Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15331 del 25/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 25/07/2016, (ud. 12/05/2016, dep. 25/07/2016), n.15331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10592-2013 proposto da:

A.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA VALLISNERI 11, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PACIFICI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO MITOLO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

ASL BA, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio

dell’avvocato PLACIDI ALFREDO, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARIA GRIMALDI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1176/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 23/04/2012 R.G.N. 3799/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 23 aprile 2012, la Corte d’Appello di Bari, confermava la decisione del Tribunale di Bari e rigettava la domanda proposta da A.R. nei confronti della ASL BA, subentrata alla AUSL BA/(OMISSIS), presso la quale operava in convenzione quale medico specialista ambulatoriale, nella branca della medicina legale, per 38 ore settimanali, avente ad oggetto la condanna della ASL BA alla rifusione delle somme dovutegli a titolo di indennità di carovita e di disponibilità, illegittimamente decurtategli dal proprio compenso.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non operante l’efficacia preclusiva del giudicato reso in un precedente giudizio avente il medesimo oggetto ma riferito a mensilità temporalmente differenti e legittima la decurtazione operata relativamente ai mesi di agosto e settembre 1999, qui in questione, in relazione alla comprovata assenza dal servizio del medico, non smentita dai fogli presenza compilati e sottoscritti dal medesimo, nè giustificata dalla circostanza, rimasta sfornita di prova, della mancata assegnazione al dott. A. di uno specifico incarico ed, infine, indeterminata la domanda relativa alla liquidazione per intero del premio annuale di collaborazione con recupero delle decurtazioni operate anche con riferimento ai periodi ricadenti sotto l’effetto del precedente giudicato.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il dott. A., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la ASL BA.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1453, 1460 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 115 e 416 c.p.c. in una con il vizio di contraddittoria motivazione, lamenta l’incongruità dell’iter logico-giuridico su cui la Corte territoriale ha fondato la pronunzia di rigetto della domanda proposta dal ricorrente, deducendo che le circostanze addotte a prova dell’inadempimento in relazione al quale la ASL BA ha operato la trattenuta delle indennità spettanti al ricorrente sono in realtà riferibili esclusivamente al diverso periodo cui attiene l’azione monitoria avente analogo oggetto in precedenza promossa dal ricorrente ed addotte dalla ASL BA in sede di opposizione al decreto ingiuntivo in quell’occasione ottenuto dal medesimo, sicchè in questa sede l’inadempimento parimenti dedotto risulterebbe sfornito di prova, risultando al contrario provati, per l’operatività del principio di non contestazione tutti gli ulteriori fatti costitutivi su cui si basava la domanda del ricorrente sia nell’an che nel quantum.

Il secondo motivo ripropone il medesimo vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione con riguardo al percorso argomentativo in base al quale la Corte territoriale ha ritenuto provata dalla ASL BA l’assenza del ricorrente dal servizio per 12 ore lavorative da svolgersi presso le sedi di (OMISSIS) idonea a giustificare la trattenuta effettuata, rilevando l’incongruità, rispetto agli elementi probatori a disposizione, dati dalle dichiarazioni del teste F. e dalla reticente testimonianza dell’allora Direttore sanitario della ASL, smentite dalle missive da questi ricevute da parte del legale del ricorrente, delle conclusioni raggiunte in ordine alla mancata prova della dedotta circostanza che il ricorrente, al rientro in servizio dopo un periodo di malattia, non avesse ricevuto specifici incarichi dalla Asl datrice, pur restando a disposizione presso la sede di (OMISSIS), nonchè all’inidoneità probatoria dei fogli presenza, motivata dalla disponibilità dei medesimi da parte del ricorrente che li avrebbe egli stesso compilati, avendo la Corte territoriale contraddittoriamente fondato tale convincimento su una circostanza al contrario espressiva della conservazione di quella documentazione da parte dei dirigenti ASL che mensilmente li trasmettevano al settore di competenza.

Con il terzo motivo, intitolato alla violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 415, 421, e 437 c.p.c. in una con il vizio di omessa o insufficiente motivazione, il ricorrente lamenta l’erroneità del giudizio di inammissibilità per genericità della proposta domanda relativa alla corresponsione del premio annuale di collaborazione espresso dalla Corte territoriale per non aver questa tenuto in considerazione, da un lato, la riferibilità della causa petendi alla disciplina di cui alla convenzione nazionale per i medici specialisti ambulatoriali espressamente indicata in atti e dall’altro la mancata contestazione in fatto dell’an e del quantum della domanda da parte della ASL e, comunque, per non aver integrato, come ben è ammissibile nel processo del lavoro, le deduzioni del ricorrente con il ricorso ai poteri istruttori di ufficio di cui all’art. 421 c.p.c..

I primi due motivi che, in quanto strettamente connessi possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi, se non inammissibili in quanto volti a prospettare una lettura delle risultanze istruttorie difforme da quella frutto del libero apprezzamento della Corte territoriale, certamente, anche nel caso in cui li si volesse considerare ammissibilmente diretti a censurare sul piano della correttezza giuridica e della congruità logica l’impugnata decisione, infondati, atteso che d’eccezione di inadempimento, che qui il ricorrente asserisce essere basata su fatti ultronei rispetto alla pretesa azionata, per essere quelli riferiti a periodi antecedenti a quelli cui è relativa la pretesa medesima, è stata fatta oggetto di contraddittorio tra le parti e di specifico accertamento istruttorio, il cui esito, sfavorevole all’odierno ricorrente, non risulta inficiato dalle censure in questa sede dal medesimo sollevate, in quanto il rilievo relativo al difetto di prova delle assenze dal servizio – fondato sulla circostanza che egli non avrebbe disposto dei fogli presenza, che, dunque, riproducevano una situazione di fatto alla quale era estraneo ogni suo intervento – risulta superato in base alla decisiva considerazione, già svolta dalla Corte territoriale e qui pure ravvisabile, per la quale il ricorrente non ha mai contestato che i fogli presenza fossero stati da lui compilati e sottoscritti, mentre l’affermata rilevanza decisiva della prova in ordine alla causa giustificativa dell’inadempimento addebitato all’ A. offerta dalla testimonianza del F., a fronte dell’assenza di indicazioni sul punto da parte degli altri due testi escussi, non pregiudica il giudizio di insufficienza della stessa dalla Corte territoriale derivato dal ritenuto carattere recessivo di quell’unica testimonianza rispetto alle altre, giudizio plausibilmente fondato, non sull’argomento su cui fa leva il ricorrente per cui il teste che, dei tre escussi, conosceva la vicenda l’ha puntualmente confermata, ma sul diverso argomento per cui un solo teste su tre era in grado e solo genericamente di riferire sulla vicenda.

Infondato risulta anche il terzo motivo, atteso che il giudizio di inammissibilità per genericità nell’an e nel quantum della domanda deve ritenersi pienamente condivisibile, se si tiene conto che il ricorrente afferma il diritto al premio annuale di collaborazione senza farsi carico, agli effetti dell’attestazione del titolo dell’erogazione e delle somme richieste, dell’incidenza su di esso delle cause di esclusione della spettanza delle predette voci retributive e delle decurtazioni sull’importo del premio che le stesse implicavano e che, stante tali radicali difetti di allegazione, resta precluso al giudice il ricorso ai suoi poteri istruttori di ufficio.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 maggio 2015.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016

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