Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15349 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 03/06/2021), n.15349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30343-2019 proposto da:

CLEANPOWER SOGLIO SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI VILLA SACCHETTI, 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MARINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MASSIMILIANO LEONETTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 292//2/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LIGURIA, depositata il 05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. La soc. Cleanpower Soglio srl (già s.c.p.a. Cleanpower) proponeva innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Imperia ricorso avverso l’avviso di pagamento e l’avviso irrogazione sanzioni, notificati il 22/01/2014, con i quali l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, non riconoscendo alla contribuente il diritto all’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. b, aveva richiesto, rispettivamente, il pagamento della somma di Euro 48,00, per accise su energia elettrica relativa all’annualità 2010, e di Euro 322,78 a titolo di sanzioni pecuniarie interessi e spese.

2. La CTP accoglieva il ricorso sul rilievo che l’Amministrazione Finanziaria aveva con il proprio comportamento ingenerato nella ricorrente il convincimento della buona fede circa l’esistenza dell’esenzione dall’applicazione dell’accise.

3. Sull’appello dell’Agenzia delle Entrate la Commissione Tributaria Regionale della Liguria accoglieva parzialmente l’appello dichiarando dovuta l’accisa e non dovuta la sanzione. In particolare i giudici di secondo grado rilevavano: a) che la tutela dell’affidamento, riconosciuta dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, consentiva di disconoscere le sanzioni ma non incideva sulla debenza del tributo; b) che sussistevano una serie di elementi indiziari idonei fondare il convincimento che nella specie non si era verificata una cessione di energia a consociati in ragione di un principio mutualistico bensì la cessione a clienti in ragione di un contratto di somministrazione stipulata a meri fini di lucro, con conseguente inapplicabilità della invocata norma agevolatrice.

3. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente sulla base di un unico motivo. L’Agenzia delle Entrate si è costituita depositando controricorso.

4. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il motivo di impugnazione denuncia la ricorrente violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; si sostiene che l’impugnata sentenza avrebbe riconosciuto la carenza dei requisiti in tema di rapporto tra società consortile e consorziati sulla base del motivo che censurava solo l’assenza della buona fede, ossia la carenza dei requisiti per la disapplicazione delle sanzioni ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 10.

2 Il motivo è infondato.

2.1 Il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 1 (di seguito denominato per brevità “TUA”) stabilisce che “l’energia elettrica è sottoposta ad accisa, con l’applicazione delle aliquote di cui all’allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per l’energia elettrica prodotta per uso proprio”.

2.2 Obbligati al pagamento dell’accisa sono, tra gli altri, anche “gli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio” (art. 53 TUA, comma 1, lett. b), purchè non esclusi dal pagamento dell’imposta ai sensi del TUA, art. 52, comma 2. Non è, infatti, sottoposta ad accisa l’energia elettrica “prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza non superiore a 20 kW” (art. 52 TUA, comma 2, lett. a).

2.3 Orbene l’impugnata sentenza ha escluso la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dell’esenzione in quanto da plurimi elementi (costituiti dal rilevante numero dei soci del Consorzio, dall’esercizio di ciascun consorziato di differenti attività produttive svolte in diverse province, dalla mancanza di impianti di produzioni di proprietà della società, dalla trasformazione della società dalla forma consortile a quella societaria) si evinceva la cessione di energia dal Consorzio ai consociati non in regione di un principio mutualistico ma in forma di un contratto di somministrazione stipulato a meri fini di lucro.

2.4 Tale ratio decidendi trova piena corrispondenza nel secondo motivo di appello, il cui estratto è stato trascritto in ossequio al principio di autosufficienza nel controricorso, attraverso il quale l’Agenzia delle Entrate denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 52 TUA, comma 3, lett. b), deduceva che ” è di tutta evidenza quindi, che la ricorrente non ha integrato i requisiti tassativamente richiesti dalla norma agevolativa (tributaria), visto che la medesima società consortile, quale autonomo centro di imputazione di interessi propri e rapporti, con propria personalità giuridica, non ha consumato per sè, ma ceduto a terzi – o c. d. soci consorziati – l’energia elettrica asseritamente prodotta da fonti rinnovabili, per usi di soggetti “diversi da se””.

2.5 Pertanto, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, nel secondo motivo di appello l’Ufficio aveva dedotto l’insussistenza in capo alla società dei requisiti richiesti dalla norma agevolativa.

3. Il ricorso va quindi rigettato

4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

– rigetta il ricorso,

– condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 510 per compensi altre spese anticipate.

– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

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