Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15324 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15324 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA
sul ricorso 24785-2013 proposto da:
ZIPPI

PAOLA

elettivamente

ZPPPLA61A65F656G,

domiciliata in ROMA, V.MUGGIA 33, presso lo studio
dell’avvocato ANTONIO LABATE, rappresentata e difesa
dall’avvocato UBALDO GIULIANI BALESTRINO;
– ricorrente contro

2015
971

ZIPPI LUCIANO C.F.ZPPLCN51TO1L1230,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA N. 29, presso lo
studio dell’avvocato STEFANO CAPONETTI,
rappresenta

e

difende

unitamente

che lo

all’avvocato

Data pubblicazione: 21/07/2015

VINCENZO CAROSI;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 452/2013 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 25/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

D’ASCOLA;
udito l’Avvocato Giuliani Balestrini Ubaldo difensore
della ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso e delle memorie;
udito

l’avv.

Caponetti

Stefano

difensore

del

controricorrente che ha chiesto l’inammissibilità o
il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

udienza del 17/03/2015 dal Consigliere Dott. PASQUALE

Svolgimento del processo

1)Con atto avviato per la notifica il 29 ottobre 2013, Paola
ZIPPI ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza 25
marzo 2013 della Corte di appello di Firenze.

causa di incolpevole mancato perfezionamento della notifica.
Fissata udienza camerale, presente il difensore dell’intimato, già
costituitsi con atto del 31 dicembre 2013, il quale non si è
opposto all’istanza, è stato concesso il termine richiesto per
rinnovare la notifica.
In vista dell’odierna udienza di discussione, le parti hanno
presentato memorie.
Motivi della decisione
2) Il ricorso riferisce che il tribunale di Arezzo «essendo stata
richiesta la divisione di più beni tutti appartenenti al 50% ai
fratelli Paola e Luciano Zippi – avendo il ctu osservato che il
frazionamento dei singoli beni ne avrebbe diminuito il valore,
aveva ritenuto “inutile e defatigatoria” una divisione basata sul
principio che ogni eredità dovesse essere frazionata separatamente
dalle altre. E aveva imperniato di tale argomento la propria
sentenza n. 115/06 del 26 settembre 2006».
Di seguito il ricorso riporta testualmente le conclusioni assunte
dalle parti in appello e il dispositivo della sentenza della Corte
di Firenze, nella sola parte relativa alla condanna alle spese.
Svolge una complessa censura.
2.1) IL ricorso va dichiarato inammissibile per più profili.
n. 24785-13 D’Ascola rei

O ,V

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Parte ricorrente ha svolto istanza di rimessione in termini, a

In primo luogo esso è carente nella indicazione dei fatti di
causa, che è indispensabile ex art. 366 n. 3 c.p.c.
Solo grazie all’esame delle due sentenze di merito e alla lettura
del controricorso è infatti possibile ricostruire che il tribunale
di Arezzo Montevarchi con sentenza 27 settembre 2006 ha accolto la

Paola Zippi contro Luciano Zippi, attribuendo vari immobili
all’uno e all’altro dei condividenti.
Il tribunale ha inoltre assegnato a Luciano la somma di euro
20.000, quale rimborso spese per gestione degli immobili,
compensandola con il conguaglio da questi dovuto alla coerede.
A tal fine ha ritenuto che era irrilevante ogni questione sulla
provenienza dei beni da diversi danti causa; ha affermato che
sarebbe stato “cattivo servizio alla Giustizia” mantenere più
comproprietà tra i fratelli che avrebbero continuato a “litigare
all’infinito”; che “il frazionamento delle singole unità
immobiliari” ne avrebbe deprezzato il valore.
La Corte di appello di Firenze ha capovolto tale decisione con
sentenza 25 marzo 2013.
Dopo aver ritenuto inammissibile l’intervento in appello spiegato
dalla Consulta srl,la Corte ha osservato che i beni provenivano da
tre masse plurime e che, avendo l’appellante chiesto distinte
divisioni per ciascuna di esse, non si poteva dar luogo a una
divisione unitaria, confondendo le diverse provenienze.

Ha quindi proceduto alla individuazione delle singole masse,
valutando la divisibilità e non divisibilità dei singoli cespiti e
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domanda di divisione immobiliare di masse plurime proposta da

ha disposto la rimessione al primo giudice per la formazione del
progetto divisionale secondo le masse e i criteri suddetti.
2.1.1) Da quanto esposto si comprende agevolmente come non sia
stata svolta adeguatamente l’esposizione sommaria dei fatti di
causa, che deve essere tale da consentire alla Corte di cassazione

indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e
dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e
delle posizioni in esso assunte dalle parti (SU 11826/13).
Manca invece nella specie la necessaria “chiara e completa visione
dell’oggetto dell’impugnazione” (Cass.16315/07) e non è stata
assolta la “funzione riassuntiva” (Cass. 1905/12), che sta alla
base della previsione normativa.
E’ bene dire che la lettura dei motivi non riesce a colmare la
lacuna ed anzi evidenzia la difficoltà di comprendere dal solo
ricorso l’esatto svolgersi della vicenda.
3) E’ in forza della lettura del controricorso e della sentenza
impugnata che, compresi i fatti di causa, si coglie altro aspetto
di inammissibilità, costituito dalla articolazione di tutte le
censure su una tesi che prescinde dalla

ratio decidendi e che non

è quindi idonea all’impugnazione.
La tesi della ricorrente sembrerebbe essere quella che il
tribunale aveva negato la divisione dei beni non solo perché il
perdurare di più condomìni tra i fratelli avrebbe fatto perdurare
i loro contrasti, ma anche perché i beni sarebbero stati
deprezzati e ciò andava contro l’interesse anche dell’odierno
n. 24785-13

D’Ascola rei

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di conoscere dall’atto, senza attingerli “aliunde”, gli elementi

resistente. Quest’ultimo non avrebbe impugnato questa autonoma
ragione della decisione e pertanto il diniego della divisione
sarebbe passato in giudicato.
Inoltre secondo la ricorrente “la divisione per masse plurime non
è nell’interesse di Luciano Zippi” e avrebbe portato a un

sentenza. Cosicchè, par di capire, sarebbe mancato il suo
interesse ad appellare.
3.1) Questa argomentazione si scontra con l’evidenza decisoria
della sentenza di appello.
Essa riconosce infatti che sin dall’inizio della causa era stato
l’appellante a chiedere “distinte divisioni per le distinte
masse”, in conformità agli principi giuridici in materia,
puntualmente ribaditi dalla Corte di appello a pag. 6, in
accoglimento della specifica doglianza che era stata esposta
dall’appellante.
Era quindi inequivocabile che Luciano Zippi aveva fatto valere in
primo grado – e ancor più ribadito in appello – il diritto (ciò
basta a dar corpo ad un interesse giuridicamente apprezzabile) di
conseguire una parte dei beni per ciascuna delle tre masse (tre
danti causa) da cui provenivano i beni, principio che, se non
rispettato, avrebbe portato all’inconcepibile esito di togliere a
un soggetto la proprietà di ciò che era già suo, almeno pro quota,
contro la sua volontà, fuori dal meccanismo della singola
divisione delle varie masse.

n. 24785-13 D’Ascola rei

q

6

risultato deteriore rispetto a quello sancito dalla prima

Il riconoscimento di tale diritto escludeva e assorbiva ogni altro
ragionamento sul deprezzamento conseguente alla divisione secondo
le regole delle masse plurime: non aveva senso infatti discutere
della convenienza della divisione dei beni, senza il presupposto
della divisione delle masse plurime.

ogni singola massa secondo le regole codicistiche della divisione
travolgeva ogni altra argomentazione, facendo venir meno il
presupposto dei confusi ragionamenti del tribunale.
Ed infatti la Corte ha considerato prive di senso giuridico le
affermazioni del tribunale circa la nocività della perdurante
sussistenza do condomini tra i fratelli.
E’ dunque insussistente la premessa da cui muove parte ricorrente,
circa: la mancata impugnazione in appello di una ratio decidendi;
il giudicato sulla sentenza di primo grado e la carenza di
interesse dell’odierno resistente.
Poiché la ratio della decisione resa dalla Corte di appello è la
imprescindibilità e inevitabilità della divisione secondo le
regole delle masse plurime, questione decisiva e assorbente di
ogni ragionamento sugli effetti di tale divisione, risulta palese
la artificiosità della costruzione proposta per attaccarla.
Tale carattere rivela la inammissibilità stessa del motivo, che
concorre con la inammissibilità derivata dalla violazione di cui
all’art. 366 c.1 n. 3 c.p.c.
Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del
ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite,
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La necessità, riconosciuta dalla Corte di appello, di dividere

liquidate in dispositivo, in relazione al valore della
controversia.
Trattandosi di ricorso successivo al 31 gennaio 2013, va dato atto
della sussistenza delle condizioni di cui all’art. l quater del
d.p.r 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dal comma 17 dell’art. l

titolo di contributo unificato.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese
di lite liquidate in euro 4.000 per compenso, 200 per esborsi,
oltre accessori di legge e rimborso delle spese generali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. l, comma 17, della legge n. 228 del 2012,
dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da

n
parte deltl-ricorrente gggegagai5, dell’ulteriore importo
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per

a 1/(
il

ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella Camera di consigl o della 2^ sezione
civile tenuta il 17 marzo 2015

della legge n. 228/12 per il versamento di ulteriore importo a

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