Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15328 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15328 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA
sul ricorso 4087-2010 proposto da:
SIENA MARIA TERESA, SIENA MATTEO SNIMTT28E31H926D,
SIENA

GIOVANNI

ANTONIO,

SIENA

ALESSANDRO

SNILSN69M16L858K, SIENA MARIA CLEMENTINA
SNIMCL65M66L858D, TUTTI IN QUALITA’ DI EREDI DELLA
SIG.RA MARIA MADDALENA IAVICOLI, elettivamente
2015
1339

domiciliati in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 290,
presso lo studio dell’avvocato PAOLO CARBONE,
rappresentati e difesi dall’avvocato GIANPIERO BALENA;
– ricorrenti nonchè contro

Data pubblicazione: 21/07/2015

- intimati –

Nonché da:
BERTAMINI MARIA ROBERTA BRTMRB48E63L378F, IAVICOLI
MARCO VCLMRC81E13L378P, IAVICOLI ALESSANDRO

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VASCO DE GAMA
73 – OSTIA, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO
RULLO, rappresentati e difesi dall’avvocato GIANFRANCO
BUCCINO;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 531/2009 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 20/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/05/2015 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato Buccino Gianfranco difensore dei
controricorrenti e ricorrenti incidentali che si
riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, l’inammissibilità del
ricorso incidentale.

VCLLSN83B05L378B, EREDI DEL SIG. GIUSEPPE IAVICOLI,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 16-3-1993 Iavicoli Giuseppe,
premesso di essere comproprietario, unitamente alla sorella Iavicoli
Maria Maddalena, di uno stabile sito in Vieste, via Fleming n. 2, e

18-1-1977, era stato previsto che a Iavicoli Maria Maddalena
spettassero l’appartamento al piano rialzato e l’area edificabile al
secondo piano, e all’attore l’appartamento al primo piano e l’area
edificabile al terzo piano, conveniva dinanzi al Tribunale di Foggia
la predetta Iavicoli Maria Maddalena, per sentir dichiarare, per
quanto ancora rileva in questa sede, l’illegittimità di tre canne
fumarie dalla predetta illegittimamente realizzate nel corso dei lavori
di sopraelevazione, e precisamente di quella sistemata in luogo del
muro di tompagno (indicata come la n. 1), di quella servente il
camino di un vano abusivamente realizzato al piano rialzato (n. 2) e
di altra servente l’impianto di riscaldamento del piano rialzato del
primo piano (n. 5), con conseguente condanna della convenuta alla
relativa eliminazione.
Nel costituirsi, Iavicoli Maria Maddalena contestava la
fondatezza della domanda, sostenendo, in particolare, che due delle
tre canne fumarie di cui l’attore chiedeva la rimozione
rappresentavano la mera prosecuzione delle due canne fumarie
preesistenti alla sopraelevazione, in quanto realizzate l’una nel 1964

che, in forza di divisione ereditaria di cui alla scrittura privata del

dalla genitrice e l’altra nel 1972, sicchè la convenuta aveva il diritto
di adeguarle alla successiva sopraelevazione; che il diritto alla
rimozione delle predette canne era ormai prescritto; che, in ogni
caso, il prolungamento delle canne medesime era stato realizzato

lavori. La Iavicoli, inoltre, chiedeva in via riconvenzionale la
condanna dell’attore a sostenere gli oneri necessari al rifacimento
del portone, a contribuire alla risarcitura delle lesioni presenti nella
rampa della scalinata ed alla eliminazione delle infiltrazioni esistenti
in adiacenza alle strutture portanti, nonché alla riduzione della
porzione immobiliare realizzata al terzo piano in eccedenza rispetto
al progetto.
Con sentenza non definitiva del 9-11-2004 il Tribunale,
dichiarata cessata la materia del contendere in ordine ad alcuni punti
della domanda principale e di quella riconvenzionale, e rigettata la
domanda riconvenzionale diretta a conseguire il rifacimento del
portone d’ingresso dello stabile, ordinava la sospensione del
processo in relazione alle questioni connesse alle canne fumarie, in
attesa della definizione di altra controversia tra le stesse parti, già
decisa in primo grado con sentenza n. 521 del 2004.
A seguito della riassunzione del giudizio, con sentenza
definitiva in data 14-9-2006 il Tribunale di Foggia riconosceva il
diritto di Iavicoli Maria Maddalena a mantenere il terminale delle

nella piena consapevolezza dell’attore, sempre presente nel corso dei

canne fumarie ad altezza regolamentare dal piano di calpestio del
terrazzo di proprietà del fratello, facendo obbligo di prolungare,
oltre il colmo del tetto in sopraelevazione del terrazzo di copertura,
la canna fumaria individuata dal C.T.U. con il n. 2 a cura e spese dei
negatoria

servitutis proposta dall’attore; dichiarava fondata la domanda di
spoglio proposta in corso di causa dalla convenuta, confermando la
reintegra di quest’ultima nel possesso delle cinque canne fumarie di
cui all’ordinanza collegiale emessa in sede di reclamo in data 11-122001.
Avverso la predetta decisione proponeva appello Iavicoli
Giuseppe.
Con sentenza in data 20-5-2009 la Corte di Appello di Bari
accoglieva per quanto di ragione il gravame e, in riforma della
sentenza impugnata, in accoglimento della domanda di

negatoria

servitutis proposta dall’attore, dichiarava che la convenuta non aveva
il diritto di mantenere le tre canne fumarie oggetto del presente
giudizio sulla terrazza di Iavicoli Giuseppe; per l’effetto,
condannava la convenuta a rimuovere tali canne, ripristinando a
regola d’arte la situazione dei luoghi nel terrazzo e
nell’appartamento del terzo piano dalle stesse attraversato;
confermava la legittimità dell’azione cautelare di spoglio proposta
da Iavicoli Maria Maddalena; dichiarava interamente compensate tra

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contendenti in parti uguali; rigettava la domanda di

le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e di quello
possessorio. La Corte di Appello, nel richiamare i principi dettati in
tema di riparto dell’onere probatorio nell’azione negatoria, rilevava
che, mentre l’attore aveva fornito la prova di essere proprietario

aveva provato di essere titolare, a qualunque titolo, del diritto di
servitù a tenere le tre canne fumarie oggetto di causa
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso Siena
Matteo, Siena Giovanni Antonio, Siena Maria Clementina, Siena
Maria Teresa e Siena Alessandro, tutti nella qualità di eredi Iavicoli
Maria Maddalena, sulla base di un unico motivo.
Hanno resistito con controricorso Bertamini Maria Roberta,
Iavicoli Marco e Iavicoli Alessandro, quali eredi di Iavicoli
Giuseppe, proponendo altresì ricorso incidentale, anch’esso affidato
a un motivo.
In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie
ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con l’unico motivo i ricorrenti principali lamentano la
violazione degli artt. 1062, 1067 e 1068 c.c. Sostengono che dai
fatti esposti dalla convenuta sin dal momento della sua costituzione
in giudizio era chiaro che le due canne fumarie preesistenti alla
sopraelevazione (individuate nella sentenza impugnata con i n. 2 e 5)

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esclusivo della terrazza costruita al terzo piano, la convenuta non

erano oggetto di servitù costituita per volontà della comune dante
causa (la defunta madre), ai sensi dell’art. 1062 c.c., e comunque in
epoca ben anteriore alla divisione (intervenuta in virtù della scrittura
privata del 18-1-1977); ed era altresì chiaro, nonostante il mancato

diritto di opporsi al prolungamento delle predette canne, reso
necessario dai lavori di sopraelevazione che le parti avevano
concordemente commissionato e fatto eseguire. Rilevano, d’altronde,
che non era mai stato controverso che le due canne fumarie in
questione risalissero ad epoca anteriore alla divisione e fossero
erano conseguentemente oggetto, nella loro collocazione originaria,
di servitù (evidentemente per destinazione del padre di famiglia).
Deducono, conseguentemente, che, in forza degli artt. 1067 e 1068
c.c., poiché le due canne fumarie in oggetto servivano entrambe il
piano rialzato, Iavicoli Giuseppe, divenuto in virtù dell’atto di
divisione del 1977 proprietario esclusivo del primo piano dello
stabile, che all’epoca era l’ultimo, non avrebbe potuto edificare,
insieme alla sorella, gli ulteriori due piani, senza ottenere il
consenso del proprietario del fondo dominante (ossia della stessa
sorella) al trasferimento delle servitù sull’erigendo appartamento del
terzo piano.
L’illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del
seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.,

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richiamo agli artt. 1067 e 1068 c.c., che l’attore non aveva alcun

applicabile ratione temporis al ricorso in esame: Dica la Corte se,
rispetto all’ipotesi in cui un edificio composto di più piani
appartenga a diversi soggetti, il proprietario dell’ultimo piano, sul
cui appartamento grava una servitù avente ad oggetto

appartamenti sottostanti e sboccano sulla sommità dell’edificio, sia
o non tenuto, qualora intenda sopraelevare, a consentire al titolare
della servitù il prolungamento delle canne fumarie fino a
raggiungere la nuova sommità dell’edificio, risultante dalla
sopraelevazione.
Il motivo deve essere disatteso, in quanto il quesito di diritto
posto non appare rispondente ai requisiti richiesti dal menzionato
art. 366 bis c.p.c.
Il quesito, così come formulato, postula l’esistenza, a carico
dell’appartamento di proprietà dell’attore, di un diritto di servitù
avente ad oggetto l’attraversamento di canne fumarie provenienti
dagli appartamenti sottostanti di proprietà della convenuta e
sboccanti sulla sommità dell’edificio; il tutto in contrasto con quanto
accertato dal giudice del gravame, il quale, con apprezzamento in
fatto che avrebbe potuto essere censurato solo sotto il profilo del
vizio della motivazione, nella specie non dedotto, ha ritenuto non
fornita dalla convenuta la prova dell’esistenza di una simile servitù,

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l’attraversamento di canne fumarie che provengano dagli

costituita in uno dei modi consentiti dalla legge (coattivamente, per
titolo, per usucapione o per destinazione del padre di famiglia).
Il quesito posto, pertanto, risulta inconferente e privo di
specificità rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata,

in favore dell’immobile della convenuta; sicchè esso si palesa
meramente teorico e non risolutivo, in quanto un’eventuale risposta
affermativa a tale interrogativo sarebbe del tutto priva di rilevanza ai
fini della decisione della controversia.
2) Con l’unico motivo i ricorrenti incidentali denunciano la
violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione alla
disposta compensazione integrale delle spese del giudizio di merito e
del possessorio. Sostengono che la Corte di Appello ha erroneamente
dichiarato la compensazione delle spese di merito, pur dando atto
della mancanza di una reciproca soccombenza o di altri giusti motivi;
e che, allo stesso modo, il giudice del gravame non poteva
confermare il provvedimento cautelare emesso dal Tribunale e
compensare le spese del giudizio possessorio, in quanto non
sussistevano le condizioni dell’azione di reintegra.
Il motivo è inammissibile, non essendo corredato dalla
formulazione di un quesito di diritto, così come richiesto, per le
cause ad esso ancora soggette, dal menzionato art. 366 bis c.p.c. nei
casi previsti dall’art. 360 n 3 c.p.c.

fondata sulla mancanza di prova dell’esistenza di un diritto di servitù

4) Per le ragioni esposte il ricorso principale deve essere
rigettato, mentre quello incidentale deve essere dichiarato
inammissibile.
Segue, in ragione della reciproca soccombenza delle parti,

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile
quello incidentale e compensa le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13-5-2015
Il C nsigliere relatore

Il Presidente

l’integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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