Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15323 del 17/07/2020

Cassazione civile sez. II, 17/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 17/07/2020), n.15323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20855-2019 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASIAGO, 9, presso

lo studio dell’avvocato EDOARDO SPIGHETTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato SILVANA GUGLIELMO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. cron. 1484/2019 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositato il 23/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/02/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso depositato il 2.2.2018, B.S., cittadino (OMISSIS) di religione (OMISSIS) ed etnia (OMISSIS), ha impugnato la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone, che aveva rigettato la richiesta di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.1. Durante l’audizione effettuata in sede amministrativa, l’odierno ricorrente aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese nel dicembre 2014 in quanto, mentre pascolava il proprio bestiame, era entrato nel terreno di proprietà di un’altra famiglia ed aveva distrutto le coltivazioni. Ne era nato un conflitto familiare, in seguito al quale era stato ucciso lo zio e, per timore di ritorsioni, aveva lasciato il proprio paese d’origine. Non si era rivolto alla Polizia perchè non era vicina al suo villaggio e, in caso di rientro, temeva di poter subire la stessa sorte dello zio.

1.2. Il giudizio si era svolto nel contraddittorio con il Ministero dell’Interno ed era stata disposta l’audizione del ricorrente nel giudizio di primo grado.

1.3. Nel motivare la propria decisione di rigetto, il Tribunale ha evidenziato che il racconto del ricorrente risultava generico, privo di dettagli in relazione all’episodio dell’invasione dei terreni, contraddittorio sulle modalità con cui sarebbe avvenuta ed inattendibile in relazione alle conseguenze in caso di rientro.

1.4. La richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato andava rigettata considerando che non potevano ravvisarsi gli estremi per ritenere configurabile una forma di persecuzione ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c);

1.5. La richiesta di riconoscimento della protezione sussidiaria andava rigettata sia ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non avendo il ricorrente dedotto alcun fatto legittimante una richiesta in tal senso, sia ai sensi della lett. c) del decreto citato, non potendo ravvisarsi nella zona di provenienza del ricorrente una situazione di violenza indiscriminata tale da minacciarne l’incolumità.

1.6. La richiesta di riconoscimento della protezione umanitaria andava disattesa in considerazione del fatto che il ricorrente, ormai maggiorenne, non era radicato nel territorio dello Stato, dove svolgeva attività di volontariato mentre i suoi stabili legami affettivi erano in (OMISSIS).

2.Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso il B.S. sulla base di quattro motivi.

2.1. Il Ministero degli interni non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 per non aver il giudice di merito concesso la protezione sussidiaria, senza tener presente le ragioni che lo avrebbero indotto a lasciare il paese d’origine ed il timore di subire un danno grave alla propria incolumità in caso di rientro nel proprio Paese, da parte delle persone con cui la propria famiglia era entrata in conflitto. Contesta che la valutazione della credibilità sia avvenuta su base soggettiva e senza che il Tribunale avesse svolto indagini in ordine al paese d’origine.

2.Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per essere il giudice di merito venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria.

3.Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione della L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 9, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale non si sarebbe avvalso delle informazioni sul (OMISSIS) da parte della Commissione Asilo, riportando, invece, notizie relative al Paese del tutto generiche omettendo le indagini relative ai conflitti sulle terre, che sarebbero diffusi in Africa.

4. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili.

4.1. Affinchè sia censurabile l’organo giudicante sotto il profilo del mancato espletamento della cooperazione istruttoria, è necessario che il ricorrente abbia preventivamente adempiuto l’onere di allegazione sullo stesso gravante, mediante dimostrazione di credibilità dei fatti allegati, i quali, per consolidato orientamento giurisprudenziale, devono rivestire i caratteri della precisione, gravità e concordanza (Cass., Sez. 6-1, n. 14157/2016; Cass., Sez. 1, n. 10177/2011, Rv. 618255-01; Cass., Sez. 1, n. 18353/2006, cit.; Cass., Sez. 1, n. 26278/2005, Rv. 585003-01).

4.2. Secondo il principio costantemente affermato da questa Corte, in materia di protezione internazionale, il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. (Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, n. 21142).

4.3. Nella specie, il Tribunale, non solo non ha ritenuto credibile la versione sostenuta da parte ricorrente, perchè lacunosa è generico ma ha ricondotto i motivi dell’espatrio a questioni privati non riconducibili alle ipotesi di cui alla Convenzione di Ginevra. I motivi che, secondo la stessa allegazione del ricorrente, lo avevano costretto a lasciare il proprio Paese non proveniva da un’autorità statale o parastatale, nè ò stato dedotto che lo Stato non offriva adeguata protezione ma solo che era distante dal suo villaggio l’Ufficio di Polizia.

4.4. Quanto al profilo del mancato espletamento della cooperazione istruttoria, secondo la giurisprudenza di questa Corte è necessario che il ricorrente abbia preventivamente adempiuto l’onere di allegazione sullo stesso gravante, mediante dimostrazione di credibilità dei fatti allegati, i quali, per consolidato orientamento giurisprudenziale, devono rivestire i caratteri della precisione, gravità e concordanza (Cass., Sez. 6-1, n. 14157/2016; Cass., Sez. 1, n. 10177/2011, Rv. 618255-01; Cass., Sez. 1, n. 18353/2006, cit.; Cass., Sez. 1, n. 26278/2005, Rv. 585003-01).

5. Con il quarto motivo di ricorso, deducendo la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) lamenta che il Tribunale non avrebbe concesso la protezione sussidiaria senza considerare le condizioni del (OMISSIS), caratterizzato dalla violazione dei diritti umani e da numerosi episodi di violenza, soprattutto nel Sud del Paese, nella zona di (OMISSIS).

5.1. Il motivo non è fondato.

5.2. Il Tribunale, attraverso il richiamo puntuale alle informazioni aggiornate relative al (OMISSIS), ha chiarito che non sussiste una situazione di conflitto generalizzato tale da esporre il ricorrente, per il fatto stesso di trovarsi nel Paese, al pericolo di morte; molteplici ed autorevoli reports aggiornati di organismi internazionali erano atti a testimoniare che, sebbene in passato vi fossero stati effettivamente momenti di scontro tra il movimento separatista ed il governo nazionale, in seguito al cessate il fuoco entrato in vigore nel 2012, gli stessi siano divenuti “eventi sporadici”, non rientranti nell’ambito della violenza indiscriminata, come interpretata dalla Corte di Giustizia (sentenza 17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; Cass. n. 13858 del 2018).

5.3. Il riferimento ad altre fonti come il sito (OMISSIS) curato dal Ministero degli Affari esteri, oltre che inidoneo a tale scopo perchè diretto a fornire informazioni sulla sicurezza dei Paesi stranieri ai cittadini italiani durante i loro spostamenti all’estero, esclude una situazione di conflitto interno armato, come configurato dalla giurisprudenza sovranazionale.

5.4. La presenza di un grado accentuato di criminalità comune non è sufficiente ad integrare il requisito del conflitto armato, trattandosi di piaga diffusa anche nei paesi di destinazione.

6. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, dell’art. 2 Cost. e degli artt. 3 ed 8 della CEDU per non aver il giudice di merito riconosciuto il diritto del richiedente al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari nonostante in (OMISSIS) vi fosse una sistematica violazione dei diritti umani.

6.1. Il motivo non è fondato.

6.2. Il rilascio del permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie, nella disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 – applicabile ratione temporis, in conformità a quanto disposto da Cass., Sez. Un. 29459 del 13/11/2019, essendo stata la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno proposta prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018 rappresenta una misura atipica e residuale, volta a tutelare situazioni che, seppur non integranti i presupposti per il riconoscimento delle forme tipiche di tutela, si caratterizzino ugualmente per la condizione di vulnerabilità in cui versa il richiedente la protezione internazionale.

6.3. L’accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088; Cass. civ., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298 – 01), alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione.

6.4. Le Sezioni Unite hanno consolidato l’indirizzo espresso dalle Sezioni Semplici, secondo cui occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto nel nostro Paese, isolatamente ed astrattamente considerato (Cassazione civile sez. un., 13/11/2019, n. 29459).

6.5. Il Tribunale, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha puntualmente valutato entrambe le condizioni menzionate, ritenendo il percorso di integrazione sociale nel territorio italiano, attestato dallo svolgimento dell’attività di tirocinio e dalla frequenza di un corso di apprendimento della lingua italiana, non integrasse un effettivo radicamento sul territorio. Inoltre, non ha ravvisato nelle condizioni del ricorrente una situazione integrante la condizione dei “seri motivi” di carattere umanitario, derivante dalla compromissione dei diritti umani fondamentali, il cui accertamento è presupposto indefettibile per il riconoscimento della misura citata (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/01/2020, n. 625; Cass. civ., Sez. 6 – 1, n. 25075 del 2017).

7. Il ricorso va pertanto rigettato.

7.1. Non deve provvedersi sulle spese non avendo il Ministero dell’Interno svolto attività difensiva.

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 2 bis se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 2 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2020

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