Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15340 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 15340 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA
sul ricorso 330-2014 proposto da:
APICELLA VINCENZA (PCLVCN47L60C361M), elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dagli avvocati DANTE STABILE, ANNA
AMANTEA giusta mandato speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (01165400589), in
persona del Dirigente con incarico di livello generale, Direttorre della
Direzione Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV
3388

Data pubblicazione: 21/07/2015

NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA
ROMEO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIA
PUGLISI giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE (80078750587), in persona del legale rappresentante pro
tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO
PREDEN, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, LIDIA
CARCAVALLO giusta procura speciale a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 972/2013 della CORTE D’APPELLO di
SALERNO del 3/7/2013, depositata il 4/7/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/5/2015 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;
uditi gli Avvocati DANTE STABILE e ANNA AMANTEA, difensori
della ricorrente che si riportano agli atti;
udito l’Avvocato SERGIO PREDEN difensore del controricorrente e
ricorrente incidentale che chiede rigettarsi il ricorso principale con
assorbimento di quello incidentale;
udito l’Avvocato LUCIA PUGLISI difensore dell’I.N.A.I.L. che si
riporta ai propri scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata in data 4/7/2013 la Corte di appello di
Salerno confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva
Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
-2-

nonchè contro

rigettato la domanda proposta da Vincenza Apicella intesa ad ottenere il
riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva per
esposizione all’amianto ex art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992 e
successive modifiche, in relazione all’attività lavorativa svolta alle
dipendenze della Marzotto Sud S.p.A.. Differenti erano state le ragioni

Il giudice di primo grado aveva, infatti, ritenuto l’improponibilità della
domanda per aver la ricorrente omesso di presentare all’I.N.P.S. l’istanza
per il conseguimento degli invocati benefici. La Corte territoriale,
superata preliminarmente la questione della necessità di una domanda
amministrativa (in ragione del fatto che la Apicella, non rientrando nella
disciplina di cui all’art. 47, comma 5, del d.l. n. 269/2003, non era tenuta
obbligatoriamente alla presentazione di tale domanda e, comunque, del
fatto che una domanda era stata presentata all’I.N.A.I.L.) escludeva che
si fosse verificata la decadenza “speciale” di cui all’art. 47, comma 5, del
D.L. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003 (essendo
l’assicurata titolare di pensione da epoca precedente l’entrata in vigore
dell’art. 47 del D.L. n. 269/2003) nonché quella “generale” di cui all’art.
47 della legge n. 639/1970 (ritenendo che tale decadenza non potesse
trovare applicazione in assenza di un obbligo di domanda
amministrativa); rigettava tuttavia il gravame ritenendo che fosse
maturata la prescrizione decennale decorrente dalla data di
pensionamento (rilevando che, senza ulteriori atti interruttivi, la
domanda giudiziaria nei confronti dell’I.N.P.S. era stata presentata dopo
la scadenza del suddetto termine di prescrizione).
Avverso tale sentenza Vincenza Apicella propone ricorso per
cassazione fondato su due motivi.
Resistono con controricorso l’I.N.A.I.L. e l’I.N.P.S. e quest’ultimo
formula altresì ricorso incidentale condizionato.
Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
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che avevano indotto i giudici di merito a respingere l’azionata domanda.

La ricorrente e l’I.N.P.S. hanno depositato memorie ai sensi dell’art.
378 cod. proc. civ..

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione ed
erronea applicazione degli artt. 2934, 2935, 2938 cod. civ., 112, 329, 346

fatto che il diritto alla rivalutazione contributiva non sia stato
considerato imprescrittibile, dovendosi ritenere, invece, colpiti da
prescrizione i ratei maturati oltre il termine decennale. Lamenta in ogni
caso che non sia stato considerato che la fondatezza dell’eccezione di
prescrizione per mancato esercizio del diritto comporta l’esistenza di un
diritto che non viene esercitato laddove, nel caso di specie, se pure
potesse prefigurarsi una nascita ex lege del diritto alla maggiorazione
contributiva, era necessaria per la sua sussistenza una “correlazione con
il relativo presupposto” e cioè che fosse accertata l’avvenuta esposizione
ultradecennale

al

rischio

qualificato

amianto.

Sostiene,

conseguentemente, che il dies a quo per la decorrenza del termine
prescrizionale non potesse essere individuato nella erogazione della
prestazione pensionistica non integrata ma nel rilascio della
certificazione da parte dell’I.N.A.I.L. (solo da questo momento, infatti, il
diritto poteva essere fatto valere). Si duole anche del fatto che la Corte
territoriale abbia ritenuto fondata una eccezione di prescrizione
(“quinquennale ovvero decennale dei ratei”) solo genericamente
sollevata dall’I.N.P.S..
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’omessa decisione
in ordine all’ammissione delle prove per testi ed alla nomina di un
consulente tecnico d’ufficio per l’accertamento dell’esposizione
ambientale a rischio amianto.

Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
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e 436 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.). Si duole del

3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’I.N.P.S. denuncia la
violazione degli artt. 7 e 8 della legge 11 agosto 1973, n. 533 e dell’art.
443 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). Censura la sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto proponibile la domanda pur in
assenza di preventiva domanda amministrativa di prestazione all’I.N.P.S.

decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639/1970.
4. Il primo motivo di ricorso principale non è fondato (e determina
l’assorbimento del secondo motivo di ricorso principale oltre che del
ricorso incidentale).
Quanto al rilievo relativo alla genericità dell’eccezione di
prescrizione formulata dall’I.N.P.S., questa Corte ha già da tempo
affermato che, in tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo
della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in
giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per
il verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una “quaestio iutir
concernente l’identificazione del diritto stesso e del regime
prescrizionale per esso previsto dalla legge. Ne consegue che la riserva
alla parte del potere di sollevare l’eccezione implica che ad essa sia fatto
onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di
manifestare la volontà di profittare di quell’effetto, non anche di indicare
direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della
durata dell’inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l’identificazione
delle quali spetta al potere – dovere del giudice, di guisa che, da un lato,
non incorre nelle preclusioni di cui agli artt. 416 e 437 cod. proc. civ. la
parte che, proposta originariamente un’eccezione di prescrizione
quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione
ordinaria decennale, o viceversa; e, dall’altro lato, il riferimento della
parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere officioso di
Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
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e della conseguente non assoggettabilità dell’azione giudiziaria alla

applicazione (previa attivazione del contraddittorio sulla relativa
questione) di una norma di previsione di un termine diverso – cfr. Cass.
Sez. un. n. 10955 del 25 luglio 2002; i d. Cass. n. 21377 del 10 novembre
2004; Cass. n. 25025 del 24 novembre 2006; Cass. n. 11843 del 22
maggio 2007; Cass. n. 21752 del 22 ottobre 2010; Cass. n. 1064 del 20

Nella fattispecie, quindi, la Corte di appello, nell’esaminare
l’eccezione di prescrizione (tempestivamente sollevata dall’I.N.P.S. in
sede di comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado e
riproposta in sede di appello), ben poteva d’ufficio, nell’ambito della
Ct

quaesiio i utis” ritualmente devolutale, non solo determinare il regime

prescrizionale applicabile, bensì anche identificare il termine di
decorrenza della prescrizione stessa.
Quanto alle ulteriori censure, vanno innanzitutto rilevati alcuni
profili di inammissibilità.
A sostegno della imprescrittibilità del diritto per cui è causa la
ricorrente richiama la pronuncia di questa Corte a sez. unite n. 10955 del
25/7/2002 ed il passaggio contenuto nella stessa secondo cui:
“…ferma restando l’imprescrittibilità del diritto alla prestazione
previdenziale o assistenziale garantita dall’art. 38 Cost. in quanto
connesso ad uno status del cittadino, si prescrivono (oppure da essi si
può decadere), invece, i diritti esclusivamente patrimoniali, cioè i singoli
crediti periodicamente risorgenti (che maturano per ciascun mese o da
scadenza di un periodo più lungo), in quanto sono espressione del
diritto alla prestazione e vengono denominati

ratei”. Tuttavia la

ricorrente non specifica le ragioni per le quali il beneficio di cui si
discute dovrebbe essere assimilato ad alcuno dei diritti presi in
considerazione nella decisione sopra citata. Né invero risulta denunciata
una qualche illogicità giuridica nella ricostruzione dell’intero sistema
Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
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gennaio 2014 -.

normativo in relazione alla, da una parte, ritenuta insussistenza di un
obbligo di domanda amministrativa e correlativa esclusione della
decadenza “generale” di cui all’art. 47 della legge n. 639/1970 (questioni
collegate a quella per cui è causa e sulle quali, peraltro, non può dirsi
formato il giudicato in ragione del ricorso incidentale proposto

In ogni caso la giurisprudenza di questa Corte ha ormai da tempo
affermato, anche con riferimento alle domande giudiziarie avanzate da
soggetti già pensionati, che ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo
della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare
dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di
determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che,
seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi,
strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia,
operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri
e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in
base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico. E’ stato
così innanzitutto chiarito: “È opportuno anche rilevare che dal sistema è
ricavabile l’onere degli interessati di proporre all’istituto gestore
dell’assicurazione pensionistica la domanda di riconoscimento del
beneficio per esposizione all’amianto, nonostante incertezze lessicali del
legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)”. E’ stato, poi, precisato che “nel
caso di specie si tratta di rivalutare non già l’ammontare di singoli ratei
bensì i contributi previdenziali necessari a calcolare la pensione
originaria” – Cass. 12685 del 19 maggio 2008; Cass. n. 7527 del 29
marzo 2010; Cass. n. 8926 del 19 aprile 2011; Cass. n. 6331 del 19
marzo 2014; Cass. n. 7934 del 4 aprile 2014; Cass. n. 13578 del 13
giugno 2014 – ed anche specificato che neppure è validamente
invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in
Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
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dall’I.N.P.S.) e, dall’altra, ritenuta maturata prescrizione.

quanto “tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole
azioni relative alla costituzione della posizione contributiva. E del
carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e
dell’azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio
contributivo per esposizione all’amianto sembra non potersi dubitare,

in materia” – cfr. Cass. n. 1629 del 3 febbraio 2012; id. Cass. n.
11400 del 6 luglio 2012; Cass. n. 14531 del 16 agosto 2012; Cass. n.
14472 del 14 agosto 2012; Cass. nn. 20031 e 20032 del 15 novembre
2012; Cass. n. 27148 del 4 dicembre 2013; Cass. n. 4778 del 27 febbraio
2014 -. L’affermazione che la protezione costituzionale del diritto
previdenziale – che ne determina l’imprescrittibilità – “non si estende a
tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione
contributiva” era stata già contenuta nelle decisioni di questa Corte n.
7138 del 29 marzo 2011 e n. 12052 del 31 maggio 2011.
In senso analogo si è espressa Cass. n. 11399 del 6 luglio 2012 che
ha valorizzato la circostanza che l’esposizione all’amianto e la sua durata
sono “fatti” la cui esistenza è conosciuta soltanto dall’interessato,
tenuto, pertanto, a portarli a conoscenza dell’ente previdenziale onerato
dell’applicazione del moltiplicatore contributivo attraverso un’apposita
domanda amministrativa e a darne dimostrazione.
Nella sentenza n. 6382 del 24 aprile 2012, e con riguardo alla
questione della decadenza “generale” di cui all’art. 47, si è ancora più
espressamente operata una distinzione tra il diritto per cui è causa ed il
diritto a pensione così precisandosi: “La richiamata decisione di questa
Corte n. 12720/2009 appare non pertinente nel caso in esame perché,
come già detto, nella presente controversia non si dibatte del diritto
all’adeguamento della prestazione previdenziale già ottenuta. La
sollevata questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art.
Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
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stanti i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione

47 per violazione dell’art. 38 Cost. (…..) appare comunque
manifestamente infondata in quanto il termine decadenziale appare
congruo in ordine ad una piena ed effettiva tutela e garanzia
dell’interesse costituzionalmente garantito del diritto a pensione, che nel caso in esame – peraltro non viene affatto travolto in quanto tale

via amministrativa, andavano poi rivendicati entro un termine del tutto
ragionevole, al Giudice, il che non è avvenuto per fatto addebitabile al
ricorrente, il quale certamente così agendo non ha perso l’effettività del
diritto (nel suo nucleo sostanziale) riconosciutogli all’art. 38 Cost.”.
Va anche richiamata la pronuncia della Corte cost. 26 febbraio 2010,
n. 71 che, ribadendo che il diritto a pensione, come già affermato dalla
precedente Corte cost. 22 luglio 1999, n. 345, è “fondamentale,
irrinunciabile e imprescrittibile”, ha dichiarato non fondata la questione
di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 504, della 1. 24 dicembre
2007, n. 244, osservando che “la norma censurata non contrasta, poi,
con gli artt. 31 e 37 della Costituzione, in quanto non incide sull’an del
diritto alla pensione, ma solo marginalmente sul quantum; laddove il
mancato aumento del trattamento previdenziale goduto da chi, alla data
di entrata in vigore del d.lgs. n. 151 del 2001, già era in pensione, non
vale a far considerare tale emolumento insufficiente ai fini della tutela
imposta dalle norme costituzionali indicate”.
La giurisprudenza di legittimità è, dunque, ormai attestata sulla
configurabilità del beneficio della rivalutazione contributiva della
posizione assicurativa come un diritto autonomo rispetto al diritto a
pensione (solo questo primario ed intangibile – Cass., sez. un., 10 giugno
2003, n. 9219 -) che sorge in conseguenza del “fatto” della esposizione
ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un
certo qual modo natura risarcitoria, e ciò perché nel sistema
Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
-9-

dalla norma in discussione. Si tratta di benefici aggiuntivi che, richiesti in

assicurativo-previdenziale la posizione assicurativa, nonostante la sua
indubbia strumentalità, “costituisce una situazione giuridica dotata di
una sua precisa individualità”, potendo spiegare effetti molteplici, anche
successivamente alla data del pensionamento, e costituire oggetto di
autonomo accertamento.

stante ovvero di una pretesa all’esatto adempimento di una prestazione
previdenziale (pensione) riconosciuta solo in parte ma di una situazione
giuridica ricollegabile ad un “fatto” in relazione al quale viene ad essere
determinato – in via meramente consequenziale -, con la maggiorazione,
il contenuto del diritto alla pensione (“la disposizione di cui all’art. 13,
comma 8, della legge n. 257 del 1992 [•••] non ha istituito una nuova
prestazione previdenziale, ma soltanto un sistema più favorevole di
calcolo della contribuzione per la determinazione della pensione” – così
Corte cost. 20 novembre 2008, n. 376 -).
Il lavoratore, laddove abbia la consapevolezza della esposizione ad
amianto, può, a prescindere dalla questione se sia o meno pensionato e
da quando, agire in giudizio, previa domanda amministrativa, per far
valere il suo autonomo diritto. Non, dunque, per rivendicare una
componente essenziale del credito previdenziale da liquidarsi ovvero già
liquidato (parzialmente), bensì per chiedere qualcosa di nuovo e di
autonomo.
Alla luce del suddetto orientamento (confermato dalla recentissima
Cass. n. 17941 del 13 agosto 2014) non vi è ragione per non ritenere
che, proprio perché vi è differenza tra diritto alla rivalutazione
contributiva e diritto alla pensione nonché diritto ai singoli ratei, la
prescrizione del diritto alla rivalutazione è definitiva e non può incidere
solo sui singoli ratei (di maggiorazione).

Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
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Non si è, allora, in presenza di una prestazione previdenziale a sé

Nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha ritenuto, con una
motivazione in fatto che non ha formato oggetto di specifica censura da
parte della ricorrente (ancorché nella prospettiva della novella di cui
all’art. 54, primo comma, lett. b, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83,
convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, nei termini chiariti da Cass.,

coincisa con il pensionamento (essendo già a tale data “nota e
rimediabile la lesione del già maturato diritto alla maggiorazione
contributiva, in sussistenza delle medesime condizioni di esposizione
all’amianto già accertate da questa Corte con sentenza n. 1169/2010 del
27/10/2010 ed altre successive”); era da tale momento che la lavoratrice
poteva agire in giudizio.
Né vale ad incidere sul regime della prescrizione nei termini indicati,
il richiamato art. 1, comma 115, della legge n. 190 del 23/12/2014,
trattandosi di norma che attribuisce solo ad alcune categorie di assicurati
ed in presenza di determinati presupposti (e così, in particolare, agli
assicurati “all’assicurazione generale obbligatoria, gestita dall’I.N.P.S., e
all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, gestita
dall’I.N.A.I.L., dipendenti da aziende che hanno collocato tutti i
dipendenti in mobilità per cessazione dell’attività lavorativa, i quali
abbiano ottenuto in via giudiziale definitiva l’accertamento
dell’avvenuta esposizione all’amianto per un periodo superiore a dieci
anni e in quantità superiori ai limiti di legge e che, avendo
presentato domanda successivamente al 2 ottobre 2003, abbiano
conseguentemente ottenuto il riconoscimento dei benefici previdenziali
di cui all’articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326”) il
più favorevole incremento contributivo di cui all’art. 13, co. 8, 1. 27
marzo 1992 n. 257, a condizione che ottemperino all’onere di presentare
Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
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Sez. Un., n. 8053 del 7 aprile 2014), che detta consapevolezza fosse

all’I.N.P.S. apposita istanza amministrativa entro il termine del 30
giugno 2015 (come prorogato dall’art. 12 vicies bis del D.L. 31 dicembre
2014, n. 192 convertito con modificazioni nella legge 27 febbraio 2015,
n. 11) e con l’ulteriore delimitazione che “le prestazioni conseguenti non
possono avere decorrenza anteriore al 1° gennaio 2015”.

deve essere rigettato (con assorbimento di quello incidentale).
6. La controvertibilità e complessità delle questioni trattate giustifica
la compensazione tra le parti delle spese processuali.
7. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo
posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità
dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo
introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero,
in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della
sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore
contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale
pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al
fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa
valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per
l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la
previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano
funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle,
pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. Un. n.
22035/2014).

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito
l’incidentale condizionato; compensa le spese del presente giudizio di
legittimità.

Ric. 2014 n. 00330 sez. ML – ud. 20-05-2015
-12-

5. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso principale

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis
dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma il 20 maggio 2015.

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