Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15322 del 20/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/06/2017, (ud. 20/01/2017, dep.20/06/2017),  n. 15322

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14975/2015 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE

REALE giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 721/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI del

29/04/2014, depositata il 19/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE

CHIARA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

la Corte d’appello di Bari, respingendo il gravame della sig.ra F.A., ha confermato la sentenza con cui il Tribunale aveva a sua volta respinto l’opposizione dell’appellante allo stato passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l., dal quale era stato escluso il credito della medesima per retribuzione e trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato;

la Corte ha ritenuto che il rapporto di lavoro non fosse stato provato, essendosi l’attrice limitata a produrre documenti – quali le buste paga dei soli mesi di agosto, settembre, ottobre e novembre 2004 e i modelli CUD 2004 e 2005 – non soltanto di incerta provenienza e privi di sottoscrizione del datore di lavoro, ma altresì attestanti, semmai, le retribuzioni effettivamente percepite, non quelle ancora da percepire; la sig.ra F. ha proposto ricorso per cassazione con un solo motivo, cui non ha resistito la curatela intimata.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

l’unico motivo di ricorso, con il quale, denunciando violazione dell’art. 2697 c.c. e “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, è manifestamente infondato;

per un verso, infatti, la Corte d’appello ha correttamente ritenuto che l’onere di provare la sussistenza del rapporto di lavoro gravi sul lavoratore che si insinui al passivo fallimentare; per altro verso, la censura di vizio di motivazione è formulata in maniera inammissibile – trovando qui applicazione, ratione temporis, il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come modificato con D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, che consente la deduzione del diverso vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” – e si sostanzia in pure e semplici critiche di merito;

il ricorso va pertanto respinto;

in mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali;

poichè dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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