Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15332 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 03/06/2021), n.15332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9755-2018 proposto da:

V.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GARIGLIANO 11,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA MAIONE, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SIMONA SERAFINI, MARIA TERESA

VERTERAMO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1999/5/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA TOSCANA, depositata il 21/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO

MOCCI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

V.D. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Firenze. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione del contribuente avverso un avviso di accertamento IRPEF, per gli anni 2005-2007.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorso è affidato a tre motivi;

che, con il primo, il contribuente deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, commi 1 e 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, commi 1 e 3, e della L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 132, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, giacchè, ai fini del raddoppio dei termini, la denuncia avrebbe dovuto essere trasmessa entro i termini di decadenza ordinari;

che, mediante il secondo, il V. lamenta violazione degli artt. 81,99 e 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: la CTR avrebbe confuso la legittimazione quale condizione dell’azione con la legittimazione ad agire e resistere in giudizio, posto che egli sarebbe stato del tutto estraneo sia al rapporto sostanziale che a quello processuale, essendo l’atto impositivo diretto a soggetto diverso;

che, attraverso l’ultimo, il ricorrente assume violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 7, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, dell’art. 2697 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: il riferimento costante per relationem nel p.c.v., a sua volta meramente richiamato nell’avviso di accertamento impugnato, al contenuto del fascicolo penale ed alle risultanze dei p.c.v. redatti, avrebbe costituito un vizio di motivazione dell’atto, totalmente ignorato dalla CTR;

che l’intimata si è costituita con controricorso;

che il primo motivo è infondato;

che, in tema di accertamento tributario, i termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, per l’IRPEF e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per l’IVA, come modificati dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, conv., con modif., in L. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati (Sez. 6-5, n. 33793 del 19/12/2019; Sez. 6-5, n. 17488 del 28/06/2019 fra le medesime parti);

che, nella specie, sono state contestate fatture per operazioni inesistenti, con la coeva configurazione di ipotesi di reato;

che il secondo motivo è infondato;

che, anzitutto, la censura presenta profili di inammissibilità, atteso che non riproduce il contenuto integrale dell’atto di accertamento, che pure contesta;

che, in ogni caso, non possono ravvisarsi elementi di invalidità nell’intestazione dell’atto, laddove in esso venga comunque considerato il contribuente quale dominus, come indicato nell’atto di accertamento (cfr. pagg. 2 e 4 del ricorso);

che, ove la censura volesse mettere in dubbio l’affermata responsabilità del V., va rilevato che tale responsabilità è stata acclarata sulla base degli elementi forniti dall’Ufficio, in assenza di una puntuale prova contraria, e che si tratta di un accertamento non contestato dal ricorrente;

che l’avviso di accertamento risulta, in definitiva, notificato al V. nella qualità di dominus del gruppo di fatto facente capo a varie società formalmente operanti nel campo dell’editoria, da cui la CTR ha fatto derivare l’interesse ad agire;

che il terzo motivo è infondato;

che, infatti, risulta pacifico – perchè ammesso dallo stesso ricorrente nel suo atto introduttivo – che tutti i p.v.c. destinati alle varie società sono stati notificati anche al V.;

che, in tema di motivazione dell’atto d’imposizione tributaria, l’onere dell’Ufficio di mettere in grado il contribuente di conoscere le ragioni della pretesa deve ritenersi assolto, con doppia motivazione per relationem, qualora il richiamato processo verbale di constatazione faccia a sua volta riferimento a documenti in possesso o comunque conosciuti o agevolmente conoscibili dal contribuente (Sez. 5, n. 20428 del 28/09/2020; Sez. 5, n. 30560 del 20/12/2017);

che il ricorso va dunque respinto;

che al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 dei 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in Euro 17.200, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

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