Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15339 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 03/06/2021), n.15339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11096-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 8623/6/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 17/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO

MOCCI.

 

Fatto

RILEVATO:

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Caserta. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di C.G. avverso una cartella di pagamento IVA, per l’anno 1994.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che col primo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2495 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, giacchè la sentenza impugnata, in tema di successione dei soci di società di persone estinte, avrebbe mancato di considerare che il fenomeno successorio si realizzerebbe ipso iure, con l’estinzione della persona giuridica cancellata dal registro delle imprese, rendendo del tutto irrilevante qualunque prova allegata dalle parti;

che, col secondo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione dell’artt. 111 Cost., comma 6, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4;

che, infatti, la CTR avrebbe preteso dall’Ufficio la prova della persistenza della società oltre la sua formale estinzione, ossia un fatto mai contestato ex adverso, senza censurare la ricostruzione della vicenda in termini successori;

che l’intimato non si è costituito;

che il secondo motivo, dotato di priorità logica, è infondato;

che il sindacato di legittimità sulla motivazione, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Sez. 3, n. 22598 del 25/09/2018);

che, in tema di contenuto della sentenza, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (Sez. 5, n. 920 del 20/01/2015; Sez. 3, n. 12864 del 22/06/2015);

che, nella specie, la lettura della sentenza impugnata mostra come la decisione della CTR sia dotata del minimo costituzionale per rendere intellegibile l’iter seguito per pervenire alla decisione assunta in concreto;

che il primo motivo è invece fondato;

che, infatti, l’atto impositivo emesso nei confronti di una società di persone è validamente notificato, dopo l’estinzione della stessa, ad uno dei soci, poichè, analogamente a quanto previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4, per l’ipotesi di morte del debitore, ciò si correla al fenomeno successorio che si realizza rispetto alle situazioni debitorie gravanti sull’ente e realizza, peraltro, lo scopo della predetta disciplina di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa azionata nei confronti della società (Sez. 5, n. 16365 del 30/07/2020; Sez. 5, n. 31037 del 28/12/2017), e ciò indipendentemente dalla circostanza che i soci non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale, potendo, ad esempio, sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, si sono trasferiti ai soci (Sez. 5, n. 897 del 16/01/2019; Sez. 6-5, n. 14446 del 05/06/2018);

che, pertanto, la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Campania, in diversa composizione, affinchè si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

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