Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15344 del 12/07/2011

Cassazione civile sez. III, 12/07/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 12/07/2011), n.15344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16615/2010 proposto da:

D.L. (OMISSIS), Q.M.P.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PAOLUCCI

DE1 CALBOLI FULGIERI 5, presso lo studio dell’avvocato RICCO

FRANCESCO, rappresentati e difesi dall’avvocato RAGO Carmine, giusta

mandato in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

V.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA A. EMO 144, presso lo STUDIO LEGALE COMMERCIALE SORRENTINO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAUTONE TULLIO, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

ITALFONDIARIO SPA (già Istituto Italiano di Credito Fondiario SpA)

nella sua qualità di procuratore della SPV IEFFE TRE SRL in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA., VIA ARCHIMEDE 19, presso lo studio dell’avv. OTTAVIO DE

HIPPOLYTIS, che la rappresenta e difende, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 565/2009 del TRIBUNALE di VALLO DELLA LUCANIA,

depositata il 03/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p.1. D.L. e Q.M.P. hanno proposto ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, avverso la sentenza del 3 luglio 2009, con la quale il Tribunale di Vallo della Lucania ha rigettato l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., proposta da essi ricorrenti, nella qualità di debitori esecutati nella procedura esecutiva immobiliare contro di loro introdotta dall’Istituto Italiano di Credito Fondiario (poi divenuto Italfondiario s.p.a.), per ottenere la declaratoria della nullità del pagamento, da parte dell’aggiudicatario V. A., del prezzo di aggiudicazione dei beni staggiti.

Hanno resistito al ricorso con distinti controricorsi il V. e la s.p.a. Italfondiario, nella sua qualità di procuratrice della SVP IEFFE TRE s.r.l., a sua volta cessionaria del credito per cui si era proceduto ad esecuzione forzata.

p.2. Essendo il ricorso soggetto alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e prestandosi ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

p. 3. I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si sono svolte le seguenti considerazioni:

“(…) 3. – Il ricorso appare inammissibile.

Il primo motivo – con cui si deduce omessa motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione art. 366 bis c.p.c. (sic) – Travisamento del fatto – presenta tre gradate ragioni di inammissibilità.

La prima riguarda il riferimento al travisamento del fatto, che avrebbe dovuto dedursi con il mezzo di impugnazione della revocazione e non con il mezzo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (per tutte Cass. n. 213 del 2007, secondo cui il travisamento dei fatti non può costituire motivo di ricorso per cassazione poichè, risolvendosi nell’inesatta percezione, da parte del giudice, di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, costituisce un errore denunciabile con il mezzo della revocazione ex art. 395 cod. proc. civ., n. 4; da ultimo, Cass. n. 15702 del 2010).

La seconda ragione di inammissibilità è l’inosservanza dell’art. 366 bis c.p.c., giacchè, se il motivo fosse effettivamente riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 5, dovrebbe concludersi o comunque contenere il c.d. momento di sintesi della chiara indicazione, cui alludeva l’ora abrogato art. 366 bis (in termini, ex multis, Cass. sez. un. n. 20603 del 2007).

La terza ragione è che il motivo non rispetta l’art. 366 c.p.c., n. 6, norma che costituisce il precipitato normativo della ed.

autosufficienza dell’esposizione del motivo di ricorso per cassazione: infatti, si dice che la sentenza sarebbe stata su un presupposto inerente il motivo di opposizione svolto errato, perchè esso sarebbe stato, in realtà, un altro diverso, ma non si individua dove e come tale motivo sarebbe stato dedotto nell’atto di opposizione. In tal modo si omette l’indicazione specifica dell’atto su cui il motivo si fonda.

Il secondo motivo – deducente violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 41, comma 4 e art. 14, n. 1, lett. A), nonchè dell’art. 587 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, appare a sua volta inammissibile, sia perchè si conclude con un quesito del tutto astratto e privo di riferimenti alla fattispecie concreta ed alla decisione impugnata, sia perchè non individua la parte o le parti della motivazione della sentenza impugnata con le quali sarebbe stato commesso la dedotta violazione di norme di diritto, sia, gradatamente, perchè non si fa carico di criticare l’ampia motivazione della sentenza impugnata (intera pagina due della sentenza ed inizio della tre), così presentandosi come inidoneo ad assolvere allo scopo proprio del motivo di impugnazione (si veda, in termini, Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerosi conformi)”.

p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, riguardo alle quali la memoria muove dei rilievi privi di idoneità a superale.

Infatti:

a) riguardo al rilievo che con il primo motivo si è denunciato “travisamento del fatto”, la memoria sostiene che tale qualificazione, peraltro dedotta con un “anche” non sarebbe fedele all’illustrazione del motivo, ma non spiega perchè, nel mentre nella seconda proposizione della pagina tre del ricorso (peraltro in presenza di denuncia nel motivo di una “omessa motivazione”) si dice espressamente che “tale presupposto è erroneo, perchè si era dedotto, invece …”, il che evoca proprio un travisamento;

b) riguardo al secondo rilievo mosso dalla relazione al primo motivo il Collegio osserva che la memoria omette di confrontarsi, come invece richiederebbe la stessa funzione del progetto di decisione contenuto nella relazione, con il precedente citato in quest’ultimo, cioè sia di indicare quale sarebbe il momento di sintesi contenuto nella illustrazione del motivo idoneo ad esprimere la “chiara indicazione” ed quali termini avrebbe questa idoneità: infatti, la memoria si limita solo a prospettare che il fatto controverso sarebbe stato indicato nella seguente espressione: “…si era dedotto, invece, che l’aggiudicataria, in violazione sia dell’ordinanza di vendita che del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 41, comma 4, aveva versato l’intero prezzo di aggiudicazione alla SPVIEFFE TRE s.r.l., cioè ad un soggetto non legittimato, perchè del tutto estraneo alla procedura”. In tal modo, non solo erroneamente si identifica il momento di sintesi con la sola indicazione del fatto controverso, ma non è dato comprendere nemmeno come l’espressione appena riportata possa integrare tale fatto, atteso che sia il riferimento alla “violazione”, sia alla non legittimazione tutto sono altro che fatti, evocando vere e proprie valutazioni;

c) quanto al rilievo di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, il Collegio rinvia alla consolidata giurisprudenza di questa Corte su tale norma (per tutte Cass. sez. un. n. 28547 del 2008 e n. 7161 del 2010, fra tantissime: in esse trovano ampia spiegazione e giustificazione i rilievi della relazione. I ricorrenti si sarebbero dovuti confrontare con questa giurisprudenza;

d) con riferimento al primo rilievo di inammissibilità del secondo motivo circa l’astrattezza del quesito (che è del seguente tenore:

“Dica, pertanto, la Suprema Corte se, in tema di esecuzione immobiliare, il pagamento, da parte dell’aggiudicatario, del prezzo o di parte di esso a soggetto non legittimato costituisca o meno causa di decadenza dall’aggiudicazione”, il Collegio rileva quanto segue:

l’art. 366 bis c.p.c., quando esigeva che il quesito di diritto dovesse concludere il motivo, imponeva che la sua formulazione non si presentasse come la prospettazione di un interrogativo giuridico del tutto sganciato dalla vicenda oggetto del procedimento, bensì evidenziasse la sua pertinenza ad essa. Invero, se il quesito doveva concludere l’illustrazione del motivo ed il motivo si risolve in una critica alla decisione impugnata e, quindi, al modo in cui la vicenda dedotta in giudizio è stata decisa sul punto oggetto dell’impugnazione, appariva evidente che il quesito, per concludere l’illustrazione del motivo, dovesse necessariamente contenere un riferimento riassuntivo ad esso e, quindi, al suo oggetto, cioè al punto della decisione impugnata da cui il motivo dissentiva, sì che risultasse evidenziato – ancorchè succintamente – perchè l’interrogativo astratto era giustificato in relazione alla controversia per come decisa dalla sentenza impugnata. Un quesito che non avesse presentato questo contenuto doveva reputarsi un non- quesito (si veda, in termini, fra le tante, Cass. sez. un. n. 26020 del 2008; nonchè n. 6420 del 2008; si veda anche Cass. sez. un. n. 3519 del 2008). Nella specie il sopra riportato quesito non solo non rispetta questi principi, essendo articolato senza alcun riferimento pur succinto alla vicenda processuale concreta ed alla motivazione della sentenza impugnata;

e) con riguardo al secondo rilievo di inammissibilità relativo al secondo motivo i ricorrenti si limitano ad osservare che il precedente richiamato è dello stesso relatore, che, dunque, avrebbe citato se stesso: il Collegio rileva che il precedente è della Corte ed è seguito da numerose decisioni conformi sempre della Corte (ex multis: Cass. n. 5454 del 2005; 8975 del 2005; 15395 del 2005; 1315 del 2006; 5444 del 2006; 5895 del 2006; 7607 del 2006; 2540 del 2007;

18209 del 2007; 18210 del 2007) espresso in forma diversa, ma sostanzialmente conforme, da numerose altre (ex multis: Cass. n. 21490 del 2005);

f) in fine, quanto al terzo rilievo di inammissibilità relativo al secondo motivo, che la memoria definisce “sconcertante”, il Collegio rimanda, fra le tante, a Cass. n. 828 del 2006, n. 14832 del 2007 e n. 5353 del 2007.

p.3. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza a favore di ciascuna delle parti resistenti e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione alle parti resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate a favore di ognuna in euro quattromila, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2011

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