Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15351 del 25/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 25/07/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 25/07/2016), n.15351

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15480-2014 proposto da:

V.G. E C SNC, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BENACO 5, presso lo

studio dell’avvocato MARIA CHIARA MORABITO, rappresentata e difesa

dall’avvocato UMBERTO SANTI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

DIREZIONE PROVINCIALE BELLUNO AGENZIA ENTRATE;

– intimata –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 108/25/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di VENEZIA DEL 30/09/2013 depositata il 03/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito l’Avvocato UMBERO SANTI, difensore del ricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte osserva:

La CTR di Venezia ha dichiarato inammissibile l’appello della ” V.G. & C. snc” – appello proposto contro la sentenza n. 145/01/2010 della CTP di Belluno che aveva respinto il ricorso della menzionata contribuente – ed ha così confermato l’avviso di accertamento per IVA-IRAP relative all’anno 2005, avviso adottato sulla premessa che il ricarico dichiaratamente applicato dalla contribuente al costo del venduto fosse inferiore a quello minimo rilevabile nel settore di appartenenza.

La predetta CTR ha motivato la decisione evidenziando il difetto nell’appello “dei motivi specifici di censura alla sentenza appellata. Infatti l’appellante ha ignorato il fatto che appellata è la sentenza e che sulla stessa doveva propone motivi di appello, individuandone i punti di censura, in assenza dei quali rende impossibile a questa Commissione la valutazione dell’appello stesso, rendendolo di conseguenza inammissibile”.

La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’Agenzia non si è difesa se non con atto di costituzione tardiva volto alla conservazione della facoltà di partecipazione all’udienza di discussione.

Ai sensi dell’art.380 bis c.p.c. è stata depositata una relazione con cui il relatore ha concluso perchè il ricorso sia definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c., con l’accoglimento del medesimo.

La Corte non ritiene di aderire alla proposta della relazione, siccome sussiste ragione di nullità della sentenza impugnata, così come di quella di primo grado, sicchè si impone la rimessione della lite al giudice di primo grado.

Ed invero, preliminarmente rispetto all’esame dei motivi di impugnazione proposti dalla parte ricorrente, occorre pone rilievo (d’ufficio, in carenza di eccezione di parte) sulla questione dell’omessa pronuncia, da parte del giudice del merito e in controversia caratterizzata da litisconsorzio necessario tra le parti, sulla questione dell’integrazione del contradditorio.

Risulta invero che la Commissione Regionale, pur emergendo dagli atti di causa che vi erano altri ricorsi pendenti avanti alla stessa Commissione in relazione al medesimo accertamento concernente il predetto atto di imposta (con riguardo alle imposte accertate in capo ai soci della società, secondo il sistema della “trasparenza”, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 5 non ha affatto provveduto sulla questione relativa al necessario contraddittorio tra soci e società. Ed invero, l’esistenza di un litisconsorzio necessario tra i predetti soggetti (attesa la unitarietà dell’accertamento che li coinvolge), avrebbe imposto al giudicante di sollevare d’ufficio la questione, anche indipendentemente dall’espressa censura di parte.

Infatti, con nota pronuncia che ha determinato il cambiamento di un risalente indirizzo giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008), questa Corte ha avuto modo di evidenziare che:”In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio”.

Siffatto principio è stato di recente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 20.6.2012 n.10145) anche per ciò che concerne la tassazione “per trasparenza” dei soci, in conseguenza di un accertamento eseguito (come anche nel caso qui di specie) in relazione alla società per ciò che attiene all’IRAP (e senza che possa rivelarsi di qualche utilità la separazione delle cause con riferimento all’accertamento relativo alla sola IVA), sicchè non osta all’accoglimento della censura di parte ricorrente la circostanza che la vicenda si sia appunto originata da un accertamento in tema di Imposta regionale sull’attività produttiva.

Poichè è pacifico che nella specie qui in esame il contradditorio non sia stato integrato – nei confronti dei soci su cui si rifletterà il medesimo reddito societario, in proporzione al reddito da partecipazione ed alla conseguente IRPEF da essi dovuta – e poichè non risulta ricorrere nella specie di causa il presupposto esonerativo considerato da questa Corte nella sentenza n. 3830 del 18/02/2010 (atteso che non risulta che le pronunce siano state adottate coevamente anche a riguardo di altri soci diversi da V.G., il cui ricorso è pure pendente avanti a questa Corte, chiamato alla medesima adunanza camerale), in ossequio al principio sopra richiamato, non resta che annullare la pronuncia qui impugnata e rimettere la controversia al giudice di primo grado (la CTP di Belluno), affinchè provveda al rinnovo di tutta la procedura irritualmente esperita, previa l’integrazione del contradditorio nei confronti delle altre parti necessarie.

Le spese di lite possono essere integralmente compensate con riguardo ai pregressi gradi ed al presente giudizio.

PQM

La Corte, provvedendo sul ricorso, annulla la decisione impugnata e rinvia alla CTP di Belluno che, in diversa composizione e previa integrazione del contraddittorio tra le parti necessarie, provvederà nuovamente sul ricorso introduttivo. Spese di lite integralmente compensate.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016

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