Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15347 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 03/06/2021), n.15347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29903-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (CF (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI N.

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.L., B.P., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA G. GIOACCHINO BELLI 36, presso lo studio dell’avvocato LUCA

PARDINI, rappresentati e difesi dall’avvocato FILIPPO TACCHI;

– controricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 446/9/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA TOSCANA, depositata l’08/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. B.P. e C.L., in qualità di soci della società P.B. Art. snc estinta e cancellata a seguito di liquidazione volontaria, proponevano ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Lucca avverso il diniego di rimborso del credito Iva pari ad Euro 13.685,00

2. La CTP accoglieva il ricorso

3. Sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate la CTR della Campania rigettava l’appello rilevando l’irrilevanza, ai fini del diritto al rimborso del credito IVA, non contestato nè nell'”an” nè nel “quantum” dall’Ufficio, della mancata indicazione del credito nel bilancio finale di liquidazione.

4. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di unico motivo. I contribuenti si sono costituiti depositando controricorso.

5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con un unico motivo denuncia la ricorrente violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 ter, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si sostiene che la CTR ha erroneamente ritenuto fatto incontestato la sussistenza del credito al rimborso IVA e fatto malgoverno uso dei principi sull’onere probatorio in materia di richiesta di rimborso Iva.

2. Va preliminarmente disattesa l’eccezione preliminare dei resistenti di inammissibilità del ricorso per invalidità della notifica eseguita ad un indirizzo pec non estratto dal registro “RE.GI.NDE”. Il ricorso è stato notificato, a mezzo del servizio postale, presso l’indirizzo di residenza dei contribuenti. 2.1 Venendo al merito il motivo è infondato.

2.1 Va precisato che questa Corte ha avuto modo di precisare che “In tema di IVA, il credito di una società posta in liquidazione, relativo al rimborso dell’imposta, richiesto, a norma del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30, all’atto della dichiarazione IVA dell’ultimo anno di attività, non è condizionato dall’esposizione del credito stesso nel bilancio finale della società (nella specie assente, per essere stato quel credito ceduto), in quanto l’efficacia probatoria dei libri sociali, derivante dalla normativa pubblicistica, attiene ai rapporti di debito e credito inerenti all’esercizio dell’impresa, mentre la contabilità IVA, pur non avendo alcuna efficacia probatoria in tali rapporti, documenta comunque il debito fiscale, rendendone possibile il controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.” (Cass. 19938/2018 e nr 15637/2019).

2.2 Se la totale pretermissione del credito tributario nel bilancio finale di liquidazione non incide sul diritto al rimborso IVA in ragione della finalità di tale atto (estranea ai rapporti tra la società e l’Erario), è evidente che nemmeno un’imprecisione formale nel bilancio possa avere l’effetto di escludere il predetto diritto;

2.3 Nella fattispecie come risulta dall’estratto del bilancio riprodotto nel ricorso sono stati indicati i crediti complessivi senza specificare quelli vantati verso l’Erario a titolo di rimborso IVA (cfr. Cass. 8167/2019).

2.4 In definitiva l’omessa esposizione del credito Iva nel bilancio finale di liquidazione della società non è un elemento che può pregiudicare il diritto del contribuente al rimborso e pertanto sul punto le argomentazioni dell’impugnata sentenza sono conformi ai principi giurisprudenziali sopra esposti

2.5 Ciò premesso e venendo all’esame del profilo di censura che concerne la ritenuta sussistenza del crediti IVA in capo al contribuente va rilevato questa Corte ha avuto modo di precisare che ” Il principio di non contestazione, di matrice giurisprudenziale, e poi confluito all’intero dell’art. 115 c.p.c., costituisce un meccanismo di semplificazione processuale, per cui la parte gravata dall’onere della prova, in presenza della non contestazione della controparte, non deve provare i fatti costitutivi del proprio diritto (se attore) o quelli posti a fondamento delle proprie eccezioni (se convenuto). Anche al processo tributario – caratterizzato, al pari di quello civile, dalla necessità della difesa tecnica e da un sistema di preclusioni, nonchè dal rinvio alle norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili – è applicabile il principio generale di non contestazione che informa il sistema processuale civile (con il relativo corollario del dovere del giudice di ritenere non abbisognevoli di prova i fatti non espressamente contestati), il quale trova fondamento non solo negli artt. 167 e 416 c.p.c., ma anche nel carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena, nella generale organizzazione per preclusioni successive, che caratterizza in misura maggiore o minore ogni sistema processuale, nel dovere di lealtà e di probità previsto dall’art. 88 c.p.c., il quale impone alle parti di collaborare fin dall’inizio a circoscrivere la materia effettivamente controversa, e nel generale principio di economia che deve sempre informare il processo, soprattutto alla luce del novellato art. 111 Cost..

2.6 Nè assumono alcun rilievo, in contrario, le peculiarità del processo tributario, quali il carattere eminentemente documentale dell’istruttoria e l’inapplicabilità della disciplina dell’equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo (Cass. Civ., sez. 5, 24 gennaio 2007, n. 1540; più recentemente Cass. Civ., sez. 5, 18 maggio 2018, n. 12287, che lo limita, attesa l’indisponibilità dei diritti controversi, esclusivamente ai profili probatori del fatto non contestato e sempre che il giudice, in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo, non ritenga di escluderne l’esistenza)” (cfr. Cass. nr 23710/2018).

2.7 Orbene il giudizio sottoposto allo scrutinio di questa Corte trae origine dal rigetto da parte dell’Amministrazione Finanziaria dell’istanza di rimborso IVA fondata sulla seguente motivazione “non risulta nel bilancio finale di liquidazione il credito IVA richiesto a rimborso nè la cessione del relativo credito, venendo, così a mancare il soggetto legittimato a ricevere il rimborso”.

2.8 Come si evince dalla lettura delle controdeduzioni rassegnate dall’Ufficio nel giudizio primo grado e dall’atto di appello, i cui estratti sono stati riprodotti nel ricorso per Cassazione, l’Amministrazione Finanziaria ha addotto quale unico motivo ostativo al preteso rimborso IVA, la mancata esposizione del credito nel bilancio finale di liquidazione.

2.9 L’Agenzia dell’Entrate, quindi, tanto in sede amministrativa quanto in quella giudiziale non ha mai messo in discussione l’esistenza e l’ammontare del credito IVA sicchè correttamente i giudici di seconde cure hanno ritenuto tale fatto pacifico tra le parti ai sensi dell’art. 115 c.p.c..

2.10 Di conseguenza è stato fatto buon uso del criterio di ripartizione dell’onere probatoria in materia di richiesta di rimborso.

3. Il ricorso va, quindi, rigettato

4 Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

– rigetta il ricorso

– Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 2.300 per compensi oltre ad Euro 200 per spese, rimborso forfettario ed accessori di legge;

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

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