Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1533 del 22/01/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 1533 Anno 2018
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: SABATO RAFFAELE

ORDINANZA

sul ricorso 2649-2013 proposto da:
GIANNOTTI RAFFAELA, domiciliata in ROMA ex lege, P.ZZA
CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE rappresentata e
difesa dall’avvocato GIOVANNI CLEMENTE;
– ricorrente contro

MANCINO ANNA MARIA, MANCINO MICHELE, domiciliati in ROMA
ex lege, P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE
2017

rappresentati e difesi dall’avvocato DANTE DESIO;
– controricorrenti –

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avverso la sentenza n. 535/2012 della CORTE D’APPELLO di
SALERNO, depositata il 11/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del

15/11/2017 dal Consigliere RAFFAELE

Data pubblicazione: 22/01/2018

15.11.2017 n. 15 n.r.g. 2649-13 ORD

Rilevato che:
con sentenza depositata 1’11/6/2012 la corte d’appello di Salerno ha

da Raffaela Giannotti nei confronti di Michele e Anna Maria Mancino,
la quale aveva rigettato la domanda di reintegra nel possesso di uno
stradone, asseritamente ristretto, e dei cui canali di scolo laterali i signori Mancino avrebbero realizzato la copertura con accorpamento,
previa recinzione, alla loro proprietà;
a sostegno della decisione, la corte territoriale ha ritenuto non adeguatamente provato che il passaggio fosse stato ristretto; ha considerato non condivisibile la qualificazione delle cunette laterali quali accessori della strada, trattandosi più propriamente di canali di scolo
pertinenze del fondo Mancino; ha comunque considerato non costituire possesso di tali opere, su cui in effetti si era concretata l’attività
modificatrice dei signori Mancino, le sporadiche manutenzioni effettuate dalla signora Giannotti;
avverso tale sentenza Raffaela Giannotti ha proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi; Michele e Anna Maria Mancino hanno
resistito con controricorso.

Considerato che:

1. Con il primo motivo, facendo riferimento in epigrafe sia al n. 3 sia
al n. 5 dell’art. 360 primo comma cod. proc. civ., la ricorrente ha dep. 1/6

rigettato l’appello proposto avverso sentenza del tribunale di Salerno

dotto violazioni degli artt. 116 cod. proc. civ., 1168 e 2697 cod. civ.
nonché “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio”. Sostiene avere i giudici di
merito errato sia nella ricognizione della fattispecie astratta, appli-

non alla cunetta che costituisce parte della strada ai sensi del cod.
str., sia nella ricognizione della fattispecie concreta, nella parte in cui
è stato ritenuto necessario che fosse provato il possesso specifico della cunetta; svolge ulteriori argomenti a critica della sentenza impugnata.
1.1. Le due censure in cui si articola il primo motivo possono esaminarsi congiuntamente, in quanto inammissibili per analoghe ragioni.
1.2. Al riguardo, va richiamato che il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie
astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di
assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata a questa
corte dal r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65), mentre l’allegazione di
un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, vizio che, essendo stata la sentenza impugnata depositata
anteriormente all’11/9/2012, è declinato nel presente procedimento

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cando malamente la disciplina del possesso solo alla carreggiata e

ratione temporis secondo il testo dell’art. 360, primo comma, n. 5
cod. proc. civ. anteriore alla modifica di cui al d.l. n. 83 del 2012,
convertito in I. n. 134 del 2012, che consente, appunto, la censura di
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto con-

richiede quindi il riferimento a un «fatto» controverso o comunque
oggetto di discussione, di cui la parte ricorrente deve farsi carico di
dimostrare la «decisività» per il giudizio.
1.3. Ciò posto, con la prima delle articolazioni critiche in esame, lungi
dal denunciare violazione di legge nei sensi anzidetti, la ricorrente si
limita a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito al diverso convincimento soggettivo patrocinato dalla parte, senza in alcun modo dedurre una effettiva violazione o falsa applicazione di norma di diritto. In particolare, mentre il
giudice di merito ha espresso il suo convincimento che le opere laterali rispetto alla strada fossero canali di scolo, e non cunette da intendersi quali pertinenze stradali, non è in gioco alcuna interpretazione di norme (eventualmente anche del codice della strada), ma una
valutazione fattuale della corte d’appello cui la parte pretende di sostituire la propria, al fine di farne scaturire diverse conseguenze giuridiche.
1.4. Il motivo, peraltro, deve ritenersi inammissibile anche dal punto
di vista del vizio di motivazione, in quanto in esso non sono stati indicati fatti controversi in ordine ai quali l’esame della corte di merito
sarebbe stato incongruamente motivato, bensì si sono contestate le

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troverso e decisivo per il giudizio; il parametro di cui al n. 5 predetto

valutazioni cui, coordinando le risultanze fattuali di causa, il giudice di
merito è pervenuto (in ordine alla pertinenza dei canali di scolo al
manufatto stradale o ai fondi latistanti); sul punto questa Corte (v. ad
es. Cass. n. 16655 del 29/07/2011) ha chiarito che, per effetto della

d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc.
civ., deve essere dedotto mediante esposizione chiara e sintetica del
fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali l’insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, fornendo elementi in ordine al carattere decisivo di tali fatti, che non devono attenere a mere questioni o punti, dovendosi configurare in senso storico o normativo; nel caso di specie, gli argomenti di ricorso
fanno invece assurgere a fatti controversi, su cui si sarebbe realizzata
una carenza motivazionale, le mere valutazioni operate dai giudici di
merito in sentenza; trattasi, cioè, non già di fatti storici, ma del coordinamento in sede valutativa da parte della corte di merito delle risultanze processuali.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione della normativa processuale ai sensi dell’art. 369 (rectius, 360) primo comma n. 4 cod. proc.
civ. e ad un tempo omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, richiamando al riguardo il n. 5 di detta norma.
Si sostiene che essendo stata negata la nomina di c.t.u. ed essendosi
svolta istruttoria orale su temi tecnici quali la larghezza dello strado-

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modifica dell’art. 366-bis cod. proc. civ., introdotta dall’art. 2 del

ne, si sarebbero a un tempo realizzate dalla corte d’appello le condizioni per i vizi predetti.
2.1. A prescindere da ogni valutazione circa l’ammissibilità del motivo
da altri punti di vista quale la carente indicazione dei luoghi proces-

vanzata la richiesta di c.t.u. e sia stata essa, eventualmente per implicito, disattesa del giudice, nonché per la mancata specifica indicazione della disciplina processuale violata (nonché in disparte la considerazione circa la non riconducibilità del presunto vizio in questione
alla categoria – questa menzionata dalla parte – dell’omessa pronuncia, concernente domande ed eccezioni), deve affermarsi
l’inammissibilità del motivo già sulla base del principio consolidato (v.
ad es. Cass. n. 21487 del 15/09/2017 e n. 4792 del 26/02/2013) per
cui in generale la c.t.u. costituisce un mezzo di ausilio per il giudice,
volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti,
la cui interpretazione richiede nozioni tecnico-scientifiche, mentre solo
eccezionalmente (nel caso di c.t.u. “percipiente”) può costituire fonte
oggettiva di prova, per accertare quei fatti rilevabili unicamente con
l’ausilio di un perito. Nel caso di specie, la parte ricorrente afferma
che solo un consulente avrebbe potuto fornire “elementi sulla larghezza dello stradone e [sul]l’incidenza delle zone sottratte sul diritto
di passaggio della ricorrente”; ma trattasi, con ogni evidenza, di elementi di carattere valutativo, in quanto correlati alla larghezza preesistente e al modo dell’allegata servitù, e comunque non oggetto
quindi di diretta e necessaria percezione di un perito.

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suali ove, in appello ed eventualmente in primo grado, sia stata a-

3. In definitiva il ricorso va rigettato, regolandosi le spese secondo
soccombenza e secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
P.Q.M.
la corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione a favo-

da in euro 200 per esborsi ed euro 1.700 per compensi, oltre spese
forfettarie nella misura del 1 5 % e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda

re dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liqui-

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