Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15341 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 15341 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA
sul ricorso 1101-2014 proposto da:
GRANOZIO GAETANINA (CRGGNN44M66E026J), elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dagli avvocati DANTE STABILE, ANNA
AMANTEA giusta mandato speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (01165400589), in
persona del Dirigente con incarico di livello generale, Direttorre della
Direzione Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV

Data pubblicazione: 21/07/2015

NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA
ROMEO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIA
PUGLISI giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE (80078750587), in persona del legale rappresentante pro
tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO
PREDEN, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, LIDIA
CARCAVALLO giusta procura speciale a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 1031/2013 della CORTE D’APPELLO di
SALERNO del 3/7/2013, depositata il 9/7/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/5/2015 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;
uditi gli Avvocati DANTE STABILE e ANNA AMANTEA, difensori
della ricorrente che si riportano agli atti;
udito l’Avvocato SERGIO PREDEN difensore del controricorrente e
ricorrente incidentale che chiede rigettarsi il ricorso principale con
assorbimento di quello incidentale;
udito l’Avvocato LUCIA PUGLISI difensore dell’I.N.A.I.L. che si
riporta ai propri scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata in data 9/7/2013 la Corte di appello di
Salerno confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva
Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
-2-

nonché contro

rigettato la domanda proposta da Gaetanina Granozio intesa ad ottenere
il riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva per
esposizione all’amianto ex art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992 e
successive modifiche, in relazione all’attività lavorativa svolta alle
dipendenze della Marzotto Sud S.p.A.. Differenti erano state le ragioni

Il giudice di primo grado aveva, infatti, ritenuto che nella specie fosse
maturata la decadenza di cui all’art. 47, comma 5, del D.L. n. 269/2003,
convertito nella legge n. 326/2003 per avere il ricorrente presentato
domanda all’I.N.A.I.L. dopo la scadenza del termine di 180 giorni
fissato da tale disposizione. La Corte territoriale, superata
preliminarmente la questione della necessità di una domanda
amministrativa (in ragione del fatto che la Granozio, non rientrando
nella disciplina di cui all’art. 47, comma 5, del d.l. n. 269/2003, non era
tenuta obbligatoriamente alla presentazione di tale domanda e,
comunque, del fatto che una domanda era stata presentata all’I.N.A.I.L.)
escludeva che si fosse verificata la decadenza “speciale” di cui all’art. 47,
comma 5, del D.L. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003
(essendo l’assicurata titolare di pensione da epoca precedente l’entrata in
vigore dell’art. 47 del D.L. n. 269/2003) nonché quella “generale” di cui
all’art. 47 della legge n. 639/1970 (ritenendo che tale decadenza non
potesse trovare applicazione in assenza di un obbligo di domanda
amministrativa); rigettava tuttavia il gravame ritenendo che fosse
maturata la prescrizione decennale decorrente dalla data di
pensionamento (rilevando che, senza ulteriori atti interruttivi, la
domanda giudiziaria nei confronti dell’I.N.P.S. era stata presentata dopo
la scadenza del suddetto termine di prescrizione).
Avverso tale sentenza Gaetanina Granozio propone ricorso per
cassazione fondato su due motivi.
Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
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che avevano indotto i giudici di merito a respingere l’azionata domanda.

Resistono con controricorso l’I.N.A.I.L. e l’I.N.P.S. e quest’ultimo
formula altresì ricorso incidentale condizionato.
La ricorrente e l’I.N.P.S. hanno depositato memorie ai sensi dell’art.
378 cod. proc. civ..

MOTIVI DELLA DECISIONE

erronea applicazione degli artt. 2934, 2935, 2938 cod. civ., 112, 329, 346
e 436 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.). Si duole del
fatto che il diritto alla rivalutazione contributiva non sia stato
considerato imprescrittibile, dovendosi ritenere, invece, colpiti da
prescrizione i ratei maturati oltre il termine decennale. Lamenta in ogni
caso che non sia stato considerato che la fondatezza dell’eccezione di
prescrizione per mancato esercizio del diritto comporta l’esistenza di un
diritto che non viene esercitato laddove, nel caso di specie, se pure
potesse prefigurarsi una nascita ex lege del diritto alla maggiorazione
contributiva, era necessaria per la sua sussistenza una “correlazione con
il relativo presupposto” e cioè che fosse accertata l’avvenuta esposizione
ultradecennale

al

rischio

qualificato

amianto.

Sostiene,

conseguentemente, che il dies a quo per la decorrenza del termine
prescrizionale non potesse essere individuato nella erogazione della
prestazione pensionistica non integrata ma nel rilascio della
certificazione da parte dell’I.N.A.I.L. (solo da questo momento, infatti, il
diritto poteva essere fatto valere). Si duole anche del fatto che la Corte
territoriale abbia ritenuto fondata una eccezione di prescrizione
(“quinquennale ovvero decennale dei ratei”) solo genericamente
sollevata dall’I.N.P.S..
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’omessa decisione
in ordine all’ammissione delle prove per testi ed alla nomina di un

Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
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1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione ed

consulente tecnico d’ufficio per l’accertamento dell’esposizione
ambientale a rischio amianto.
3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’I.N.P.S. denuncia la
violazione degli artt. 7 e 8 della legge 11 agosto 1973, n. 533 e dell’art.
443 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). Censura la sentenza

assenza di preventiva domanda amministrativa di prestazione all’I.N.P.S.
e della conseguente non assoggettabilità dell’azione giudiziaria alla
decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639/1970.
4. Il primo motivo di ricorso principale non è fondato (e determina
l’assorbimento del secondo motivo di ricorso principale oltre che del
ricorso incidentale).
Quanto al rilievo relativo alla genericità dell’eccezione di
prescrizione formulata dall’I.N.P.S., questa Corte ha già da tempo
affermato che, in tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo
della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in
giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per
il verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una “quaestio imis”
concernente l’identificazione del diritto stesso e del regime
prescrizionale per esso previsto dalla legge. Ne consegue che la riserva
alla parte del potere di sollevare l’eccezione implica che ad essa sia fatto
onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di
manifestare la volontà di profittare di quell’effetto, non anche di indicare
direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della
durata dell’inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l’identificazione
delle quali spetta al potere – dovere del giudice, di guisa che, da un lato,
non incorre nelle preclusioni di cui agli artt. 416 e 437 cod. proc. civ. la
parte che, proposta originariamente un’eccezione di prescrizione
quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione
Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
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impugnata nella parte in cui ha ritenuto proponibile la domanda pur in

ordinaria decennale, o viceversa; e, dall’altro lato, il riferimento della
parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere officioso di
applicazione (previa attivazione del contraddittorio sulla relativa
questione) di una norma di previsione di un termine diverso – cfr. Cass.
Sez. un. n. 10955 del 25 luglio 2002; id. Cass. n. 21377 del 10 novembre

maggio 2007; Cass. n. 21752 del 22 ottobre 2010; Cass. n. 1064 del 20
gennaio 2014 -.
Nella fattispecie, quindi, la Corte di appello, nell’esaminare
l’eccezione di prescrizione (tempestivamente sollevata dall’I.N.P.S. in
sede di comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado e
riproposta in sede di appello), ben poteva d’ufficio, nell’ambito della
Ct

quaestio iuzis” ritualmente devolutale, non solo determinare il regime

prescrizionale applicabile, bensì anche identificare il termine di
decorrenza della prescrizione stessa.
Quanto alle ulteriori censure, vanno innanzitutto rilevati alcuni
profili di inammissibilità.
A sostegno della imprescrittibilità del diritto per cui è causa la
ricorrente richiama la pronuncia di questa Corte a sez. unite n. 10955 del
25/7/2002 ed il passaggio contenuto nella stessa secondo cui:
“….ferma restando l’imprescrittibilità del diritto alla prestazione
previdenziale o assistenziale garantita dall’art. 38 Cost. in quanto
connesso ad uno status del cittadino, si prescrivono (oppure da essi si
può decadere), invece, i diritti esclusivamente patrimoniali, cioè i singoli
crediti periodicamente risorgenti (che maturano per ciascun mese o da
scadenza di un periodo più lungo), in quanto sono espressione del
diritto alla prestazione e vengono denominati

ratei”. Tuttavia la

ricorrente non specifica le ragioni per le quali il beneficio di cui si
discute dovrebbe essere assimilato ad alcuno dei diritti presi in
Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
-6-

2004; Cass. n. 25025 del 24 novembre 2006; Cass. n. 11843 del 22

considerazione nella decisione sopra citata. Né invero risulta denunciata
una qualche illogicità giuridica nella ricostruzione dell’intero sistema
normativo in relazione alla, da una parte, ritenuta insussistenza di un
obbligo di domanda amministrativa e correlativa esclusione della
decadenza “generale” di cui all’art. 47 della legge n. 639/1970 (questioni

formato il giudicato in ragione del ricorso incidentale proposto
dall’I.N.P.S.) e, dall’altra, ritenuta maturata prescrizione.
In ogni caso la giurisprudenza di questa Corte ha ormai da tempo
affermato, anche con riferimento alle domande giudiziarie avanzate da
soggetti già pensionati, che ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo
della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare
dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di
determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che,
seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi,
strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia,
operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri
e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in
base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico. E’ stato
così innanzitutto chiarito: “È opportuno anche rilevare che dal sistema è
ricavabile l’onere degli interessati di proporre all’istituto gestore
dell’assicurazione pensionistica la domanda di riconoscimento del
beneficio per esposizione all’amianto, nonostante incertezze lessicali del
legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)”. E’ stato, poi, precisato che “nel
caso di specie si tratta di rivalutare non già l’ammontare di singoli ratei
bensì i contributi previdenziali necessari a calcolare la pensione
originaria” – Cass. 12685 del 19 maggio 2008; Cass. n. 7527 del 29
marzo 2010; Cass. n. 8926 del 19 aprile 2011; Cass. n. 6331 del 19
marzo 2014; Cass. n. 7934 del 4 aprile 2014; Cass. n. 13578 del 13
Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
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collegate a quella per cui è causa e sulle quali, peraltro, non può dirsi

giugno 2014 – ed anche specificato che neppure è validamente
invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in
quanto “tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole
azioni relative alla costituzione della posizione contributiva. E del
carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e

contributivo per esposizione all’amianto sembra non potersi dubitare,
stanti i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione
in materia” – cfr. Cass. n. 1629 del 3 febbraio 2012; id. Cass. n.
11400 del 6 luglio 2012; Cass. n. 14531 del 16 agosto 2012; Cass. n.
14472 del 14 agosto 2012; Cass. nn. 20031 e 20032 del 15 novembre
2012; Cass. n. 27148 del 4 dicembre 2013; Cass. n. 4778 del 27 febbraio
2014 -. L’affermazione che la protezione costituzionale del diritto
previdenziale – che ne determina l’imprescrittibilità – “non si estende a
tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione
contributiva” era stata già contenuta nelle decisioni di questa Corte n.
7138 del 29 marzo 2011 e n. 12052 del 31 maggio 2011.
In senso analogo si è espressa Cass. n. 11399 del 6 luglio 2012 che
ha valorizzato la circostanza che l’esposizione all’amianto e la sua durata
sono “fatti” la cui esistenza è conosciuta soltanto dall’interessato,
tenuto, pertanto, a portarli a conoscenza dell’ente previdenziale onerato
dell’applicazione del moltiplicatore contributivo attraverso un’apposita
domanda amministrativa e a darne dimostrazione.
Nella sentenza n. 6382 del 24 aprile 2012, e con riguardo alla
questione della decadenza “generale” di cui all’art. 47, si è ancora più
espressamente operata una distinzione tra il diritto per cui è causa ed il
diritto a pensione così precisandosi: “La richiamata decisione di questa
Corte n. 12720/2009 appare non pertinente nel caso in esame perché,
come già detto, nella presente controversia non si dibatte del diritto
Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
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dell’azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio

all’adeguamento della prestazione previdenziale già ottenuta. La
sollevata questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art.
47 per violazione dell’art. 38 Cost. (…..) appare comunque
manifestamente infondata in quanto il termine decadenziale appare
congruo in ordine ad una piena ed effettiva tutela e garanzia

nel caso in esame – peraltro non viene affatto travolto in quanto tale
dalla norma in discussione. Si tratta di benefici aggiuntivi che, richiesti in
via amministrativa, andavano poi rivendicati entro un termine del tutto
ragionevole, al Giudice, il che non è avvenuto per fatto addebitabile al
ricorrente, il quale certamente così agendo non ha perso l’effettività del
diritto (nel suo nucleo sostanziale) riconosciutogli all’art. 38 Cost.”.
Va anche richiamata la pronuncia della Corte cost. 26 febbraio 2010,
n. 71 che, ribadendo che il diritto a pensione, come già affermato dalla
precedente Corte cost. 22 luglio 1999, n. 345, è “fondamentale,
irrinunciabile e imprescrittibile”, ha dichiarato non fondata la questione
di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 504, della 1. 24 dicembre
2007, n. 244, osservando che “la norma censurata non contrasta, poi,
con gli arti. 31 e 37 della Costituzione, in quanto non incide sull’an del
diritto alla pensione, ma solo marginalmente sul quantum; laddove il
mancato aumento del trattamento previdenziale goduto da chi, alla data
di entrata in vigore del d.lgs. n. 151 del 2001, già era in pensione, non
vale a far considerare tale emolumento insufficiente ai fini della tutela
imposta dalle norme costituzionali indicate”.
La giurisprudenza di legittimità è, dunque, ormai attestata sulla
configurabilità del beneficio della rivalutazione contributiva della
posizione assicurativa come un diritto autonomo rispetto al diritto a
pensione (solo questo primario ed intangibile – Cass., sez. un., 10 giugno
2003, n. 9219 -) che sorge in conseguenza del “fatto” della esposizione
Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
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dell’interesse costituzionalmente garantito del diritto a pensione, che –

ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un
certo qual modo natura risarcitoria, e ciò perché nel sistema
assicurativo-previdenziale la posizione assicurativa, nonostante la sua
indubbia strumentalità, “costituisce una situazione giuridica dotata di
una sua precisa individualità”, potendo spiegare effetti molteplici, anche

autonomo accertamento.
Non si è, allora, in presenza di una prestazione previdenziale a sé
stante ovvero di una pretesa all’esatto adempimento di una prestazione
previdenziale (pensione) riconosciuta solo in parte ma di una situazione
giuridica ricollegabile ad un “fatto” in relazione al quale viene ad essere
determinato – in via meramente consequenziale -, con la maggiorazione,
il contenuto del diritto alla pensione (“la disposizione di cui all’art. 13,
comma 8, della legge n. 257 del 1992 [•••] non ha istituito una nuova
prestazione previdenziale, ma soltanto un sistema più favorevole di
calcolo della contribuzione per la determinazione della pensione” – così
Corte cost. 20 novembre 2008, n. 376 -).
Il lavoratore, laddove abbia la consapevolezza della esposizione ad
amianto, può, a prescindere dalla questione se sia o meno pensionato e
da quando, agire in giudizio, previa domanda amministrativa, per far
valere il suo autonomo diritto. Non, dunque, per rivendicare una
componente essenziale del credito previdenziale da liquidarsi ovvero già
liquidato (parzialmente), bensì per chiedere qualcosa di nuovo e di
autonomo.
Alla luce del suddetto orientamento (confermato dalla recentissima
Cass. n. 17941 del 13 agosto 2014) non vi è ragione per non ritenere
che, proprio perché vi è differenza tra diritto alla rivalutazione
contributiva e diritto alla pensione nonché diritto ai singoli ratei, la

Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
-10-

successivamente alla data del pensionamento, e costituire oggetto di

prescrizione del diritto alla rivalutazione è definitiva e non può incidere
solo sui singoli ratei (di maggiorazione).
Nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha ritenuto, con una
motivazione in fatto che non ha formato oggetto di specifica censura da
parte della ricorrente (ancorché nella prospettiva della novella di cui

convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, nei termini chiariti da Cass.,
Sez. Un., n. 8053 del 7 aprile 2014), che detta consapevolezza fosse
coincisa con il pensionamento (essendo già a tale data “nota e
rimediabile la lesione del già maturato diritto alla maggiorazione
contributiva, in sussistenza delle medesime condizioni di esposizione
all’amianto già accertate da questa Corte con sentenza n. 1169/2010 del
27/10/2010 ed altre successive”); era da tale momento che la lavoratrice
poteva agire in giudizio.
Né vale ad incidere sul regime della prescrizione nei termini indicati,
il richiamato art. 1, comma 115, della legge n. 190 del 23/12/2014,
trattandosi di norma che attribuisce solo ad alcune categorie di assicurati
ed in presenza di determinati presupposti (e così, in particolare, agli
assicurati “all’assicurazione generale obbligatoria, gestita dall’I.N.P.S., e
all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, gestita
dall’I.N.A.I.L., dipendenti da aziende che hanno collocato tutti i
dipendenti in mobilità per cessazione dell’attività lavorativa, i quali
abbiano ottenuto in via giudiziale definitiva l’accertamento
dell’avvenuta esposizione all’amianto per un periodo superiore a dieci
anni e in quantità superiori ai limiti di legge e che, avendo
presentato domanda successivamente al 2 ottobre 2003, abbiano
conseguentemente ottenuto il riconoscimento dei benefici previdenziali
di cui all’articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326″) il
Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
-11-

all’art. 54, primo comma, lett. b, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83,

più favorevole incremento contributivo di cui all’art. 13, co. 8, 1. 27
marzo 1992 n. 257, a condizione che ottemperino all’onere di presentare
all’I.N.P.S. apposita istanza amministrativa entro il termine del 30
giugno 2015 (come prorogato dall’art. 12 vicies bis del D.L. 31 dicembre
2014, n. 192 convertito con modificazioni nella legge 27 febbraio 2015,

possono avere decorrenza anteriore al 1° gennaio 2015”.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso principale
deve essere rigettato (con assorbimento di quello incidentale).
6. La controvertibilità e complessità delle questioni trattate giustifica
la compensazione tra le parti delle spese processuali.
7. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo
posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità
dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo
introdotto dall’art. 1, comma 17 legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero,
in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della
sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore
contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale
pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al
fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa
valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per
l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la
previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano
funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle,
pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. Un. n.
22035/2014).

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito

Ric. 2014 n. 01101 sez. ML – ud. 20-05-2015
-12-

n. 11) e con l’ulteriore delimitazione che “le prestazioni conseguenti non

l’incidentale condizionato; compensa le spese del presente giudizio di
legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della

unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis
dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma O maggio 2015.

ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo

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