Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15325 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15325 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 24102-2009 proposto da:
CORTESE

ALESSANDRA

CRTLCU54R61D226Y,
VIA

DARDANELLI

ANTONIO
unitamente
2015

LIUZZI,
agli

CRTLSN53D51D226V,

elettivamente
13,

presso
che

lo

domiciliate

BENEDETTO

LUCIA

in

ROMA,

dell’avvocato

studio

rappresenta

le

avvocati

CORTESE

e

CORTESE,

difende
FRANCA

BORELLA CORTESE;
– ricorrenti –

1195
contro

CORTESE

NOEMI

CRTNM021H70D226H,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 52, presso lo studio

Data pubblicazione: 21/07/2015

dell’avvocato BEATRICE DE SIERVO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato DIANO BASTIANELLO;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1078/2008 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 11/08/2008;

udienza del 22/04/2015 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l’Avvocato ANTONIO LIUZZI, con delega degli
Avvocati BENEDETTO CORTESE, FRANCA BORELLA CORTESE
difensori delle ricorrenti che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato DIANO BASTIANELLO, difensore della
resistente, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

q

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 4.12.1990 Alessandra e Lucia Cortese,
comproprietarie di un fondo sito in Curtarolo, distinto dal mapp. 133 del
foglio IV, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Padova Noemi

fosse individuato l’esatto percorso di una servitù di passaggio pedonale e
carraio, costituita dai rispettivi danti causa con atto di divisione del 6.9.1946 e
gravante sui terreni di proprietà di ciascuna parte. Precisavano, al riguardo,
che sebbene la comunanza di tale passaggio fosse stata accertata con una
precedente sentenza del Pretore di Padova del 4.12.1971, passata in giudicato,
il tracciato della servitù era venuto a gravare quasi esclusivamente sul fondo
di loro proprietà, a causa di recinzioni poste dalla convenuta sull’area
asservita.
Nel resistere in giudizio la Noemi Cortese proponeva domanda
riconvenzionale diretta all’accertamento negativo della servitù di passo a
favore del fondo delle attrici.
Respinte entizuube le domande dal Tribunale, la Corte d’appello di
Venezia, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta dalle attrici,
accertava che la servitù di cui all’atto di divisione del 6.9.1946 doveva
intendersi costituita, per quanto riguardava il fondo delle attrici, nella
posizione indicata in rosso nella planimetria allegata alla relazione del c.t.u.
per una larghezza di due metri per tutto il suo percorso, respingendo ogni altra
domanda delle attrici, salvo dichiarare il diritto di queste ultime di costruire
un muro di cinta fra il terreno di loro proprietà e l’area destinata al passaggio.
Ciò in quanto la Corte territoriale riteneva che le attrici non avessero inteso
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Cortese, proprietaria dell’adiacente fondo distinto dal mapp. 132, affinché

invocare il precedente giudicato esterno di cui alla sentenza del Pretore di
Padova del 4.12.1971, cui esse avevano fatto riferimento solo come prova
della lesione del diritto. L’atto di divisione del 1946, aveva osservato la Corte
veneta, aveva costituito una servitù di passaggio a carico di entrambi i fondi

l’utilità di altri fondi, attualmente appartenenti a Noemi Cortese. In
considerazione del mero asservimento del fondo delle attrici, pertanto,
dovevano essere rigettate le domande che queste ultime avevano proposto per
l’apposizione di cippi, l’arretramento della recinzione e del cancello realizzati
dalla convenuta e per il risarcimento del danno.
Con sentenza n. 6389/05 questa Corte di cassazione annulla”? con rinvio
detta sentenza. Osservava che i giudici d’appello, nel ritenere che il fondo
delle attrici fosse soltanto asservito, escludendo un pari diritto di servitù attiva
gravante sul fondo della convenuta, aveva disatteso il giudicato interno
formatosi sul capo della sentenza del Tribunale che, nel rigettare la domanda
di accertamento negativo della servitù a favore del fondo delle attrici, aveva
invece ritenuto esistente il relativo diritto in virtù del giudicato esterno di cui
alla sentenza pretorile del 4.12.1971.
Riassunto il giudizio da Alessandra e Lucia Cortese, la Corte d’appello di
Venezia, in funzione di giudice di rinvio, con sentenza n. 1078/08 dichiarava
che la servitù di passaggio costituita con l’atto di divisione del 6.9.1946 aveva
la larghezza ed il sedime descritti nell’allegato B della relazione del c.t.u.
Smania del 2.2.1993.
Premetteva la Corte territoriale che per effetto della sentenza di cassazione,
era ormai definitivamente accertato che la servitù in oggetto era stata
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di rispettiva proprietà delle parti non per un vantaggio reciproco, ma per

costituita anche a favore del fondo delle attrici, mentre rimaneva da deciderne
la larghezza e il sedime. L’atto di divisione del 1946 non forniva elementi al
riguardo, affermando soltanto che la servitù interessava entrambi i fondi delle
parti e che essa doveva esercitarsi “nel cortile antistante la casa”. Tale ultima

situazione di fatto esistente in allora, e chiaramente attribuita alla casa
appartenente a Duilio Cortese, padre di Alessandra e Lucia Cortese. Detta
circostanza escludeva che la servitù interessasse un’area della costante
larghezza di quattro metri e che dovesse insistere a cavallo del confine tra i
due fondi di proprietà delle parti per la larghezza di due metri per ciascuno.
Osservava ulteriormente la Corte distrettuale che non era impossibile
risalire alla situazione dei luoghi di allora. Come ricordato dalle stesse
appellanti, il Pretore di Padova, con la sentenza 4.12.1971 aveva condannato
Noemi Cortese ad arretrare la recinzione che ella aveva apposti occupando
una parte del passaggio in questione. Data l’assoluta indeterminatezza di tale
decisione il giudice dell’esecuzione ex art. 612 c.p.c. aveva nominato un
c.t.u., geom. Bortolami, per accertare l’eseguibilità della sentenza. Questi, a
sua volta, aveva rilevato che dal mapp. 132, appartenente all’esecutata,
scendeva uno spalto erboso (di larghezza variabile da m. 1 a m. 0,30 in
direzione interna) e che il terreno di Noemi Cortese era sopraelevato di cm. 50
rispetto al percorso viabile, il che dimostrava, dunque, che la servitù non era
esercitabile oltre tale limite. Il geom. Bcsrtolami aveva anche riportato i dati di
una planimetria da cui si evinceva che l’area destinata al passaggio era
maggiormente spostata verso la proprietà di Alessandra e Lucia Cortese
proprio a causa della presenza degli spalti erbosi, mentre la recinzione si
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precisazione, osservava la Corte veneziana, faceva riferimento ad una

trovava più all’interno, verso la proprietà di Noemi Cortese, la quale ad ogni
modo l’aveva arretrata, come risultava dai verbali della procedura esecutiva.
Né in senso opposto era invocabile la memoria difensiva depositata
dall’esecutata nel processo di esecuzione, nella quale era stato dato atto che la

infatti, non aveva valore confessorio, in quanto sottoscritta solo dal difensore,
conteneva degli errori di fatto sulla situazione reale dei luog1-:_ e non era
vincolante quanto alle valutazioni giuridiche ivi espresse.
Pertanto, concludeva la Corte veneta, la servitù di passaggio non era
perfettamente a cavallo dei due mapp. 132 e 133, ma ricadeva in misura
maggiore su quest’ultimo, per cui non poteva essere accolta la domanda
accessoria delle attrici, diretta ad ottenere la condanna di Noemi Cortese ad
arretrare la recinzione e il cancello e a risarcire i danni.
Per la cassazione di tale pronuncia Alessandra e Lucia Cortese propongono
ricorso, affidato a un solo motivo.
Resiste con controricorso Noemi Cortese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo d’impugnazione, corredato da quesito di diritto ex
art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis alla fattispecie, parte ricorrente
deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 384, comma 1 c.p.c.,
in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.
Sostiene che la sentenza impugnata non si sia attenuta al principio di diritto
fissato da questa Corte Suprema, ed abbia proceduto ad un integrale riesame
dei fatti accertati nelle precedenti fasi del giudizio, operandone una diversa
valutazione. Afferma testualmente il motivo che “(i)1 Giudice del rinvio
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servitù di passaggio gravava in parti uguali sui due fondi. Tale memoria,

avrebbe dovuto (…) limitarsi alla presa d’atto del giudicato interno
riconoscendo l’esistenza di un diritto di servitù attiva in favore del fondo delle
due appellanti, oggi ricorrenti, e giudicare di conseguenza sulle loro domande;
fatta adeguata applicazione, per il resto ed in specie per la collocazione e la

precedente sentenza della Corte” (così, a pag. 11 del ricorso).
Pertanto, conclude parte ricorrente, il rispetto del principio di diritto
enunciato nella sentenza n. 6389/05 che ha cassato con rinvio la prima
pronuncia della Corte veneta, avrebbe dovuto condurre il giudice di rinvio “ad
affermare che la servitù prediale di passaggio oggetto del giudizio deve essere
esercitata sullo spazio di quattro metri necessario al suo corretto esercizio,
posto a cavaliere fra i due mappali adiacenti, nella collocazione accertata dalla
sentenza n. 1969/00 della Corte d’appello di Venezia e che essa servitù deve
ritenersi imposta a favore ed a carico del fondo di proprietà delle ricorrenti;
grava, perciò, per due metri a carico del fondo di proprietà di Alessandra e
Lucia Cortese e per i restanti due metri a carico del fondo della convenuta
Noemi Cortese” (ibidem).
2. – Il motivo è infondato.
Accogliendo il secondo mezzo del ricorso incidentale proposto da
Alessandra e Lucia Cortese, la sentenza 6389/05 di questa Corte ha cassato la
pronuncia d’appello n. 1969/00 la quale aveva escluso una servitù reciproca,
ritenendo che l’atto di divisione del 6.9.1946 avesse asservito le rispettive
proprietà delle parti in favore di altri fondi interni, divenuti di proprietà della
stessa Noemi Cortese. Ed ha accolto il predetto secondo motivo d’appello
incidentale di Lucia e Alessandra Cortese in quanto, non avendo Noemi
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larghezza del sedime della servitù, degli accertamenti già recepiti dalla

Cortese impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui questa aveva
rigettato la domanda riconvenzionale di accertamento negativo della servitù
vantata dalle attrici, si era formato il giudicato interno sull’esistenza di
quest’ultima servitù a vantaggio della proprietà di Lucia e Alessandra Cortese.

contrariamente a quanto ritiene la parte odierna ricorrente — implica quale
dato di fatto acquisito e presupposto, del pari vincolante come tale per il
giudice di rinvio, che la sede del passaggio fosse da collocare a cavallo della
linea di confine tra le rispettive proprietà delle parti, come invece aveva
ritenuto la sentenza n. 1969/00.
Non vi è, infatti, alcun nesso logico-giuridico tra il giudicato interno
affermativo della servitù attiva di passaggio in favore del fondo delle attrici, e
l’allocazione di esso. Il giudicato interno rilevato da Cass. n. 6389/05, infatti,
riposa sulla mancata impugnazione del capo della sentenza di primo grado che
aveva rigettato la riconvenzionale d’accertamento negativo proposta dalla
convenuta, e non su altro. Il /ocus materiale del passaggio, invece, era sin
dall’inizio ed è rimasto successivamente l’unico vero oggetto del contendere.
Lo dimostra — indiscutibile — il fatto che la ridetta sentenza di cassazione
abbia dichiarato assorbito l’esame (sia del primo motivo dell’impugnazione
incidentale stessa, sia) del ricorso principale proposto da Noemi Cortese. La
quale si era dolulkt, appunto, della localizzazione del tracciato del passaggio in
misura paritaria tra i due fondi (due metri per ciascuno).
Del resto, se quest’ultimo accertamento di fatto fosse stato intangibile da
parte del giudice di rinvio, non si spiegherebbe su quale altra questione di
merito questi avrebbe dovuto provvedere.
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Tale sentenza non reca, però, altre statuizioni ablatorie, né

3. – Il ricorso va, pertanto, respinto.
4. – Non del tutto agevole la ricostruzione fattuale e giuridica della vicenda,
si esclude un giudizio di temerarietà del ricorso, e con esso la responsabilità
aggravata della parte ricorrente.

parte ricorrente.
P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che
liquida in € 4.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 22.4.2015.

5. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della

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