Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15328 del 12/07/2011

Cassazione civile sez. II, 12/07/2011, (ud. 20/05/2011, dep. 12/07/2011), n.15328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.C.G., D.C.P.S., rappresentati e

difesi, per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato

BARONE Vincenzo, elettivamente domiciliati in Roma, Via Augusto Aubry

n. 1, presso lo studio dell’Avvocato Franco Maldonato;

– ricorrente –

contro

M.R., in proprio e nella qualità di procuratore di D.

S.E., rappresentato e difeso, per procura speciale a margine

del controricorso, dall’Avvocato FARZATI Bartolomeo, elettivamente

domiciliato in Roma, via Largo Silvi n. 12, presso lo studio

dell’Avvocato Gabriella Malandrino Bonazza;

– controricorrente –

e

M.A.M., quale procuratrice di De.Ca.Ge.; D.

C.L.; D.C.R.; D.C.T., tutti quali eredi

di S.A.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania

n. 70 del 2009, depositata in data 30 gennaio 2009;

Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20 maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per i ricorrenti, l’Avvocato Eugenio Pisani, per delega;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, il quale nulla ha osservato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il Tribunale di Vallo della Lucania, con sentenza n. 70 del 2009, depositata il 30 gennaio 2009, in riforma della sentenza del Pretore di Vallo della Lucania, sezione distaccata di Agropoli, ha rigettato la domanda possessoria proposta da S.A., vedova D. C., avente ad oggetto la reintegrazione nel possesso di una casa colonica da cui era stata spogliata coattivamente a mezzo di ufficiale giudiziario;

che D.C.G. e D.C.P.S., quali eredi di S.A., hanno proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza affidato a tre motivi;

che il ricorso è stato proposto nei confronti di M.R., M.A.M., quale procuratrice del marito De.Ca.

G., D.C.L., D.C.R. e D.C.T.;

che M.R., in proprio e quale procuratore di D.S. E., ha resistito, con controricorso;

che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione del ricorso con il rito camerale, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., che è stata comunicata alle parti e al pubblico ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato ha formulato la seguente proposta di decisione:

“(…) Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 303 e 305 cod. proc. civ., e art. 307 cod. proc. civ., comma 3, in relazione agli artt. 101 e 102 cod. proc. civ. e art. 24 Cost., dolendosi della mancata pronuncia di estinzione del processo a causa della mancata tempestiva e rituale riassunzione del giudizio di appello.

Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 161 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 100 e 101 cod. proc. civ. e artt. 24 e 111 Cost.. Dalla sentenza impugnata emerge la presenza di M.R., quale procuratore di D.S.E. e tuttavia non vi è in atti la costituzione del detto soggetto.

Con il terzo motivo, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 cod. civ., nonchè vizio di motivazione con riferimento alla reiezione della azione di reintegrazione proposta dalla loro dante causa.

Il ricorso è inammissibile, non rispondendo i motivi nei quali esso si articola alle prescrizioni di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis.

Con riferimento alle denunciate violazioni di legge, invero, deve rilevarsi che i motivi non contengono la formulazione di un quesito di diritto, come previsto dalla citata disposizione .

Con riferimento, poi, ai motivi di ricorso con i quali si denuncia vizio di motivazione, si deve rilevare che le Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare che in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., S.U., n. 20603 del 2007). In particolare, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., n. 16002 del 2007).

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione dello stesso in camera di consiglio”;

che il Collegio condivide tale proposta di decisione, osservando come, nel caso di specie, il terzo motivo di ricorso, con il quale viene dedotto anche un vizio di motivazione, non corrisponda in alcun modo ai requisiti enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte richiamata nella relazione, difettando sia la chiara indicazione del fatto controverso, sia il richiesto momento di sintesi, e risolvendosi le censure proposte nella richiesta di diversa valutazione del merito della controversia;

che, del resto, i ricorrenti non hanno svolto considerazioni critiche rispetto alle argomentazioni contenute nella relazione, essendosi il difensore limitato ad insistere nell’accoglimento del ricorso;

che, quindi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2011

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