Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15349 del 25/06/2010

Cassazione civile sez. II, 25/06/2010, (ud. 15/04/2010, dep. 25/06/2010), n.15349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antoni – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5327-2005 proposto da:

S.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato

FERRETTI GIAN ALBERTO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato SETTIMI MARIA GORETTI DOMENICA;

– ricorrente –

contro

WURZA SRL P.IVA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARCELLO

PRESTINARI 13, presso lo studio dell’avvocato RAMADORI GIUSEPPE, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato VALENTINI ALBERTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 228/2004 della CORTE D’APPELLO di TRENTO sez.

dist. Corte d’appello di Bolzano; depositata il 29/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/04/2010 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;

udito l’Avvocato FERRETTI Gian Alberto, difensore del ricorrente che

si è riportato alle conclusioni depositate;

udito l’Avvocato STELLA RICHTER Giorgio, con delega depositata in

udienza dell’Avvocato RAMADORI Giuseppe, difensore del resistente che

si è riportato anch’egli;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ordinanza del 14 aprile 1994, pronunciata ai sensi dell’art. 700 c.p.c., il Pretore di Bolzano autorizzò la s.r.l. Wurza ad accedere a locali di proprietà di S.V., per la sostituzione di una conduttura di scarico in un muro maestro di un edificio sito in quella città, delle cui singole unità immobiliari le parti erano rispettivamente proprietarie.

Il successivo giudizio di merito, promosso davanti allo stesso Pretore di Bolzano dalla s.r.l. Wurza, fu definito con sentenza del 20 novembre 1995, dichiarativa dell’incompetenza per valore del giudice adito.

Non essendo stata la causa riassunta nei termini, il Pretore dichiarò con ordinanza estinto il processo, su richiesta di S. V..

Quest’ultimo chiese allora, ai sensi dell’art. 669 novies c.p.c., che fosse dichiarato inefficace il provvedimento d’urgenza, intanto eseguito, e che fossero date le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione preesistente. La s.r.l. Wurza contestò la fondatezza di tali istanze, che furono accolte dal Pretore con ordinanza del 9 luglio 1997, poi però sospesa con un’ulteriore ordinanza del 10 settembre 1997.

Con sentenza del 22 dicembre 2003 il Tribunale di Bolzano – subentrato al Pretore in seguito all’entrata in vigore delle disposizioni istitutive del giudice unico di primo grado – dichiarò inefficace l’ordinanza del 14 aprile 1994, ma respinse le domande di riduzione in pristino e di risarcimento di danni proposte da S. V..

Impugnata da quest’ultimo, la decisione è stata confermata dalla sezione distaccata di Bolzano della Corte d’appello di Trento, che con sentenza del 29 novembre 2004 ha rigettato il gravame.

S.V. ha proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi. La s.r.l. Wurza si è costituita con controricorso. Sono state presentate memorie dall’una parte e dall’altra.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso S.V. lamenta che erroneamente è stata respinta la sua domanda di riduzione in pristino, la quale invece avrebbe dovuto essere senz’altro accolta, a norma dell’art. 669 novies c.p.c., in conseguenza dell’avvenuta dichiarazione di estinzione del giudizio di merito promosso dalla s.r.l. Wurza.

La resistente ha contestato la sussistenza di un effettivo interesse di S.V. a formulare tale doglianza, osservando che l’ordinanza del Pretore di Bolzano del 9 luglio 1997, sebbene poi sospesa, non è stata revocata ed è tuttora efficace. L’eccezione va disattesa, poichè la sentenza di primo grado confermata in appello, con la quale è stata rigettata la domanda di cui si tratta, ha assorbito e fatto venir meno il precedente diverso provvedimento adottato in corso di causa.

La s.r.l. Wurza ha altresì obiettato che la tesi del ricorrente è preclusa dal giudicato formatosi in seguito alla mancata impugnazione della sentenza pronunciata il 17 luglio 2003 tra le stesse parti dalla sezione distaccata di Bolzano della Corte d’appello di Trento, prodotta nel giudizio di secondo grado. Neppure questo assunto può essere condiviso, poichè quella causa aveva un oggetto diverso e nella sentenza che l’ha definita viene anzi specificamente menzionato questo distinto e autonomo giudizio.

Sebbene dunque ammissibile, la censura in esame non è fondata.

Per il disposto degli art. 669 octies e 669 novies c.p.c., nel testo originario applicabile nella specie ratione temporis, l’estinzione del giudizio di merito, come anche il suo mancato tempestivo inizio, comportavano automaticamente la perdita di efficacia dei provvedimenti cautelari emessi ante causava e la facoltà, per chi ne aveva subito l’esecuzione, di ottenere il ripristino della situazione precedente, salvi i casi di impossibilità materiale o giuridica (v.

Cass. 22 novembre 2001 n. 14755, 21 giugno 2002 n. 9054). Ciò tuttavia non implicava che il diritto a tutela del quale era stata disposta la misura ormai caducata non potesse essere ulteriormente fatto valere in un successivo giudizio di merito a cognizione piena.

E appunto al merito della controversia si è estesa, in seguito alle contestazioni della s.r.l. Wurza, la materia del contendere nel procedimento promosso da S.V., all’esito del quale correttamente il Tribunale, avendo ritenuto pienamente legittimo l’operato della società, non ha disposto la riduzione in pristino:

sarebbe stato incongruo imporre alla convenuta di rimuovere le opere in questione, riconoscendo al contempo il suo diritto a realizzarle.

Tale diritto viene contestato con il secondo motivo di ricorso, con cui si sostiene che ingiustificatamente il giudice di secondo grado lo ha ritenuto sussistente, senza esaminare la consulenza tecnica della parte appellante, nè ammettere le prove testimoniali che erano state dedotte a dimostrazione dei gravi danni conseguenti alla sostituzione della precedente conduttura di acque chiare con quella di acque nere installata dalla s.r.l. Wurza nel muro dell’edificio, in corrispondenza con il locale ad uso commerciale appartenente a S.V..

Neppure questa censura può essere accolta. Il giudice di secondo grado ha dato adeguatamente conto delle ragioni della decisione sul punto, richiamando le risultanze della consulenza tecnica di ufficio, secondo cui “le opere sono state effettuate in un muro maestro, non si vedono minimamente, non hanno comportato alcuna diminuzione di utilità, e non presentano alcun rischio attuale di infiltrazione”, dal che nella sentenza impugnata esattamente si è desunto – in conformità con la costante giurisprudenza di legittimità: v., per tutte, Cass. 11 febbraio 1999 n. 1162 – essersi trattato di “uso normale della cosa comune”.

D’altra parte, le deduzioni del ricorrente si risolvono nell’espressione di un mero dissenso dalle conclusioni esposte dal consulente tecnico di ufficio e in doglianze prive del requisito dell’autosufficienza, non essendo stato riportato il contenuto nè delle prove non ammesse, nè della consulenza tecnica della parte appellante, che peraltro il giudice di secondo grado ha vagliato, osservando che si era limitata a far riferimento “a un preteso fatto notorio, quale l’aggravio evidente che un immobile abbia dall’essere attraversato dalle acque nere, quasi che queste formino un rigagnolo e non siano viceversa convogliate in un robusto tubo all’interno di un muro da cui non promana alcuna esalazione di alcun tipo, come detto esplicitamente dal Ctu”.

Con il terzo motivo di ricorso S.V. lamenta che la Corte d’appello si è discostata dalla propria precedente sentenza del 17 luglio 2003, passata in giudicato, con la quale aveva deciso che anche in condominio composto, come nella specie, di due soli partecipanti, “le spese relative alla conservazione riparazione della cosa comune devono essere oggetto di regolare delibera”: deduce il ricorrente che invece la s.r.l. Wurza si era arbitrata, per ricavare diverse unità immobiliari dall’unico appartamento di cui era proprietaria, di modificare tutti gli scarichi, di alterare le strutture del tetto, di inserire numerosissime tubature nella facciata dell’edificio.

Anche questa censura va disattesa, poichè attiene a questioni che esulano dai limiti dell’oggetto di questo giudizio.

Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna del ricorrente a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 2.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 2.000,00 Euro per onorari.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2010

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