Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15320 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2021, (ud. 11/03/2021, dep. 03/06/2021), n.15320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 38330/2019 R.G., proposto da:

la “Vigne Nuove S.r.l.”, con sede in (OMISSIS) (PE), in persona

dell’amministratore unico pro tempore, cessata dal (OMISSIS) per gli

effetti del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4,

rappresentata e difesa dall’Avv. Gianluca Di Blasio, con studio in

Montesilvano (PE), elettivamente domiciliata presso l’Avv. Paolo Di

Gravio, con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso

introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;

– controricorrente –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

dell’Abruzzo il 9 maggio 2019 n. 425/07/2019, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28

ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18

dicembre 2020, n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso

dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del

Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) dell’11 marzo 2021 dal

Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La “Vigne Nuove S.r.l.” ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo il 9 maggio 2019 n. 425/07/2019, non notificata, la quale, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per l’IVA relativa all’anno 2012, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei suoi confronti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Pescara il 14 novembre 2017 n. 1019/02/2017, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure, sul presupposto che l’errore nella compilazione del “Modello Unico 2013” dovesse essere escluso. L’Agenzia delle Entrate si costituisce con controricorso, eccependo, tra l’altro, la nullità dei ricorso per cassazione. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta redatta dal relatore designato è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza non sono state presentate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 34, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè violazione e/o falsa applicazione dell’art. 166 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè ancora nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver erroneamente ritenuto che “l’errore nella barratura della casella 8 da parte del contribuente contrasti con la mancata corresponsione del tributo a prescindere dal regime fiscale opzionato, con la circostanza che per l’annualità successiva, 2013, furono adottate le medesime modalità ed infine che l’invocato errore sia eccessivamente eclatante per essere ritenuto verosimile”.

2. Con il secondo motivo, si denuncia “omessa considerazione di un fatto discusso dalle parti, determinante al fine di decidere del giudizio sullo specifico tema della violazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, e art. 10, comma 1, (Statuto del Consumatore), del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 ter, comma 4”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver tenuto conto dell’inosservanza del contraddittorio preventivo da parte dell’amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente.

Ritenuto che:

1. Preliminarmente, si deve esaminare l’eccezione di nullità del ricorso per cassazione, che è stata proposta dalla controricorrente sul rilievo della cessazione (mediante cancellazione dal registro delle imprese) della ricorrente con decorrenza dal (OMISSIS) (per gli effetti del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4).

1.1 L’eccezione è infondata.

1.2 Il D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, dispone che: “Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c., ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del registro delle imprese”.

1.3 Secondo l’interpretazione di questa Corte, il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2, che, ai sensi del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, opera soltanto nei confronti dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi o contributi, sì applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese, che costituisce il presupposto di tale differimento, sia stata presentata nella vigenza della disposizione, e pertanto il 13 dicembre 2014 o successivamente, in quanto la norma reca disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal registro delle imprese e non ha pertanto efficacia retroattiva (Cass., Sez. 5″, 2 aprile 2015, n. 6743; Cass., Sez. 6A-5, 24 luglio 2015, n. 15648; Cass., Sez. 6A-5, 21 febbraio 2020, n. 4536).

In proposito, si è osservato che, con riguardo all’ambito temporale di efficacia della norma, questa intende limitare (per il periodo da essa previsto) gli effetti dell’estinzione societaria previsti dal codice civile, mantenendo parzialmente per la società una capacità e soggettività (anche processuali) altrimenti inesistenti, al “solo” fine di garantire (per il medesimo periodo) l’efficacia dell’attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiedere tributi o contributi, con sanzioni ed interessi. Pertanto, la norma opera su un piano sostanziale e non “procedurale”, in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione (in termini: Cass., Sez. 6-5, 21 febbraio 2020, n. 4536).

1.4 Nella specie, l’avviso di accertamento è stato notificato dall’amministrazione finanziaria (23 maggio 2015) prima della cancellazione della contribuente dal registro delle imprese ((OMISSIS)), ma dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, per cui si deve escludere l’operatività dell’estinzione in pendenza del presente giudizio.

2. Ciò detto, si può procedere all’esame dei singoli motivi del ricorso per cassazione.

3. Il primo motivo è inammissibile.

3.1 Per giurisprudenza costante, con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., Sez. 6-5, 7 dicembre 2017, n. 29404).

3.2 Nella specie, prospettando una mescolanza ed una commistione di più vizi denunciabili ai sensi dell’art. 360 c.p.c., il ricorrente si duole, in buona sostanza, per la ricostruzione e la valutazione del fatto da parte del giudice di appello (in relazione al controverso errore nella compilazione del “Modello Unico 2013”), in tal modo pretendendo una rinnovazione dell’accertamento di merito, che non è consentita al giudice di legittimità.

4. Anche il secondo motivo è inammissibile.

4.1 Per costante giurisprudenza di questa Corte, l’onere di riproposizione in appello delle eccezioni non accolte in primo grado opera anche nel processo tributario, a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 56, sicchè l’omessa specifica riproposizione in sede di gravame preclude l’esame del relativo motivo di ricorso per cassazione (tra le altre: Cass., Sez. 65, 18 maggio 2018, n. 12191; Cass., Sez. 3, 13 novembre 2020, n. 25840).

Tuttavia, al fine di dimostrare l’adempimento di tale onere, occorreva la trascrizione in ricorso delle parti rilevanti della memoria di costituzione nel giudizio appello in cui l’eccezione era stata riproposta.

2.2 Nella specie, oltre a non aver dedotto di aver riproposto in sede di appello l’eccezione disattesa dal giudice di prime cure, il ricorrente non ha richiamato nè riprodotto l’atto difensivo in cui l’eccezione era stata riproposta. Aggiungasi, stando al tenore della narrativa della sentenza impugnata, che la ricorrente si era limitata ad un generico richiamo delle difese e delle eccezioni proposte nel giudizio di primo grado, che non è idoneo a soddisfare la specificità richiesta dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 56.

3. Pertanto, alla stregua delle precedenti argomentazioni, si deve dichiarare l’inammissibilità del ricorso.

4. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, in relazione al tenore della pronunzia adottata, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, che liquida nella somma complessiva di Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; dà atto dell’obbligo, a carico della ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 11 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

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