Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15352 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 21/06/2017, (ud. 28/02/2017, dep.21/06/2017),  n. 15352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28377-2014 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, (OMISSIS), in persona del procuratore speciale

avv. R.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANDREA

MILLEVOI 81, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FIERTLER, che

la rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.D.C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TESSALONICA 47, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO GUALTIERI,

rappresentato e difeso da se medesimo;

– controricorrente –

e contro

BANCA D’ITALIA SEDE PROVINCIALE (OMISSIS), POSTE ITALIANE SPA

(OMISSIS);

– intimate –

avverso la sentenza n. 811/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 27/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/02/2017 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato S.D.C.P..

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nella espropriazione presso terzi promossa da Siciliani De Cumis Piernicola (creditore procedente) in danno della Equitalia Sud S.p.A. (debitore esecutato) e nei confronti di Poste Italiane S.p.A. e Banca d’Italia – sezione di tesoreria provinciale dello Stato di Catanzaro (terzi pignorati) in forza di decreti ingiuntivi di pagamento di canoni locatizi, il debitore esecutato proponeva opposizione all’esecuzione assumendo, in estrema sintesi, la inidoneità in executivis dei provvedimenti monitori azionati (dacchè non riferiti a canoni a scadere) e la impignorabilità delle somme staggite.

Con sentenza n. 1182/2013 del 27 giugno 2013, l’adito Tribunale di Catanzaro rigettava l’opposizione.

L’appello interposto da Equitalia Sud S.p.A. veniva dichiarato inammissibile per genericità dei motivi dalla Corte di Appello di Catanzaro con la sentenza n. 811/2014 del 27 maggio 2014.

Avverso questa sentenza ricorre per cassazione la Equitalia Sud S.p.A., affidandosi ad un unico motivo; resiste con controricorso Siciliani De Cumis Piernicola.

Il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con unica, articolata doglianza, lamentando “violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente denuncia la erroneità della declaratoria di inammissibilità pronunciata dalla Corte territoriale, per avere con il proposto atto di appello formulato puntuali e specifiche censure alla decisione di prime cure, con la individuazione dei capi di sentenza impugnati, degli errori di diritto inficianti la stessa e della differente soluzione offerta alla controversia.

Il ricorso è fondato e va accolto.

La questione sottoposta all’esame della Corte involge la corretta lettura ermeneutica delle (speculari) disposizioni degli artt. 342 e 434 codice di rito, come novellate dalla recente riforma del giudizio di appello (operata con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134), laddove, per gli appelli proposti successivamente al giorno 11 settembre 2012, prevedono – rispettivamente per il rito ordinario e per il rito del lavoro – il requisito della specificità dei motivi di appello, sotto pena di inammissibilità dell’impugnazione.

In dettaglio, le citate norme richiedono che la motivazione dell’appello contenga: 1) l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

Pacifico che l’intentio legis sottesa alla modifica vada ravvisata nell’esigenza di una più stringente definizione delle ragioni dell’appello, in coerenza con la natura di revisio prioris istantiae che connota detta impugnazione, ritiene il Collegio che la positiva sanzione dell’inammissibilità postuli una concreta applicazione del requisito di forma contenuto tale da non sacrificare il diritto all’accesso alla giurisdizione, altrimenti potendosi dubitare della legittimità costituzionale dell’onere processuale così stabilito.

Nella descritta prospettazione, risultano neglette le (pur sostenute) opzioni euristiche che prescrivono per la motivazione dell’atto di appello un rigido schema formale, ricalcato per comparationem sulle argomentazioni fondanti la decisione gravata; ai fini dell’osservanza del requisito de quo, appare invece sufficiente (ma al contempo necessario), che l’impugnante individui in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, cioè a dire circoscriva il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonchè ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formuli, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare l’idoneità di tali ragioni a determinare una diversa soluzione della controversia rispetto a quella contenuta nella decisione censurata (in tal senso, cfr. Cass. 07/09/2016, n. 17712; Cass. 30/07/2015, n. 16164).

Tanto precisato in linea generale, nella vicenda de qua l’esame degli atti di causa (consentito alla Corte in ragione della natura della doglianza del ricorrente: in fattispecie identica, Cass. 28/11/2014, n. 25308; con più ampio riferimento agli errores in procedendo, v., dopo Cass., Sez. U., 22/05/2012, n. 8077, Cass. 30/07/2015, n. 16164; Cass. 21/04/2016, n. 8069) evidenzia la specificità dei motivi dell’appello a suo tempo interposto dalla odierna ricorrente.

Invero, nel disattendere i due motivi della spiegata opposizione all’esecuzione il Tribunale di Catanzaro, nella pronuncia conclusiva del giudizio di primo grado:

– sulla inidoneità dei decreti ingiuntivi a sostenere l’azione esecutiva (dacchè non recanti statuizioni di condanna al pagamento dei canoni locatizi a scadere – ovvero futuri rispetto all’epooca di emissione dei dd.ii. – costituenti invece l’oggetto della pretesa fatta valere con la espropriazione presso terzi, canoni futuri in ogni caso non dovuti per il periodo temporale posteriore alla cessazione del rapporto locatizio), invocava il principio della limitazione del thema decidendum delle opposizioni esecutive ai fatti (estintivi, impeditivi o modificativi) verificatisi in epoca successiva alla formazione del titolo esecutivo giudiziale, reputando le circostanze dedotte come questioni di merito sollevabili soltanto in sede di opposizione a decreto ingiuntivo;

– sulla impignorabilità delle somme staggite (in quanto imposte e tasse incassate dall’agente della riscossione ma da riversare agli enti creditori giusta il D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 42, comma 7-novies, convertito nella L. 27 febbraio 1999, n. 14), rilevava come l’opponente non avesse offerto prova della riferibilità delle somme a tasse riscosse, valutando a ciò inidonea la documentazione prodotta.

Ambedue i punti della decisione sono stati criticati in sede di appello in maniera specifica e circostanziata, con la deduzione di argomenti in punto di diritto astrattamente idonei a invalidare il percorso motivazionale della sentenza e a condurre ad un diverso esito della controversia.

Nell’atto di appello (trascritto nei sui passaggi fondamentali nel ricorso in esame, in ossequio al principio di autosufficienza) la Equitalia Sud S.p.A. ha infatti dedotto:

– in ordine al primo capo, la inconferenza del principio di diritto richiamato dal Tribunale, occorrendo invece verificare (attività integrante un potere-dovere officioso del giudice) la portata oggettiva del titolo esecutivo, l’efficacia precettiva dello stesso e la sua intrinseca idoneità a fondare la pretesa creditoria coattivamente azionata nonchè la sua azionabilità alla luce di un fatto (la estinzione del rapporto locatizio) successivo alla emissione dei provvedimenti monitori;

– in ordine al secondo capo, l’operatività di un diverso criterio di distribuzione dell’onere probatorio in tema di impignorabilità (per essere il procedente gravato della positiva dimostrazione dell’assoggettabilità ad esproprio delle somme), situazione comunque evincibile dalla dichiarazione di quantità del terzo pignorato.

Le censure in tal guisa articolate, idonee a soddisfare l’onere di motivazione dell’appello imposto dall’art. 342 c.p.c., dovevano essere vagliate nel merito dall’adito giudicante, la cui declaratoria di inammissibilità dell’appello va pertanto cassata, con rinvio a tal fine alla medesima Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione.

Al giudice di rinvio è affidata anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione terza La presente sentenza è stata redatta con la collaborazione del Magistrato assistente di studio, dott. Ro.Ra..

Civile, il 28 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2017

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