Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15329 del 17/07/2020

Cassazione civile sez. II, 17/07/2020, (ud. 21/02/2020, dep. 17/07/2020), n.15329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19206-2019 proposto da:

K.A., rappresentato e difeso dall’avvocato VITTORIO SANNONER;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE di ANCONA, in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2844/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/02/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 4 dicembre 2018, la Corte d’appello di Ancona ha rigettato l’impugnazione proposta da K.A., cittadino del (OMISSIS), avverso la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso proposto da avverso il provvedimento negativo della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che il ricorrente non aveva proposto appello avverso il diniego del riconoscimento dello status di rifugiato; b) che il racconto del ricorrente era apparso generico e scarsamente credibile, quanto alla attività del fratello, e che, in ogni caso, lo stesso K. aveva riconosciuto di non essere stato personalmente minacciato; c) che, in ogni caso, il presidente del (OMISSIS) – contro il quale il fratello del richiedente aveva organizzato un colpo di stato – era nel frattempo stato destituito, con la conseguenza che era privo di attualità ogni paventato pericolo; d) che anche la mera osservazione di una situazione di violazione dei diritti umani non è sufficiente per il riconoscimento della protezione per motivi umanitari e che, in ogni caso, non erano state prospettate situazioni di particolare vulnerabilità.

3. Avverso tale sentenza nell’interesse del soccombente è stato proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione alla valutazione di non credibilità del ricorrente, alla luce dell’attenuazione dell’onere probatorio in subiecta materia.

Il ricorrente riporta il rapporto di Amnesty International, di Human Rights e di (OMISSIS) sulla situazione del (OMISSIS).

La doglianza è inammissibile.

Questa Corte ha chiarito, in linea generale, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476).

Peraltro, la sentenza impugnata è stata depositata il 12 dicembre 2018. Pertanto, viene in questione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b) conv., con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata nel S.O. n. 171, della Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2012, n. 187), e applicabile, ai sensi del medesimo art. 54, comma 3 alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (al riguardo, va ricordato che, ai sensi dell’art. 1, comma 2 Legge di conversione, quest’ultima è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come novellato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Ora, parte ricorrente, sia pure attraverso una formale denuncia di violazione di legge, aspira ad una inammissibile rivalutazione delle emergenze probatorie, che la Corte territoriale ha analizzato giungendo ad una argomentata esclusione della narrazione del richiedente, per la scarsa credibilità logica del racconto.

Soprattutto, l’ampia riproduzione delle fonti sopra ricordate non viene raccordata in alcun modo con la specifica situazione del ricorrente.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) per avere negato la protezione sussidiaria, omettendo di indagare sulle condizioni di pericolo esistenti in (OMISSIS).

La doglianza è inammissibile per l’assoluta genericità di formulazione che non riesce ad indicare, se non in termini meramente assertivi, la situazione di pericolo, avente i connotati previsti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, che esisterebbe in (OMISSIS).

3. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 5, comma 6, in relazione al diniego di permesso per motivi umanitari.

La doglianza è inammissibile, giacchè il ricorrente ripropone come circostanza fattuale di rilievo l’appartenenza a famiglia impegnata politicamente, la cui rilevanza – quantomeno in termini di attualità- è stata motivatamente esclusa dalla Corte territoriale.

4. Il ricorso va, in conseguenza, dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, dal momento che il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2020

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