionale, chiese infine la demolizione dell’albergo e della villetta di proprietà del S. perchè realizzati in violazione dell’art. 15 del regolamento edilizio comunale, nonchè la declaratoria di nullità dell’atto costitutivo di servitù di passaggio, stipulato tra il S. ed il Comune di Sorrento in data (OMISSIS).

Frattanto, con citazione del 2 dicembre 1974 la s.n.c. Alberghi Fratelli Acampora, conduttrice dell’albergo Admiral di proprietà del S., aveva convenuto quest’ultimo in giudizio davanti al Tribunale di Napoli, chiedendo la risoluzione del contratto di locazione ed il risarcimento dei danni in conseguenza del vizio della cosa locata, costituito dall’incombente pericolo di frane. Il S., costituitosi in giudizio, chiese il rigetto della domanda e chiamò in causa il R. per essere garantito in relazione ad un’eventuale condanna. Il R., a sua volta costituitosi, contestò la fondatezza della domanda ed in via riconvenzionale chiese l’esatta determinazione dei confini tra il proprio fondo e quello del S..

Riuniti i due giudizi, disposta ed espletata perizia tecnica, i procuratori del S. e della società Alberghi Fratelli Acampora all’udienza del 22 aprile 1976 dichiararono di aver transatto i loro rapporti.

Successivamente, con citazione del 19 e 24 gennaio 1977 il R., premesso di aver acquistato, con scrittura privata del 1969, l’area di terreno riportato in catasto al foglio (OMISSIS), al confine con la proprietà S. e di aver riscontrato che il terreno era risultato inferiore a quello vendutogli a causa della costruzione, da parte del S., di due fabbriche sconfinanti e di una strada gravata da servitù in favore del Comune di Sorrento, convenne in giudizio lo stesso Comune ed il S., chiedendo il regolamento di confini e l’apposizione dei termini tra la propria proprietà e quella del S. nonchè l’abbattimento delle due fabbriche sconfinanti. In tale giudizio, si costituì il solo S. chiedendo il rigetto della domanda. Anche tale giudizio, in cui venne disposta ed espletata perizia di ufficio, fu riunito agli altri due.

Acquisitasi la documentazione prodotta, espletata prova per testi, in esito alla discussione, il Tribunale di Torre Annunziata, divenuto competente per territorio a seguito della relativa istituzione a norma della L. 11 febbraio 1992, n. 126, con sentenza n. 50/96 resa in data 21 novembre 1995, così decideva la causa: dichiarava cessata la materia del contendere tra la s.n.c. Alberghi Fratelli Acampora e S.G.; accoglieva per quanto di ragione la domanda di risarcimento danni proposta dal S. e condannava il R. al pagamento della somma di L. 48 milioni; dichiarava che i confini tra i fondi di proprietà del R. e del S. erano quelli determinati dal c.t.u. ing. M.M. nella relazione depositata in data 28 febbraio 1991; condannava il S. a rilasciare in favore del R. la zona individuata con i numeri (OMISSIS) nella tavola 3^ allegata all’elaborato della consulenza tecnica e ad abbattere tutte le costruzioni realizzate sulla stessa; rigettava ogni altra domanda; compensava per intero le spese di giudizio tra tutte le parti in causa.

2. – Proponeva appello il S., deducendo l’erroneità della decisione impugnata per i seguenti motivi: 1) in ordine al risarcimento, perchè la liquidazione degli interessi sul credito risarcitorio era ingiusta, in quanto calcolata sulle somme originariamente erogate nel 1977 e non sulle somme stesse rivalutate anno dopo anno; 2) in ordine al regolamento dei confini, perchè “la sentenza, dopo aver affermato che il c.t.u. aveva proceduto alla rilevazione della superficie del terreno effettivamente occupato … mediante misurazione in loco, alla contestazione che il c.t.u. non aveva fornito la misura del fondo R. risponde va che quella misurazione non era indispensabile ai fini … del mandato, il quale consisteva esclusivamente nell’individuare i confini fra le proprietà delle parti e nell’accertare eventuali sconfinamenti del S.”, trascurando che per l’individuazione dei confini occorreva partire proprio dalla misurazione del fondo dell’attore, il quale se fosse risultato corrispondente alla consistenza indicata nel titolo avrebbe reso improponibile l’azione di regolamento dei confini. Inoltre, il Tribunale aveva erroneamente ritenuto corretta la perizia di ufficio, benchè non fosse dato evidenziare alcuna indicazione analitica delle operazioni tacheometriche poste a base dell’indagine nè si facesse riferimento alcuno ai punti di partenza certi sui quali il topografo aveva poggiato il suo elaborato nè fosse condividibile la scelta del c.t.u. di sovrapporre la planimetria catastale al grafico dei rilievi tacheometrici. Ciò premesso, chiedeva la riforma della sentenza impugnata e, in accoglimento dei motivi posti a sostegno del gravame, la liquidazione degli interessi sulle somme erogate nel 1977, rivalutate anno per anno secondo gli indici Istat; l’esatta determinazione dei confini, ritenendo inattendibile la relazione dell’ing. M., il rigetto dell’istanza di demolizione delle costruzioni erroneamente ritenute realizzate in zona di terreno appartenente al R.. Chiedeva infine che gli appellati R. e Comune di Sorrento venissero condannati al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Si costituiva la s.n.c. Hotel Belair di Russo Mario e C. , quale acquirente del compendio immobiliare già di proprietà di R.M. con atto del (OMISSIS), chiedendo il rigetto dell’appello proposto dal S. perchè infondato e proponendo a sua volta appello incidentale in ordine: alla condanna pronunciata in suo danno al pagamento a titolo di risarcimento danni dell’importo di L. 48 milioni; al rigetto della domanda relativa alla dichiarazione di nullità del contratto concluso tra il Comune di Sorrento ed il S. in data (OMISSIS); alla declaratoria di compensazione delle spese processuali pronunciata dal giudice di primo grado.

Con ordinanza dell’11 marzo 1998 la Corte territoriale disponeva la notifica dell’appello al R. ed al Comune di Sorrento e ordinava il rinnovo dell’indagine tecnica, già effettuata in primo grado. Si costituiva il Comune di Sorrento, il quale chiedeva il rigetto della domanda riproposta in suo danno con l’appello incidentale. La Corte, con successiva ordinanza del 28 giugno 2000, conferiva al c.t.u. già nominato un incarico supplementare.

All’udienza del 7 febbraio 2002 il giudizio era dichiarato interrotto per la morte dell’appellante S.G. e quindi veniva riassunto a seguito di ricorso del 26 luglio 2002, presentato dal curatore dell’eredità giacente del S..

A sostegno delle posizioni dell’eredità giacente, intervenivano nel giudizio la s.n.c. Admiral di Giovanni Salvatore & C., in persona delle legali rappresentanti pro tempore, nonchè Si.Al. ex art. 344 cod. proc. civ. ovvero, nella subordinata ipotesi in cui non fosse riconosciuta la loro qualità di acquirenti a titolo originario, ex art. 111 cod. proc. civ., quali aventi causa del S., assumendo che in data 19 novembre 1996 era stata costituita la società Admiral, nella quale erano stati conferiti dal S. sia l’hotel Admiral sia la villa adiacente, e che quest’ultima in data (OMISSIS) era stata acquistata dal Si.. Aggiungevano che con citazione dell’ottobre 2002 essi intervenienti avevano intrapreso nei confronti della società Hotel Belair, degli eredi di R.M. e della curatela dell’eredità giacente del S. un separato giudizio con il quale avevano proposto opposizione di terzo ex art. 404 cod. proc. civ. avverso la sentenza n. 50/96 pronunciata dal Tribunale di Torre Annunziata ed avevano chiesto in via principale di essere riconosciuti proprietari per usucapione e, quindi, a titolo autonomo delle porzioni immobiliari eventualmente occupate ed in via subordinata di essere riconosciuti proprietari per accessione invertita ex art. 938 cod. civ.. Concludevano pertanto chiedendo che la Corte volesse sospendere il giudizio di appello ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., ricorrendo i presupposti della sospensione necessaria per pregiudizialità del giudizio pendente davanti al Tribunale di Torre Annunziata o comunque i presupposti di sospensione facoltativa in considerazione dell’utilità e dell’influenza della decisione dell’altra causa rispetto a quella pendente presso la Corte d’appello; in ogni caso per l’accoglimento delle conclusioni rese dal S. oppure in sede di riassunzione dalla curatela dell’eredità giacente del S..

3. – Con sentenza n. 864 depositata il 15 marzo 2006, la Corte d’appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’intervento spiegato ai sensi dell’art. 344 cod. proc. civ. dalla s.n.c. Admiral di Giovanni Salvatore & C. e da Si.Al.; ha rigettato entrambi gli appelli proposti, confermando l’impugnata sentenza; ha dichiarato compensate tra tutte le parti costituite le spese del secondo grado del giudizio.

3.1. – Premesso che l’unico intervento consentito in appello è quello principale, per consentire al terzo di evitare il pregiudizio, che potrebbe derivargli dalla pronuncia di primo grado o dall’efficacia diretta del giudicato sul suo autonomo diritto, la Corte partenopea ha rilevato che, secondo la loro stessa prospettazione, gli interventori, acquirenti degli edifici sovrastanti le porzioni immobiliari in contestazione, non sono titolari di un diritto autonomo incompatibile con quello degli altri due litiganti, essendo stato riconosciuto dagli stessi interventori – che hanno affermato di essere “divenuti titolari del diritto di proprietà sulle porzioni medesime, in quanto beneficiano della situazione possessoria del loro dante causa, ing. S., in virtù dell’accessione nel possesso, secondo il quale l’avente causa può unire al proprio possesso quello del suo autore per goderne gli effetti” – la derivazione del loro diritto da quello dell’originario convenuto.

Di qui l’inammissibilità dell’intervento ex art. 344 cod. proc. della s.n.c. Admiral di Giovanni Salvatore & C. e di Si.Al., intervento che trova invece giustificazione ex art. 111 cod. proc. civ. anche in grado di appello, di fuori dei limiti rigorosi di cui all’art. 344 cod. proc. civ., in virtù della situazione del successore a titolo particolare, il quale ha un generale diritto di intervento nel processo, che non va confuso con l’intervento di cui all’art. 105 cod. proc. civ., riguardante il terzo, essendo il successore non terzo ma vero e proprio titolare della res litigiosa, fermo restando che l’interveniente ex art. 111 cod. proc. civ. non può proporre domande nè svolgere attività ormai precluse al suo dante causa, a differenza del terzo titolare di un diritto autonomo.

La Corte d’appello ha altresì escluso la ricorrenza delle condizioni per disporre la sospensione necessaria del processo, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., sul rilievo che la sentenza costitutiva dell’acquisto del diritto di proprietà per usucapione, eventualmente emessa dal Tribunale di Torre Annunziata a favore degli interventori, verrebbe in realtà a riguardare una situazione, soltanto sopravvenuta, essendo i termini dell’usucapione maturati – sempre che ciò risulti fondato – molti anni dopo la proposizione della domanda di regolamentazione dei confini. Nessuna rilevanza preclusiva potrebbe pertanto avere sul relativo accertamento richiesto dal R., con la domanda ex art. 950 cod. civ., la circostanza che molti anni dopo il vicino potrebbe aver usucapito – ma la circostanza è tutta da verificare – le zone di terreno controverse aggiungendo il proprio possesso a quello del suo dante causa.

Quanto al merito dell’impugnazione proposta dall’appellante principale, la Corte territoriale ha rilevato che la censura è infondata in punto di fatto, non essendo esatto che gli interessi siano stati liquidati sulle somme originariamente erogate nel 1977 (pari ad appena L. 7.912.000), in quanto essi sono stati invece liquidati sulla somma attualizzata, cioè rivalutata (pari a L. 39.700.000).

In ordine alla determinazione dei confini, la Corte del gravame ha ricordato che, disposto il rinnovo dell’indagine peritale effettuata in primo grado, il c.t.u., sulla base degli atti di acquisto delle parti, dell’esame dello stato dei luoghi, attuale e pregresso, dell’accertamento topografico, ha concluso nel senso che l’appellante principale ha occupato, anche con parte di fabbriche, il suolo di proprietà del R., e che l’entità totale dello sconfinamento è pari a mq. 290 (zona colorata in giallo su grafico planimetrico allegato H). Ha ricordato inoltre – disattendendo le censure mosse sia in sede di memoria che di discussione orale – che, dopo il deposito della relazione, a seguito di apposita istanza dell’appellante, fu conferito al c.t.u. già nominato l’ulteriore incarico di riesaminare le conclusioni precedenti alla luce dei rilievi svolti dall’appellante S. e della considerazione, ai fini della individuazione del confine, non solo del tipo di frazionamento relativo all’atto del (OMISSIS) per notar Berri Pedio ma anche del titolo di provenienza del R. del (OMISSIS) per notar Sanseverino; e che, in esito all’espletamento dell’ulteriore incarico, il c.t.u. ha concluso nel senso che la linea di confine del fondo R. rilevata topograficamente con procedimento analitico combacia perfettamente con quella del fondo S., aggiungendo che tale situazione, derivante da esatta interpretazione e precisa applicazione dei titoli di provenienza, con allegati tipi di frazionamento, dimostra la correttezza delle rilevazioni e delle valutazioni rassegnate nella prima perizia, in esito alla quale era stato accertato che l’appellante principale aveva occupato, anche con parte di fabbriche, suolo di proprietà del R., in misura addirittura superiore a quella calcolata dal giudice di prime cure (mq. 231,46) sulla scorta degli accertamenti peritali eseguiti nel giudizio di primo grado.

4. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello hanno interposto ricorso:

– con atto notificato il 22 novembre 2006 e, a seguito di ordinanza interlocutoria di questa Corte del 30 ottobre 2007, nuovamente notificato il 21 febbraio 2008, B.F., nella qualità di erede di S.G., in conformità ad accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, autorizzato a proporre il ricorso con provvedimento del giudice del Tribunale di Potenza, che si sostituisce alla curatela dell’eredità giacente; il ricorso, iscritto al n. 32456 del 2006 di registro generale, è affidato a tre motivi di ricorso, ed è resistito, con controricorso, dalla società Bel Air s.r.l. (nella quale si è trasformata la Hotel Belair di Russo Mario & C. s.n.c.), mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede;

con atto notificato il 27 novembre 2006, la s.r.l. Admiral e Si.Al., sulla base di tre motivi di ricorso (r.g.n. 32843 del 2006), resistiti dalla s.r.l. Bel Air ed ai quali ha invece aderito B.F., il quale, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale (r.g.n. 1904 del 2007), con tre motivi, cui ha resistito la s.r.l. Bel Air.

Il B., la s.r.l. Admiral con il Si. e la s.r.l. Hotel Bel Air hanno depositate memorie illustrative in prossimità dell’udienza fissata per l’udienza pubblica del 2 luglio 2009.

In esito a detta udienza, la Corte, con provvedimento interlocutorio in data 18 settembre 2009, n. 20260, riuniti i ricorsi, ha ordinato, ai fini di integrazione del contraddittorio, il rinnovo della notificazione del ricorso della s.r.l. Admiral e di Si.Al. (r.g.n. 32843 del 2006) ai seguenti destinatari: Ru.Ma., R.R., R.G., D.S., ma.ru., gi.ru., Comune di Sorrento.

A tale adempimento la s.r.l. Admiral e Si.Al. hanno provveduto con atto tempestivamente notificato.

In prossimità dell’udienza del 10 giugno 2010 la s.r.l. Admiral e il Si. hanno depositato una nuova memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo del ricorso principale (r.g.n. 32456 del 2006), il B. denuncia “violazione e falsa applicazione di legge: artt. 112, 132, 295 e 337 cod. proc. civ., artt. 948, 950, 934 e ss cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4; insufficiente o contraddittoria motivazione su fatto decisivo: art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il ricorrente censura, anzitutto, che la sentenza impugnata, nel rigettare la richiesta di sospensione del giudizio pendente dinanzi alla Corte d’appello, in attesa della definizione del giudizio in corso dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, non abbia tenuto conto della proposizione della domanda subordinata diretta ad ottenere pronuncia che riconoscesse l’acquisizione del diritto di proprietà ai sensi dell’art. 938 cod. civ.. Di qui il quesito se, dovendosi decidere circa la pregiudizialità necessaria di un procedimento rispetto ad altro, ai fini della applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ. e, quindi, della sospensione necessaria del giudizio pregiudicato rispetto a quello pregiudiziale, configuri omessa valutazione di fatto decisivo la mancata considerazione della domanda proposta, nel procedimento pregiudiziale, ancorchè in via subordinata; e se tale omissione implichi che la motivazione del capo di decisione che ha rigettato la domanda di sospensione sia inidonea a giustificare la decisione.

Ad avviso del ricorrente, sussiste pregiudizialità giuridica, tale da determinare la sospensione ex art. 295 cod. proc. civ. del processo susseguente rispetto al processo precedente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo abbia ad oggetto la questione attinente all’acquisto del diritto di proprietà per usucapione, ovvero ex art. 938 cod. civ., su di una determinata striscia di terreno, ed il primo concerna la pretesa di demolizione di un edificio costruito sulla predetta striscia di terreno, assumendosi che si sarebbe determinato sconfinamento su proprietà altrui, tanto più che l’azione ex art. 950 cod. civ. si inserisce in un più complesso contesto contenente domanda di rivendicazione del diritto di proprietà e conseguentemente domanda di demolizione dell’edificio costruito sul terreno di cui si assume la proprietà.

In ogni caso, la sentenza impugnata incorrerebbe nel vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione agli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., nonchè all’art. 111 Cost., perchè avrebbe omesso di pronunciare sulla prospettata richiesta di sospensione facoltativa del giudizio per pregiudizialità logica di altro giudizio. Sarebbe violato, sotto questo profilo, l’art. 337 c.p.c., comma 2, per non avere il giudice di merito pronunciato sulla prospettata richiesta di sospensione facoltativa del giudizio; e la mancata pronuncia sulla richiesta di sospensione facoltativa configurerebbe la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, determinandosi omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il secondo motivo del ricorso B. denuncia violazione e falsa applicazione di legge: artt. 948 e 950 e ss., artt. 934 e ss. e 936 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, ed all’art. 112 e ss. cod. proc. civ.; nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. La sentenza sarebbe illegittima perchè, pur avendo il giudice che l’ha emessa ritenuto inadeguata la consulenza svolta nella fase precedente tanto da ordinarne la rinnovazione, avrebbe finito per acquisire acriticamente le conclusioni del secondo consulente che non si è attenuto alle indicazioni con le quali era stata disposta la seconda consulenza, conclusioni palesemente contraddittorie rispetto alle indagini che il giudice aveva commesso al c.t.u. Questo iter procedimentale configurerebbe un vulnus insanabile dell’argomentazione logico giuridica che dovrebbe sorreggere la motivazione, determinandosi, sotto diverso profilo, la contraddittorietà di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quale deve essere l’accertamento, nella fattispecie, della concreta situazione dei luoghi.

A fronte di specifiche contestazioni sollevate dalla parte in ordine ai risultati della c.t.u., la sentenza di merito si sarebbe limitata ad acquisirne le determinazioni senza analiticamente motivare in ordine ad esse. In particolare, la mancata puntuale considerazione delle specifiche censure proposte dalla parte alla c.t.u. configurerebbe il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, determinandosi omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Una ulteriore ragione di illegittimità deriverebbe dalla qualificazione della azione, operata esclusivamente nell’ambito della actio finium regundorum, laddove attraverso la domanda riconvenzionale il R. ha proposto una azione di rivendicazione del suo preteso diritto di proprietà sul terreno oggetto di contestazione, richiedendo l’accertamento di tale diritto e, come conseguenza dell’azione di rivendicazione e della azione di accertamento della proprietà, la demolizione della costruzione eseguita sul terreno di cui egli afferma di essere proprietario.

Il ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza, qualora l’azione di accertamento del confine si inserisca in un più ampio contesto che determini la domanda di accertamento del diritto di proprietà e, conseguentemente, di rivendicazione, l’attore ha l’onere di fornire la stessa prova rigorosa richiesta per l’azione di rivendica, atteso che egli spiega una azione a contenuto petitorio, tesa al conseguimento di una pronuncia giudiziale diretta a realizzare la consegna della cosa di chi la possiede o la detiene. Questa qualificazione dell’azione troverebbe riscontro e conferma nel fatto che il S. – e successivamente la società subentrata a lui – hanno sollevato tempestivamente e validamente la questione attinente, comunque, alla acquisizione del diritto di proprietà sulla striscia di terreno controversa, invocando alternativamente o cumulativamente il titolo derivante dall’intervenuta usucapione ovvero riconducibile all’art. 938 cod. civ.. Così operata la qualificazione dell’azione, la Corte territoriale – si assume – sarebbe incorsa in errore allorchè non ha proceduto ad una analisi specifica (e non ha richiesto correlativamente al c.t.u. di condurre secondo questo criterio l’indagine tecnica) degli atti di acquisto, attraverso i quali era consentito di pervenire alla esatta delimitazione dei rispettivi fondi.

Di qui il quesito di diritto se sia legittimo, sotto il profilo della corretta qualificazione della fattispecie, nonchè sul piano della congruità della motivazione, nell’ambito dell’azione di regolamento di confini, implicante rivendicazione di parte del terreno e richiesta di condanna alla demolizione di edificio pretesamente costruito su proprietà altrui, ed a fronte di eccezione di acquisizione dei diritto di proprietà sulla striscia di terreno rivendicata, per intervenuta usucapione ovvero ex art. 938 cod. civ., dare prevalenza al frazionamento catastale, peraltro non assunto come decisivo nell’atto negoziale di acquisto, rispetto a tale atto.

Il terzo mezzo censura violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 1224 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Muovendo dalla elaborazione giurisprudenziale in ordine alla risarcibilità del danno ed alla incidenza, nella quantificazione monetaria, della svalutazione del denaro, il ricorrente condivide l’orientamento prevalente secondo cui, accertata l’entità, in termini monetari, del danno determinatosi a seguito dell’illecito comportamento, la somma così individuata, con riferimento al tempo del fatto illecito, deve essere rivalutata anno per anno e, sulla base di tale iter procedimentale, debbono essere computati gli interessi in relazione al valore del danno risarcibile per ogni anno decorso. Il giudice di primo grado e, successivamente, la Corte di appello, non si sarebbero adeguati a questo criterio, avendo operato secondo una valutazione equitativa.

Il motivo si conclude con il quesito di diritto se, nel caso di inadempimento di obbligazione pecuniaria, definita a titolo di risarcimento del danno da fatto illecito, il giudice debba procedere alla rivalutazione della somma anno per anno, secondo gli indici di svalutazione applicabili, e sul risultato così ottenuto debba applicare anno per anno gli interessi legali.

2. – Con il primo motivo di ricorso incidentale (r.g.n. 32843 del 2006), la s.r.l. Admiral e Si.Al. denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 344 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè insufficiente o contraddittoria motivazione su fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Nel dichiarare l’inammissibilità dell’intervento ex art. 344 cod. proc. civ. (ritenendo per contro che esso trovi invece giustificazione ex art. 111 cod. proc. civ.), la Corte d’appello sarebbe incorsa in un duplice errore. In primo luogo, essa avrebbe totalmente pretermesso ogni esame, ai fini della decisione, circa la sussistenza dell’ulteriore domanda, relativa all’accessione invertita, in relazione alla quale si è determinato un autonomo titolo giuridico di acquisto del diritto di proprietà, incorrendo cosi in un difetto di motivazione, ai fini dell’ammissibilità dell’intervento. In secondo luogo, la sentenza impugnata avrebbe considerato come dipendenti le posizioni degli intervenienti e quella del S. in quanto sarebbero divenuti titolari del diritto di proprietà sulle porzioni medesime beneficiando dell’accessione nel possesso. Sotto quest’ultimo profilo, il quesito di diritto che i ricorrenti prospettano è “se, dovendosi decidere circa la ammissibilità di un intervento ai sensi dell’art. 344 cod. proc. civ., configuri violazione di legge e omessa valutazione di fatto decisivo la considerazione della domanda proposta dall’interveniente, in altro procedimento, ai fini dell’usucapione delle porzioni immobiliari delle quali si discute nel presente giudizio, come dipendente dal diritto del S., di cui si discute nel presente giudizio”; e “se tale vizio o omissione implichi che la motivazione del capo di decisione che ha dichiarato inammissibile l’intervento sia inidonea a giustificare la decisione”.

Con il secondo mezzo, i ricorrenti in via incidentale denunciano – con movenze analoghe al primo motivo del ricorso principale B. – “violazione e falsa applicazione di legge: artt. 112, 132, 295 e 337 cod. proc. civ., artt. 948, 950 e 934 e ss cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4; insufficiente o contraddittoria motivazione su fatto decisivo: art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il terzo motivo del ricorso incidentale – sovrapponibile alla censura veicolata dal secondo mezzo del ricorso principale – denuncia violazione e falsa applicazione di legge: artt. 948 e 950 e ss. cod. civ., artt. 934 e ss. e 936 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, ed all’art. 112 e ss. cod. proc. civ.; nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

3. – Con il ricorso incidentale (r.g.n. 1904 del 2007), B.F., nell’aderire ai motivi del ricorso incidentale interposto dalla s.r.l. Admiral e da Si.Al., a propria volta chiede la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli per i tre motivi già fatti valere con il ricorso principale.

4. – Preliminarmente, va respinta l’eccezione spiegata dalla controricorrente s.r.l. Hotel Bel Air, volta ad ottenere la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione della s.r.l. Admiral (inscritto al n. 32843 del 2006 di registro generale).

E’ esatto che in sede di appello è intervenuta la s.n.c. Admiral di Giovanni Salvatore & C., in persona delle legali rappresentanti Sa.Ro., Sa.Or. e Sa.An., mentre il ricorso per cassazione è invece stato proposto da un soggetto diverso, la s.r.l. Admiral.

Sennonchè, la ricorrente ha dedotto ed allegato il titolo di legittimazione ad impugnare, avendo dimostrato l’avvenuta sua trasformazione dalla società originariamente costituita, a norma dell’art. 372 cod. proc. civ., mediante deposito in data 1 giugno 2010 – previa notificazione mediante elenco alla parte avversaria in data 26 maggio 2010 – della copia della relativa documentazione (atto di trasformazione della Admiral di Giovanni Salvatore s.n.c. in Admiral s.r.l. a ministero del notaio Antonio di Lizia di Potenza in data (OMISSIS), rep. n. 78078).

5. – Il primo motivo del ricorso principale del B. ed il secondo motivo del ricorso incidentale s.r.l. Admiral – Si. – da scrutinarsi congiuntamente, stante la loro stretta analogia – non sono accoglibili, sotto nessuno dei profili in cui sono articolati.

Innanzitutto, non possono trovare ingresso le censure con cui – denunciandosi il vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – si addebita alla Corte territoriale di non avere valutato circostanze decisive che avrebbero potuto condurre a disporre la sospensione del processo.

Infatti, la questione relativa all’ammissibilità della sospensione del processo, sia per pregiudizialita necessaria ex art. 295 cod. proc. civ., sia ex art. 337 c.p.c., comma 2, non concerne un punto decisivo della controversia, che può consistere esclusivamente in una quaestio facti, riguardante il rapporto sostanziale, ma si riferisce all’adozione di un provvedimento ordinatorio, il cui diniego non rende pertanto configurabile il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass., Sez. 3, 12 gennaio 2006, n. 399; Cass., Sez. 3, 10 marzo 2006, n. 5246; e, più in generale, sull’irrilevanza del vizio di motivazione con riguardo alle decisioni processuali del giudice di merito, non assumendo rilevanza la mancata o insufficiente specificazione dei motivi di applicazione o di non applicazione di una norma processuale, allorchè detta applicazione o non applicazione risulti corretta, cfr. Cass., Sez. 1, 29 settembre 1977, n. 4162).

Nè la doglianza è scrutinabile sotto il profilo di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ.: il dovere del giudice di pronunciare su tutta la domanda, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., va riferito appunto alla domanda, e dunque all’istanza con la quale la parte chiede l’emissione di un provvedimento giurisdizionale in ordine al diritto sostanziale dedotto in giudizio, sicchè non è configurabile un vizio di infrapetizione per l’omessa adozione, da parte del giudice, di un provvedimento di carattere ordinatorio quale la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. o ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2 (Cass., Sez. 3, 10 marzo 2006, n. 5246, cit.).

Ciò posto, va in primo luogo precisato che l’indagine devoluta con i motivi sopra compendiati è se il giudizio di appello, proposto contro la sentenza di primo grado, debba (ex art. 295 cod. proc. civ.) o possa (ex art. 337 c.p.c., comma 2, o per ragioni di opportunità) essere sospeso in pendenza del giudizio di opposizione, ai sensi dell’art. 404 c.p.c., comma 1, successivamente promosso, contro la medesima sentenza esecutiva, dal terzo che assuma di essere titolare di un diritto autonomo ed incompatibile con quello in essa riconosciuto.

In tali limiti – non essendo i ricorsi stati promossi nell’ambito del giudizio sorto con l’opposizione di terzo – è precluso a questa Corte di affrontare il più generale problema dell’ammissibilità del rimedio dell’opposizione di terzo, per così dire in via principale, quando pende, suscitato da una delle parti, l’appello contro la stessa sentenza esecutiva: se, cioè, l’art. 344 cod. proc. civ. – con il prevedere che nel giudizio di appello è ammesso l’intervento dei terzi che potrebbero proporre opposizione a norma dell’art. 404 -disciplini anche il potere di opposizione trasformandolo, ove l’appello sia già stato proposto, in potere di intervento, consentendo al terzo esclusivamente, per ragioni di coordinamento tra istituti, di proporre la propria opposizione nell’ambito della impugnativa promossa dalla parte; o se, viceversa, il terzo possa in ogni caso preferire all’intervento l’opposizione, che, tra l’altro, rende possibile la sospensione dell’esecuzione della sentenza opposta ed assicura il doppio grado di giurisdizione.

Tanto premesso, data, nella presente vicenda processuale, la contemporanea pendenza dell’opposizione di terzo e dell’appello, ritiene il Collegio che non vi sia spazio, innanzitutto, per una sospensione, ex art. 295 cod. proc. civ., del giudizio di gravame promosso a seguito dell’impugnazione ordinaria della parte.

La sospensione necessaria del processo è prevista quando la decisione del medesimo “dipenda” dall’esito di altra causa, con ciò alludendosi al fatto che la pronuncia da prendersi in detta altra causa abbia portata pregiudiziale in senso stretto, e cioè sia idonea a spiegare effetti vincolanti, con l’autorità propria del giudicato sostanziale, in quanto suscettibile di definire, in tutto o in parte, il tema del dibattito del giudizio da sospendere (Cass., Sez. Un., 26 luglio 2004, n. 14060; Cass., Sez. lav., 7 aprile 2006, n. 8174; Cass., Sez. 2, 28 aprile 2006, n. 9901).

La sospensione ex art. 295 cod. proc. civ. presuppone l’esistenza di un nesso di pregiudizialità sostanziale, ossia una relazione tra rapporti giuridici sostanziali distinti ed autonomi (dedotti in via autonoma in due diversi giudizi), uno dei quali (pregiudiziale) integra la fattispecie dell’altro (dipendente), in modo tale che la decisione sul primo rapporto si riflette necessariamente, condizionandola, sulla decisione del secondo. Invece, proposti, contro la stessa sentenza di primo grado esecutiva, appello e opposizione di terzo, si è in presenza di due mezzi di impugnazione esercitati contro la stessa sentenza, nell’ambito, quindi, dello stesso processo, e la pregiudizialità che si configura (restando poi tutto da stabilire a favore di quale impugnazione sia predicabile) è meramente processuale e non sostanziale: sicchè – ferma la possibilità per il giudice dell’opposizione di pronunciare, ricorrendone i presupposti, la sospensione dell’esecuzione della sentenza – non può farsi ricorso alla sospensione del giudizio di appello ex art. 295 cod. proc. civ. e ciascuna impugnazione è destinata a proseguire per suo conto, mentre la coordinazione si prospetta in relazione ai provvedimenti conclusivi, nel senso che la riforma della sentenza tra le parti produrrà la cessazione della materia del contendere del profilo impugnatorio del giudizio di opposizione, come pure, accolta l’opposizione del terzo ed annullata la sentenza opposta, verrà meno il procedimento di appello.

In questi termini è il principio di diritto che il Collegio enuncia ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ..

Quanto, poi, ai profili di censura con cui ci si duole della mancata sospensione facoltativa del processo per ragioni di opportunità, ai quesiti formulati nei ricorsi occorre rispondere:

ribadendo, in primo luogo, che, nel quadro della disciplina di cui all’art. 42 cod. proc. civ., come novellato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, non vi è più spazio per una sospensione facoltativa del giudizio per pregiudizialità logica di altro giudizio, esercitabile al di là dei casi tassativi di sospensione legale : ove ammessa, infatti, una tale facoltà – oltre che inconciliabile con il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo, sotteso alla riforma del citato art. 42 del codice di rito – si porrebbe in insanabile contrasto sia con il principio della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), sia con il canone della durata ragionevole, che la legge deve assicurare nel quadro del giusto processo ai sensi del nuovo art. 111 Cost. (Cass., Sez. Un., 1 ottobre 2003, n. 14670, e successiva giurisprudenza conforme: Cass., Sez. 1, 23 gennaio 2005, n. 1813; Cass., Sez. 1, 8 luglio 2005, n. 14367; Cass., Sez. 2, 15 marzo 2006, n. 5767; Cass., Sez. 2, 24 novembre 2006, n. 24946; Cass., Sez. 1, 31 gennaio 2007, n. 2089);

precisando che la sospensione facoltativa ex art. 337 c.p.c., comma 2, presuppone che l’autorità di una sentenza sia invocata in un diverso processo: e nella specie – oltre a mancare, per le ragioni esposte retro, la diversità di processo – difettava la stessa invocazione dell’autorità della sentenza suscettibile di pregiudicare il, o di esercitare influenza nel, giudizio di appello, assunto come dipendente o connesso, perchè la sentenza resa nel giudizio di opposizione di terzo (impugnata e non passata in giudicato), non solo è di rigetto, ma è sopravvenuta alla definizione del giudizio di appello, essendo stata depositata il 20 giugno 2006.

6. – Il secondo motivo del ricorso principale del B. ed il terzo motivo del ricorso incidentale s.r.l. Admiral – Si. – che, veicolando le stesse censure, possono essere scrutinati congiuntamente – sono infondati, per la parte in cui non sono inammissibili.

La censura dei ricorrenti muove dall’erroneo presupposto che la Corte d’appello, dopo avere disposto la rinnovazione della consulenza svolta in primo grado, abbia acquisito acriticamente le conclusioni del secondo consulente, non attenutosi alle indagini affidategli. Risulta dalla sentenza impugnata:

che la consulenza di primo grado – fatta propria dal Tribunale – ha concluso nel senso che il S. aveva occupato, anche con parti di fabbriche, il suolo di proprietà del R.;

che, ai fini della verifica dell’esattezza o meno delle censure mosse dall’appellante, la Corte del gravame ha disposto il rinnovo dell’indagine peritale effettuata in primo grado, ed il nuovo consulente – sulla base degli atti di acquisto di entrambe le parti, dell’esame dello stato dei luoghi, attuale e pregresso, e dell’accertamento topografico – ha precisato che il raffronto tecnico tra la originaria situazione planimetrica del fondo de quo (da tipo di frazionamento E. del 1965) e la rituale restituzione grafico-analitica (da rilevamento indiretto topografico sul posto) ha dimostrato, senza possibilità di dubbio, che l’entità dello sconfinamento è pari a 290 mq.;

che, a seguito di un’apposita istanza proveniente dall’appellante, la Corte ha conferito al c.t.u. un incarico supplementare, commissionandogli di considerare, ai fini della individuazione del confine, non solo il tipo di frazionamento relativo all’atto del (OMISSIS) per notar Berri Pedio ma anche il titolo di provenienza del R. del (OMISSIS) per notar Sanseverino; che, in esito all’espletamento dell’ulteriore incarico, il c.t.u. ha rilevato che, pure alla luce dell’esame dei tipi di frazionamento allegati ai rispettivi titoli di provenienza, risulta che il S. ha occupato, anche con parti di fabbriche, suolo di proprietà del R., in misura addirittura superiore a quella calcolata dal giudice di prime cure (mq. 231,46) sulla scorta degli accertamenti peritali eseguiti nel giudizio di primo grado.

La sentenza impugnata, lungi dall’adagiarsi acriticamente sulle conclusioni del secondo consulente, ha dato atto, con congrua e motivata motivazione, della correttezza dei diversi ed approfonditi accertamenti dell’ausiliare tecnico, tutti convergenti nel senso di indicare uno sconfinamento del S., anche con parti di fabbriche, sul fondo di proprietà del R.. Nè vizia l’iter logico-giuridico della motivazione la circostanza che la Corte territoriale, pur avendo il c.t.u. nominato in fase di gravame concluso per uno sconfinamento superiore, abbia poi finito con il confermare l’accertamento di primo grado: in mancanza di appello incidentale sul punto da parte della s.n.c. Hotel Belair di Russo Mario & C., successore a titolo particolare del compendio immobiliare già di proprietà del R. – la quale, costituendosi nel giudizio di secondo grado, ha proposto appello incidentale esclusivamente in ordine alla condanna al pagamento a titolo di risarcimento dei danni dell’importo di L. 48 milioni, al rigetto della domanda relativa alla dichiarazione di nullità del contratto concluso tra il Comune di Sorrento ed il S. in data (OMISSIS), nonchè alla statuizione di compensazione delle spese – la Corte del gravame non poteva procedere ad una reformatio in peius a danni dell’appellante principale.

D’altra parte, contrariamente a quanto mostrano di ritenere i ricorrenti, non inficia la correttezza giuridica della sentenza impugnata il fatto che questa abbia aderito ad una consulenza tecnica che, a propria volta, abbia fondato le proprie conclusioni anche sul frazionamento catastale. Difatti, per costante orientamento (Cass., Sez. 2, 1 dicembre 2000, n. 15386; Cass., Sez. 2, 17 maggio 2001, n. 6770; Cass., Sez. 2, 13 gennaio 2006, n. 501; Cass., Sez. 2, 5 luglio 2006, n. 15304; Cass., Sez. 2, 11 novembre 2008, n. 26951), in materia di regolamento di confini, l’elemento primario di prova per l’individuazione del confine è rappresentato dal tipo di frazionamento allegato ai contratti, che, quale elemento interpretativo della volontà negoziale, non lascia margini di incertezza nella determinazione della linea di confine tra i fondi. E nella specie la Corte di merito ha evidentemente ritenuto che il frazionamento E. faccia parte integrante del titolo di provenienza del S., avendo questi provveduto a sottoscriverlo per accettazione.

Nè è esatto che l’azione di regolamento di confini si trasformi automaticamente, sotto il profilo dell’onere della prova, in azione di rivendicazione ogni qualvolta l’accertamento del reale confine comporti la demolizione della costruzione abusiva. Invero, la regola secondo cui il confine tra due fondi può essere provato con ogni mezzo, stabilita nell’art. 950 c.c., comma 2, è applicabile anche nei casi in cui all’accertamento del confine si accompagni la richiesta di riduzione in pristino mediante la demolizione del manufatto costruito dal convenuto occupando parte del proprio fondo: ne consegue che la parte che agisce anche per la demolizione non è tenuta a dare la prova rigorosa del suo diritto di proprietà sulla parte di fondo abusivamente occupata, come accade nella rei vindicatio, mentre resta decisiva l’indagine sulla estensione dei rispettivi fondi risultanti dai titolo di acquisto o, in via sussidiaria, dai dati catastali (Cass., Sez. 2, 5 giugno 1976, n. 2053; Cass., Sez. 2, 9 novembre 1978, n. 5132; Cass., Sez. 2, 6 agosto 1983, n. 5289).

Nè è condivisibile la tesi secondo cui siffatta trasformazione si sarebbe avuta, nella specie, per effetto della tempestiva deduzione di eccezione di acquisto del diritto di proprietà sulla striscia di terreno in contestazione, per intervenuta usucapione ovvero ex art. 938 cod. civ. (da parte dell’ing. S. o della società subentrata a lui). A parte il fatto che nei ricorsi non si specifica, con la trascrizione dei dati pertinenti (come avrebbe dovuto farsi in ottemperanza al principio di autosufficienza), in quale atto del giudizio di appello questa eccezione sia stata formulata, resta decisivo rilevare, come risulta dalla narrativa della sentenza impugnata: che nell’atto di appello la richiesta di rigetto dell’istanza di demolizione delle costruzioni Salvatore è fatta dipendere dalla inattendibilità della relazione depositata il 28 febbraio 1991 dal c.t.u. ing. M. e dalla istanza di un rinnovo di consulenza diretto a stabilire correttamente il confine tra il fondo S. ed il fondo R.; e che nell’atto di intervento per l’udienza del 28 novembre 2002 della s.n.c. Admiral e del Si. la questione dell’usucapione e dell’accessione invertita è stata prospettata, non come ragione di merito da far valere nel giudizio di appello, ma come ragione spesa nel “separato giudizio con il quale essi avevano proposto opposizione di terzo ex art. 404 cod. proc. civ. avverso la sentenza n. 50/96 pronunciata dal Tribunale di Torre Annunziata” e, quindi, come titolo legittimante, oltre che l’intervento ex art. 344 cod. proc. civ., la sospensione, ex art. 295 cod. proc. civ., del giudizio di appello.

E’ d’altra parte noto che il controllo del giudice di merito sui risultati dell’indagine svolta dal consulente tecnico d’ufficio costituisce un tipico apprezzamento di fatto, in ordine al quale il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della sufficienza e correttezza logico-giuridica della motivazione (tra le tante, Cass., Sez. 1, 13 settembre 2006, n. 19661).

Nella specie, la motivazione fornita dal giudice del merito consente, su un piano positivo, di delineare il percorso logico seguito e, su un piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno contrario. La Corte partenopea, difatti, da adeguatamente conto del superamento delle contestazioni dei ricorrenti: rilevando come, nell’invitare l’ausiliario a considerare, non solo il tipo di frazionamento relativo all’atto in data (OMISSIS) ma anche quello del (OMISSIS), si è inteso sottolineare l’opportunità di valutare gli estremi di confine e le misure dei fondi come riportati in entrambi i contratti; e precisando che al frazionamento E. ha fatto esplicito riferimento il medesimo atto di compravendita per notar Bianca Perri Pedio e che esso, firmato per approvazione ufficiale dallo stesso appellante, include e conferma i precedenti tipi di frazionamento del (OMISSIS) a firma dell’ing. Ma.Mo..

Il vizio di motivazione denunciato, lungi dal rilevare errori e lacune nell’argomentazione della Corte territoriale, si risolve nella indicazione di semplici difformità tra la valutazione del secondo consulente tecnico – cui il giudice del gravame si è, con congrua e logica ponderazione, adeguato – e quella delle parti ricorrente e ricorrente in via incidentale; e – come correttamente evidenziato dal pubblico ministero in sede di discussione – finisce con il sollecitare questa Corte ad un riesame di merito, che fuoriesce dall’ambito proprio del giudizio di legittimità.

7. – Il terzo mezzo del ricorso principale del B. è infondato.

Nella obbligazione risarcitoria da fatto illecito, gli interessi non possono essere calcolati dalla data dell’illecito sulla somma liquidata per capitale e rivalutata sino al momento della decisione, dovendo, invece, essere computati o con riferimento ai singoli momenti riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, per effetto dei prescelti indici medi di rivalutazione monetaria, ovvero anche in base ad un indice medio, tenuto conto che la liquidazione del danno da ritardo rientra pur sempre nello schema liquidatorio di cui all’art. 2056 cod. civ., in cui è ricompresa la valutazione equitativa del danno stesso ex art. 1226 cod. civ..

A tale principio di diritto – costituente diritto vivente (tra le tante, Cass., Sez. 3, 10 agosto 2004, n. 15411; Cass., Sez. 3, 16 novembre 2005, n. 23225; Cass., Sez. 3, 1 marzo 2007, n. 4791) e che il Collegio ribadisce ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ. – si è attenuto il giudice del merito, il quale, per un verso, ha attualizzato il debito risarcitorio al momento della decisione e, per l’altro verso, ha calcolato l’importo degli interessi sulla somma attualizzata, cioè rivalutata.

8. – Il primo motivo del ricorso incidentale soc. Admiral – Si. – con il quale ci si duole che la Corte d’appello non abbia ritenuto ammissibile il loro intervento ex art. 344 cod. proc. civ. – è inammissibile, per difetto di interesse.

La Corte d’appello, pur escludendo l’ammissibilità dell’intervento della s.n.c. Admiral e del Si. ex art. 344 cod. proc. civ. per il difetto di titolarità di un diritto autonomo ed incompatibile con quello degli altri due litiganti, ha nondimeno ammesso l’intervento dei medesimi ex art. 111 cod. proc. civ., quali successori a titolo particolare nel diritto controverso (atteso che in data (OMISSIS) era stata costituita la società Admiral, nella quale erano stati conferiti dal S. sia l’hotel Admiral sia la villa adiacente, e quest’ultima in data (OMISSIS) era stata acquistata dal Si.).

Risulta dagli atti di causa – ai quali è possibile accedere, essendo devoluta a questa Corte una questione processuale – ed è confermato dalla narrativa dello svolgimento del processo della sentenza impugnata che, con l’atto di intervento, la s.n.c. Admiral ed il Si. non hanno esercitato una vera e propria azione, in forma incidentale, a tutela del loro diritto, ma hanno chiesto la sospensione del giudizio – stante la pendenza dinanzi alla sezione distaccata di Sorrento del Tribunale di Torre Annunziata, del giudizio di opposizione di terzo da essi proposto in via principale – e hanno aderito alle conclusioni rese dall’appellante S. nonchè, in sede di riassunzione, dalla curatela dell’eredità giacente del medesimo S..

Come emerge per tabulas dall’atto di intervento per l’udienza del 28 novembre 2002 dinanzi alla Corte d’appello di Napoli, con tale libello la società ed il Si. hanno spiegato le ragioni che legittimavano all’intervento (in via principale ex art. 344 cod. proc. civ., “in quanto portatori di un interesse giuridico sostanziale fondato su una pretesa del tutto autonoma da quella formante oggetto di contestazione tra le parti originarie”; e, “nella subordinata ipotesi in cui non fosse riconosciuta la loro qualità di acquirenti a titolo originario”, sotto il profilo dell’art. 111 Cost., quali aventi causa di S.G.) ed hanno ampiamente riepilogato “i motivi sui quali si fonda il giudizio incardinato dagli intervenienti dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata”, per poi rassegnare le seguenti conclusioni: “voglia la Corte d’appello sospendere il presente giudizio all’esito del sopra menzionato giudizio attualmente pendente tra le stesse parti innanzi alla sez. dist. di Sorrento del Tribunale di Torre Annunziata al n. di R.G. Affari Contenziosi Civili 18/AC/SO/2002; in ogni caso accogliere le conclusioni rese dall’appellante ing. S.G., nonchè, in sede di riassunzione del presente giudizio, dall’avv. Mo.Ca. quale curatrice dell’eredità giacente di esso S.G.. Vittoria di spese di giudizio”. Queste conclusioni sono state confermate all’udienza di precisazione del 13 marzo 2003, in cui il difensore della società Admiral e del Si. ha chiesto l’accoglimento “delle conclusioni rese nel proprio atto d’intervento che qui abbiansi per integralmente ripetute e trascritte”. Ne deriva che ogni accertamento in ordine all’usucapione e all’accessione invertita è stato devoluto dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, nel giudizio di opposizione di terzo; e che esso è stato prospettato dinanzi alla Corte partenopea non per arricchire il thema decldendum del giudizio di appello, ma – come si è rilevato retro, sub 6 – esclusivamente per giustificare la legittimazione dell’intervento ex art. 344 cod. proc. civ. e per formulare la richiesta di sospensione dell’appello in attesa della definizione del giudizio di opposizione di terzo.

Ora, mentre attraverso l’intervento dell’art. 344 cod. proc. civ. il terzo accede in via incidentale nel giudizio di appello innestando nel contraddittorio, nelle ipotesi di nessi di incompatibilità, il proprio diritto ed allargando il contraddittorio rispetto a quello dedotto originariamente tra le parti; nella specie la s.n.c. Admiral ed il Si., pur qualificando in primis il loro intervento come di coloro che sarebbe legittimati a proporre l’opposizione di terzo, si sono limitati, in realtà, come emerge dalle conclusioni rassegnate, a spiegare un intervento adesivo, accedendo alle conclusioni di merito già spiegate dal loro dante causa senza esercitare alcuna domanda autonoma a tutela del loro preteso diritto sostanziale. La richiesta – ripetesi – di essere riconosciuti proprietari per usucapione e, quindi, a titolo autonomo delle porzioni immobiliari eventualmente occupate ed in via subordinata di essere riconosciuti proprietari per accessione invertita ex art. 938 cod. civ., è stata avanzata soltanto nel separato giudizio di opposizione di terzo ex art. 404 cod. proc. civ..

Da tanto deriva che, essendo stato dichiarato ammissibile l’intervento in appello della s.n.c. Admiral e del Si. quali successori a titolo particolare nel diritto controverso, il motivo di ricorso con cui si lamenta che sia stato dichiarata inammissibile la forma incidentale dell’opposizione di terzo spiegata attraverso l’intervento in appello, ma senza, in realtà, la proposizione di una domanda di merito autonoma e diversa da quella azionata dalle parti, finisce con l’essere diretto ad una pronuncia priva di rilievo pratico, perchè non specifica quale danno tale statuizione abbia in concreto arrecato all’esercizio dei diritti degli intervenienti nel processo, nè in che modo essa abbia inciso sull’esito della lite.

Di qui, appunto, l’inammissibilità della censura, in applicazione del principio secondo cui l’interesse ad agire, necessario anche ai fini dell’impugnazione del provvedimento giudiziale, va apprezzato in relazione alla utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento dell’ impugnazione e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi pratici sulla decisione adottata (Cass., Sez. 5, 8 settembre 2003, n. 13091; Cass., Sez. 1, 27 gennaio 2006, n. 1755; Cass., Sez. 1, 19 maggio 2006, n. 11844; Cass., Sez. lav., 23 maggio 2008, n. 13373).

L’inammissibilità del motivo preclude l’esame dell’altra questione, anch’essa preliminare, che il Collegio avrebbe dovuto porsi d’ufficio, previa attivazione del contraddittorio sul punto ex art. 384 c.p.c., comma 3, se il terzo avente diritto ad opporsi alla sentenza emessa in un giudizio svoltosi tra altri soggetti possa congiuntamente e contemporaneamente, dopo avere promosso tale opposizione, spiegare intervento in appello nell’ambito della impugnativa promossa dalla parte.

9. – Avendo il B. proposto, contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli, valido ricorso per cassazione in via principale (r.g.n. 32456 del 2006), va dichiarato inammissibile, per intervenuta consumazione, il successivo ricorso incidentale (r.g.n. 1904 del 2007) dal medesimo sollevato, ancorchè tempestivamente.

Al riguardo, va data continuità al principio di diritto secondo cui, allorquando il diritto di impugnazione sia stato ritualmente esercitato, il principio di consumazione dell’impugnazione esclude che, ricevuta la notificazione del ricorso di altro contendente, possa essere proposto un secondo ricorso per cassazione in via incidentale, per gli stessi motivi o per motivi diversi da quelli dedotti con il primo atto di impugnazione, ancorchè la seconda impugnazione risulti tempestiva in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima, essendosi esaurito, con la proposizione del ricorso, il diritto di impugnazione, atteso che l’ordinamento non consente la reiterazione od il frazionamento dell’iniziativa impugnatoria in atti separati (Cass., Sez. 1, 24 dicembre 2004, n. 23976; Cass., Sez. Un., 10 marzo 2005, n. 5207; Cass., Sez. 3, 28 luglio 2005, n. 15813; Cass., Sez. 3, 27 ottobre 2005, n. 20912; Cass., Sez. 3, 14 novembre 2006, n. 24219; Cass., Sez. 3, 22 maggio 2007, n. 11870; Cass., Sez. lav., 28 gennaio 2010, n. 1863).

10. – Il ricorso principale del B. ed il ricorso incidentale della s.r.l. Admiral e del Si. sono rigettati.

Il ricorso incidentale del B. è inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte cosi provvede:

(a) rigetta il ricorso principale proposto da B.F. (r.g.n. 32456 del 2006);

(b) rigetta, il ricorso incidentale proposto dalla s.r.l. Admiral e da Si.Al. (r.g.n. 32 843 del 2006);

(c) dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto da B.F. (r.g.n. 1904 del 2007);

(d) condanna B.F., la s.r.l. Admiral ed Si.Al., in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente s.r.l. Hotel Bel Air, liquidate in complessivi Euro 7.700, di cui Euro 7.500 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2010

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