Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15343 del 20/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/06/2017, (ud. 25/05/2017, dep.20/06/2017),  n. 15343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23692/2014 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

44, presso lo studio dell’avvocato MARCO DE FAZI, rappresentata e

difesa dagli avvocati STEFANO BERTONE, RENATO AMBROSIO e STEFANO

MARIA COMMODO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE – C.E. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1427/2013 del TRIBUNALE di CAGLIARI,

depositata il 24/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 25/05/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. C.F. ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, contro il Ministero della Salute, avverso la sentenza n. 1427 del 24 aprile 2013, con la quale il Tribunale di Cagliari respingeva la domanda di risarcimento del danno derivato, a suo dire, dal contagio da virus di HCV trasmessole dal marito, che a sua volta era stato contagiato da emotrasfusioni.

Il ricorso è stato proposto a seguito della declaratoria da parte della Corte d’Appello di Cagliari, con ordinanza del 18 giugno 2014, pronunciata ex art. 348-bis c.p.c., dell’inammissibilità dell’appello della ricorrente ed è rivolto “per quanto di ragione” anche contro tale ordinanza, benchè i sei motivi che propone riguardino solo la sentenza.

2. Al ricorso il Ministero ha resistito con controricorso.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta inammissibilità. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta è stato notificato agli avvocati della delle parti.

4. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Il Collegio rileva che, come indicato nella proposta del relatore, il ricorso appare manifestamente inammissibile nei confronti dell’ordinanza perchè i motivi non sono svolti con riferimento ad essa.

Appare, invece, inammissibile contro la sentenza di primo grado per inosservanza dell’art. 366, n. 3, in quanto nell’esposizione del fatto non riferisce in alcun modo i motivi per i quali avverso detta sentenza era stato proposto appello, limitandosi a dire che erano stati proposti cinque motivi di gravame.

Ora, già nelle ordinanze nn. 8940, 89412, 8942 e 8943 del 2014 era stato sottolineata la ragione per cui, in sede di impugnazione della sentenza di primo grado dopo ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello, è necessario che l’esposizione del fatto indichi i motivi dell’appello. L’orientamento è consolidato: si vedano: Cass. (ord.) n. 10722 del 2014; (ord.) n. 2784 del 2015; da ultimo (ord.) n. 26936 del 2016, ex multis).

L’orientamento è avallato da Cass., Sez. Un. n. 10876 del 2015.

2. La ricorrente nella memoria omette di farsi carico del rilievo ex art. 366 c.p.c., n. 3 e, non considerando che la proposta ha rilevato che nessuno dei motivi del ricorso è rivolto contro l’ordinanza ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., argomenta inutilmente, se ben si comprende quanto dedotto al punto A), che bene è stata impugnata la sentenza di primo grado. Ma ciò non è stato oggetto di dubbio nella proposta.

In secondo luogo, sostiene del tutto infondatamente che il quinto motivo sarebbe stato rivolto contro l’ordinanza, ma la critica in esso svolta, dopo il rilievo che “l’ordinanza (che) ha dichiarato inammissibile il gravame senza altra disamina dei profili di merito”, si muove con l’espressa precisazione che “non rimane, allo stato, che richiamare come integralmente trascritte le difese e istanze tutte svolte e dedotte nel giudizio di primo grado…”, il che è in manifesta contraddizione con l’assunto, perchè sottende un relazionarsi alla sentenza di primo grado. Tanto è dirimente anche senza dare rilievo ai limiti in cui le Sezioni Unite (nella sentenza n. 1914 del 2016) hanno riconosciuto l’impugnabilità dell’ordinanza ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c..

3. Il Collegio, conseguentemente, rileva che il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.

4. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemilacinquecento, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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