Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15327 del 12/07/2011

Cassazione civile sez. II, 12/07/2011, (ud. 20/05/2011, dep. 12/07/2011), n.15327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.S.A., rappresentata e difesa, per procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato PANEDIGRANO Nicolino,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Gregorio VII n. 269, presso lo

studio dell’Avvocato Anna Orlando;

– ricorrente –

contro

M.T.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catanzaro

n. 975 del 2008, depositata in data 24 dicembre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20 maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

ZENO Immacolata, il quale nulla ha osservato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che M.T. ha chiesto la condanna di S.S. A. al pagamento della somma di l. 7.242.750, quale corrispettivo per i lavori edili eseguiti per conto della convenuta;

che, nella resistenza della convenuta, il Tribunale di Lamezia Terme ha accolto la domanda dell’attore, per l’importo indicato, ed ha altresì accolto la domanda riconvenzionale per vizi proposta dalla convenuta, condannando il M. alla eliminazione degli stessi;

che l’appello proposto dalla S. è stato accolto dalla Corte d’appello di Catanzaro che, con sentenza depositata il 24 dicembre 2008, ha rigettato la domanda del M., ha confermato nel resto la sentenza di primo grado e ha dichiarato compensate le spese del giudizio di appello;

che per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso S.S.A. sulla base di due motivi;

che l’intimato non ha svolto attività difensiva;

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia vizio di omessa motivazione dolendosi del fatto che la Corte d’appello, pur accogliendo il gravame e nonostante ella avesse richiesto la condanna della controparte al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, ha disposto la compensazione delle spese del solo giudizio di appello;

che tra le statuizioni della sentenza di primo grado mantenute ferme da quella di appello vi era peraltro quella di condanna di essa ricorrente al pagamento di due terzi delle spese del primo grado di giudizio e sul punto la sentenza di appello difetta di ogni motivazione, tanto più che in tal modo la parte vittoriosa all’esito della lite si vede condannata al pagamento di parte delle spese del giudizio;

che, con il secondo motivo di ricorso, la S. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., giacchè la Corte d’appello ha posto a carico della parte vittoriosa il pagamento delle spese di lite, non risultando inoltre evidenziato alcun motivo che possa giustificare la compensazione delle spese del giudizio di appello;

che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione del ricorso con il rito camerale, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 330 bis cod. proc. civ., che è stata comunicata alle parti e al pubblico ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato ha formulato la seguente proposta di decisione:

“(…) Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente, è manifestamente fondato e va accolto. Il Giudice di appello, invero, nel momento in cui riforma la sentenza impugnata, deve procedere ad una nuova regolamentazione delle spese del giudizio che tenga conto dell’esito complessivo della lite. Opera invero il principio secondo cui in materia di procedimento civile, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione. Invero, la soccombenza, ai fini della liquidazione delle spese, deve essere stabilita in base ad un criterio unitario e globale sicchè viola il principio di cui all’art. 91 cod. proc. civ., il giudice di merito che ritenga la parte come soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado. Peraltro, il criterio di individuazione della soccombenza deve essere unitario e globale anche qualora il giudice ritenga di giungere alla compensazione parziale delle spese di lite per reciproca parziale soccombenza, condannando poi per il residuo una delle due parti; in tal caso, l’unitarietà e la globalità del suddetto criterio comporta che, in relazione all’esito finale della lite, il giudice deve individuare quale sia la parte parzialmente soccombente e quella, per converso, parzialmente vincitrice, in favore della quale deve essere liquidata quella parte delle spese processuali che sia residuata all’esito della disposta compensazione parziale (Cass., n. 15483 del 2008; Cass., n. 4052 del 2009).

Orbene, nel caso di specie, dalla sentenza impugnata emerge che l’unica domanda dell’originario attore, accolta in primo grado, è stata rigettata in appello. Appare dunque evidente quale sia stato l’esito della lite, totalmente favorevole all’appellante, sicchè la mancata riconsiderazione del regime delle spese anche del giudizio di primo grado, essendosi limitata la Corte d’appello a compensare, peraltro senza alcuna specifica motivazione sul punto, le spese del grado di appello, risulta lesiva del principio prima richiamato e non sorretta da idonea motivazione quanto alla disposta compensazione, neanche ove si volesse applicare il principio per cui in tema di regolamento delle spese di lite nel giudizio d’appello, il principio secondo cui la riforma, anche parziale, della pronuncia di primo grado determina la caducazione ex lege anche della statuizione di condanna alle spese, non risulta violato nel caso in cui il giudice di secondo grado confermi espressamente, per le parti non riformate, la sentenza di primo grado, così recependo il pregresso regime delle spese di lite sulla base di una complessiva riconsiderazione, seppure implicita, riguardante entrambi i gradi, dell’esito della lite (Cass., 23634 del 2009). In tal caso, invero, risulterebbe irrimediabilmente violato il principio per cui l’onere delle spese non può gravare sulla parte che all’esito della lite sia risultata vittoriosa. Sussistono pertanto le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”;

che il Collegio condivide tale proposta di decisione, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta;

che, quindi, il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro;

che al giudice del rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni relative alle spese di lite, e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2011

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