Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1532 del 27/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1532 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

IRPEG IVA e IRAP –

SENTENZA

accertamento

sul ricorso proposto da:
~ZIA. DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n.
12;
– ricacrente )

contro
SOCIE’ DI AIZENAMNTO PACID SCIRCICNt700 ari;

intimata

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
dell’Emilia Ramagna n. 102/20/06, depositata il 7 settembre 2006;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23 maggio 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udita l’avvocato dello Stato Paola Zerman per la
ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso per
l’accoglimento del quinto motivo del ricorso e per il rigetto del
resto.

Data pubblicazione: 27/01/2014

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione,
affidato a cinque motivi, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria regionale dell’EMilia Romagna che,
rigettandone l’appello incidentale ed accogliendo l’appello
principale della Società di Allenamento Paolo Sorcionovo srl, nel
giudizio introdotto con l’impugnazione dell’avviso di
accertamento ai fini dell’IRPEG, dell’IRAP e dell’IVA per l’anno
2001, ha ritenuto, in ordine alla percentuale di ricarico per il
Commissione provinciale, che il giudice tributario non abbia
alcun potere di determinare percentuali di ricarico in via
equitativa, e che l’amministrazione aveva applicato al caso di
specie la percentuale del 200% senza fornire idonea motivazione o
riferimento alle medie riscontrate nel settore, le quali, pur
avendo un valore meramente indiziario, costituiscono tuttavia un
elemento che favorisce il contraddittorio.
Ha in particolare affermato che in presenza di contabilità
regolare l’accertamento dei maggiori ricavi d’impresa non può
essere affidato alla considerazione della difformità della
percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a
quella mediamente riscontrata nel settore, ove tale difformità
non raggiunga livelli di abnormità e irragionevolezza.
Ha poi annullato il mancato riconoscimento della
detraibilità della spesa di lire 10.000.000 sostenuta per un
corso per l’utilizzo del computer, e ciò “alla luce della realtà
odierna, nella quale, secondo comune esperienza, l’ausilio di
macchine elettroniche appare utile per l’economicità di
qualsivoglia impresa”.
La società contribuente non ha svolto attività nella
presente sede.
MOTIVI DELLA. DECISICRE

Con il primo motivo, premesso che la contestata omessa
contabilizzazione di elementi positivi del reddito era stata
desunta dalla circostanza che la percentuale di ricarico relativa
al servizio di ferratura per il 2001, anno oggetto
dell’accertamento, era del -181%, vale a dire un valore negativo,
ed era perciò vistosamente inferiore a quella del 549,6% rilevata
per il medesimo servizio per il 1999, il che aveva indotto

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servizio di ferratura dei cavalli, ridotta al 100% dalla

l’ufficio a considerare inattendibile il dato dichiarato per il
2001, al quale veniva “in via prudenziale” applicata una
percentuale di ricarico pari al 200%, l’amministrazione
ricorrente denunciando la violazione dell’art. 39, primo coma,
lettera d), del d.P.R. n. 600 del 1973, deduce che la
ricostruzione dei ricavi non dichiarati era stata operata sulla
base della percentuale di ricarico dichiarata per un anno
precedente di valore notevolmente superiore a quello dichiarato
raggiunta la prova presuntiva di un ricavo non contabilizzato non sussistendo l’obbligo per l’ufficio di supportate siffatti
elementi specifici anche con riferimento ai dati statistici di
settore -, con conseguente spostamento sulla contribuente
dell’onere di provare che il reddito presunto sulla base di tale
percentuale di ricarico non esiste o esiste in misura inferiore.
Con il secondo motivo denuncia insufficiente e
contraddittoria motivazione, per il riferimento
all’utilizzabilità dei dati statistici di settore, mai richiamati
dalle parti.
Con il terzo motivo denuncia la contraddittorietà della
motivazione per l’incoerenza tra le due uniche statuizioni sulle
quali è fondata la sentenza.
Con il quarto motivo censura la decisione, sotto il profilo
della violazione di legge e dell’error in procedendo, assumendo
che il giudice tributario che riconosca la fondatezza delle
censure del contribuente sui criteri di determinazione di maggior
reddito – nella specie relativi all’utilizzazione del criterio
della percentuale di ricarico di un anno precedente – non possa
limitarsi ad emettere una pronuncia di illegittimità dell’avviso,
ma debba decidere nel merito.
Con il quinto motivo, con riguardo alla detraibilità della
spesa per il corso per l’utilizzazione del computer, denunciando
violazione dell’art. 2697 cod. civ., nonché dell’art. 75 del
tuir, critica la sentenza impugnata perché, anziché affermare la
necessità per il contribuente di provare il requisito della
inerenza, si è limitata ad affermare in via del tutto astratta
una generica funzionalità dell’informatica all’esercizio di

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per l’anno in esame, e ciò sarebbe sufficiente a ritenere

qualsiasi impresa, prescindendo da qualsiasi accertamento in
concreto della inerenza.
I primi quattro motivi, da esaminarsi congiuntamente in
quanto strettamente legati, sono fondati.
Questa Corte ha infatti affermato che nello “accertamento
delle imposte sui redditi, i principi di inerenza dei dati
raccolti ad un determinato e specifico periodo di imposta e di
effettività della capacità contributiva escludono la legittimità
da quello in cui è stata accertata la produzione, ma non
precludono all’Amministrazione finanziaria di avvalersi,
nell’accertamento del reddito (o del maggior reddito), di dati o
notizie comunque raccolti, con la conseguenza Che la percentuale
di ricarico può essere legittimamente determinata con riferimento
alla dichiarazione del contribuente relativa al periodo di
imposta precedente, a fronte di un volume di vendite accertato
sulla base di dati afferenti all’esercizio in corso: nella specie
la S.C. ha ritenuto legittimo un accertamento induttivo che, dopo
avere individuato il volume delle vendite per l’esercizio in
corso sulla scorta delle rimanenze iniziali e finali di
magazzino, aveva applicato, per determinare l’imponibile, la
percentuale di ricarico utilizzata dal contribuente nell’anno
precedente” (Cass. n. 5049 del 2011).
In relazione ad un’analoga fattispecie la Corte ha
anzitutto rilevato (Cass. n. 18767 del 2009) essere “principio
consolidato e condiviso, quello secondo cui, pur in presenza di
una contabilità regolarmente tenuta, l’accertamento dei maggiori
ricavi d’impresa puo’ essere affidato alla considerazione della
difformità della percentuale di ricarico applicata dal
contribuente, rispetto a quella mediamente riscontrata nel
settore di appartenenza, allorquando i dati in comparazione
raggiungano livelli di abnormita’ ed irragionevolezza tali da
privare la documentazione contabile di attendibilita’ (Cass. n.
26388 del 2005, n. 5870 del 2003, n. 6337 del 2002, n. 17038 del
2002, n. 1531 del 2000). Costituisce, pure, condiviso principio
quello secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui
redditi, in presenza di un comportamento assolutamente contrario
ai canoni dell’economia, che il contribuente non spieghi in alcun

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della “supposizione della costanza del reddito” in anni diversi

modo, e’ legittimo l’accertamento del reddito d’impresa ai sensi
del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d)
il quale consente di desumere l’esistenza di ricavi non
dichiarati anche sulla base di presunzioni semplici, purche’
gravi, precise e concordanti” (Cass. n. 7680 del 2002, n. 10802
del 2002, n. 111645 del 2001)”.
Nel caso in esame, il giudice d’appello si è discostato da
tali orientamenti giurisprudenziali, non avendo considerato che
quale la percentuale di ricarico applicata dalla stessa
contribuente nel precedente anno 1999 (549,6%), cui l’Ufficio
Finanziario aveva apportato un congruo correttivo, riducendola al
200%, che rendeva del tutto inattendibile, per abnormità ed
irragionevolezza, la percentuale di ricarico di -181%, applicata
dalla nedesima contribuente nell’anno 2001, e, quindi, la
contabilità nel suo complesso; e che, d’altronde, ai fini della
legittimità dell’accertamento induttivo i dati di riscontro
possono essere ricavati anche da alcuni beni, ritenuti
sintomatici e caratterizzanti (Cass. 25684 del 2006, n. 1286 del
2003).
Con riguardo, in particolare, ai vizi di motivazione
denunciati con il secondo ed il terzo motivo, si osserva che, per
un verso, l’aver affermato Che “l’accertamento dei maggiori
ricavi dell’impresa non può essere affidato alla considerazione
della difformità della percentuale di ricarico applicata dal
contribuente rispetto a quella nediamente riscontrata nel
settore” costituisce affermazione non pertinente rispetto alla
fattispecie in esame, nella quale si era fatto riferimento ad una
percentuale di ricarico tratta dalle scritture della stessa
contribuente; e per altro verso, l’avere inoltre ritenuto viziata
la sentenza di primo grado per non avere l’ufficio “fornito
alcuna idonea motivazione o riferimento alle nedie riscontrate
nel settore di appartenenza…” palesa una evidente
contraddittorietà della motivazione alla base della pronuncia di
annullamento dell’atto impositivo.
E’ del pari fondato il quarto motivo, atteso che
“l’impugnazione davanti al giudice tributario attribuisce a
quest’ultimo la cognizione non solo dell’atto, come nelle ipotesi

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l’accertamento era basato su un elemento concreto ed attendibile

di

“impugnazione-annullamento”,

orientate

unicamente

all’eliminazione dell’atto, ma anche del rapporto tributario,
trattandosi di una cd. “impugnazione-merito”, perché diretta alla
pronuncia di una decisione di merito sostitutiva (nella specie)
dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria, implicante
per esso giudice di quantificare la pretesa tributaria entro i
limiti posti dalle domande di parte; ne consegue che il giudice
che ritenga invalido l’avviso di accertamento non per motivi
deve limitarsi ad annullare l’atto impositivo, na deve esaminare
nel merito la pretesa tributaria, e, operando una motivata
valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta
misura, entro i limiti posti dalle domande di parte” (Cass. n.
3309 del 2004).
Infine, è fondato il quinto motivo, in quanto “in tema di
accertamento delle imposte sui redditi, l’onere della prova dei
presupposti dei costi ed oneri deducibili concorrenti alla
determinazione del reddito d’impresa, ivi compresa la loro
inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di
ricavi, tanto nella disciplina del d.P.R. n. 597 del 1973 e del
d.P.R. n. 598 del 1973, che del d.P.R. n. 917 del 1986, incombe
al contribuente. Inoltre, poiché nei poteri dell’amministrazione
finanziaria in sede di accertamento rientra la valutazione della
congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle
dichiarazioni, con negazione della deducibilità di parte di un
costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa,
l’onere della prova dell’inerenza dei costi, gravante sul
contribuente, ha ad oggetto anche la congruità dei medesimili (ex
multis, Cass. n. 4554 del 2010).
Con riguardo ai costi per il corso di informatica, come
osservato dalla ricorrente, il giudice d’appello, anziché
affermare la necessità, e l’onere per la contribuente, di
provarne documentalmente l’inerenza, ha affermato in via astratta
la generica funzionalità dell’informatica all’esercizio di
qualsiasi impresa, prescindendo da ogni accertamento in concreto.
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza va cassata e la
causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della
Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.

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formali, ma di carattere sostanziale – come nella specie -, non

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La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione
tributaria regionale dell’Emilia Romagna.

Così deciso in Roma il 23 maggio 2013.

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