Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1532 del 22/01/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 1532 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: SCARPA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 26567-2014 proposto da:
NAVIGLIO SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE B
BUOZZI 36, presso lo studio dell’avvocato CARLO
MARTUCCELLI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIUSEPPE AMBROSIO;
– ricorrente contro
GESTIONI MARE SRL , elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE
PARIOLI 74/C, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO
MENNITI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GIULIO ERMINIO MORACA;
– controricorrente nonchè contro
LUCIFERO KETTY;

7(2,

15G6/7″?-

– intimata –

Data pubblicazione: 22/01/2018

avverso la sentenza n. 318/2014 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO, depositata il 28/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 14/11/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

articolato in tre motivi contro la sentenza della Corte d’Appello
di Catanzaro n. 318/2014, depositata il 28 febbraio 2014.
Resiste con controricorso la società Gestione Mare s.r.I.,
mentre rimane intimata senza svolgere attività difensive Ketty
Lucifero.
1.11 giudizio ebbe inizio con citazione del 25 marzo 2004
proposta dalla Naviglio S.r.l., la quale chiese di dichiararsi nullo
il contratto di compravendita immobiliare, inerente terreni e
fabbricati siti in Sant’Andrea Apostolo, stipulato in data 9 aprile
1999 tra l’acquirente Gestione Mare s.r.l. e l’alienante Ketty
Lucifero. Con sentenza del 1 febbraio 2007, l’adito Tribunale di
Catanzaro, sezione distaccata di Chiaravalle Centrale, rigettò
la domanda della Naviglio S.r.l., disponendo il prosieguo
istruttorio sulla riconvenzionale risarcitoria spiegata dalla
Gestione Mare s.r.l. per i danni conseguenti alla trascrizione
della citazione effettuata dalla società attrice. La Naviglio S.r.l.
propose appello, rigettato dalla Corte d’Appello di Catanzaro.
La sentenza impugnata ha affermato che, pur essendo
mancata un’espressa pronuncia del Tribunale sulle domande
formulate dalla Naviglio S.r.l. nella memoria ex art. 183 c.p.c.,
le stesse avrebbero dovuto essere dichiarate inammissibili
perché nuove per petitum e causa petendi, in quanto volte
all’accertamento dell’acquisto delle porzioni immobiliari
controverse a titolo orginario di unione o commistione, ovvero
all’accertamento della natura pertinenziale di alcune aree del
Ric. 2014 n. 26567 sez. 52 – ud. 14-11-2017
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La società Naviglio S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione

villaggio Nausicaa, nonché delle servitù esistenti sulle
medesime aree. La Corte d’Appello di Catanzaro, applicando il
principio della ragione più liquida in punto di interesse della
Naviglio s.r.l. alla declaratoria di nullità della compravendita
intercorsa il 9 aprile 1999 tra la Gestione Mare s.r.l. e Ketty

di invalidità stabilite dall’art. 1418 c.c., stante anche la
genericità della domanda attorea.
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Gianfranco Servello, ha depositato le sue
conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c., chiedendo
di rigettare il ricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c.
II. Il primo motivo di ricorso della Naviglio S.r.l. denuncia la
violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., avendo la
Corte d’Appello ritenuto mancante uno specifico motivo di
impugnazione in ordine alla richiesta di prova, invece reiterata
dalla ricorrente nell’atto di appello.
Il motivo denota un evidente difetto dei necessari requisiti di
specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata.
La Corte d’Appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile la
richiesta di prova testimoniale riformulata in appello, perché la
stessa era stata già rigettata in primo grado (dando per
pacifica fra le parti la circostanza che le particelle acquistate
dalla Gestione Mare s.r.l. siano all’interno dell’area recintata
del villaggio Nausicaa e che su di esse si trovino i servizi del
villaggio) e sul punto non era stato proposto specifico motivo di
gravame.
La decisione della Corte di Catanzaro è corretta, atteso che,
allorché il giudice di primo grado abbia (come nella specie)
rigettato l’ammissione di una deduzione istruttoria, ritenendo
Ric. 2014 n. 26567 sez. 52 – ud. 14-11-2017
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Lucifero, escluse comunque la sussistenza di alcuna delle cause

la stessa irrilevante, giacché attinente ad un fatto
incontroverso tra le parti e proprio per questo non bisognoso di
prova, l’appellante ha l’onere di censurare la statuizione di
rigetto delle istanze istruttorie con uno specifico motivo di
appello, non essendo sufficiente che egli impugni la sentenza,

valutazione del materiale probatorio da parte del primo
giudice, perché il giudice d’appello debba necessariamente
compiere un nuovo apprezzamento discrezionale della
complessiva rilevanza delle richieste istruttorie disattese in
primo grado (arg. da Cass. Sez. L, 27/02/2014, n. 4717; Cass.
Sez. 1, 12/03/2014, n. 5715).
III. Il secondo motivo di ricorso censura la violazione e falsa
applicazione dell’art. 183 c.p.c. “vecchio testo”, negando che
tale norma comportasse un regime di preclusioni per le
domande, così come inteso dalla Corte d’Appello.
Il motivo, oltre che carente sotto il profilo della specifica
indicazione del contenuto degli atti su cui è fondato (art. 366,
comma 1, n. 6, c.p.c.), è del tutto infondato.
Ai sensi dell’art. 183 c.p.c., nel testo – applicabile

“ratione

temporis” alla presente fattispecie – introdotto dall’art. 18 della
legge 26 novembre 1990, n. 353 (e anteriore alle modifiche
apportate dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito con
modificazioni nella legge 23 febbraio 2006, n. 51), è consentito
all’attore, nella prima udienza di trattazione, di proporre le sole
domande e le eccezioni, anche nuove, che siano conseguenza
della domanda riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto,
mentre rimane preclusa alle parti la facoltà di proporre
domande nuove che potessero essere proposte già con la
citazione o la comparsa di risposta; lo stesso comma quinto
consente a sua volta alle parti, con le memorie depositate nel
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lamentando l’omessa pronuncia su domande e l’errata

termine, non già di proporre domande nuove, sia pure con il
limite sopra ricordato che esse siano conseguenza delle difese
avversarie, ma soltanto di precisare e modificare le domande,
eccezioni o conclusioni già proposte. La modificazione della
domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche

“causa petendi”), sempre però che la domanda così modificata
risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in
giudizio e senza che, perciò, si determini la compromissione
delle potenzialità difensive della controparte, ovvero
l’allungamento dei tempi processuali (Cass. Sez. U,
15/06/2015, n. 12310; Cass. Sez. 1, 02/09/2005, n. 17699).
E’ in tal senso evidente il difetto di qualsivoglia connessione
sostanziale tra l’iniziale domanda della Naviglio S.r.l., con la
quale la parte richiese la dichiarazione di nullità del contratto di
compravendita immobiliare stipulato tra la Gestione Mare s.r.l.
e Ketty Lucifero, e le domande successivamente formulate,
volte all’accertamento dell’esistenza di diritti di natura reale sui
beni oggetto di quel contratto.
IV. Il terzo motivo di ricorso censura la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1418 c.c. e l’omessa e contraddittoria
motivazione, quanto al diniego della sussistenza di cause di
nullità del contratto evidenziato dalla Corte d’Appello, diniego
spiegabile, secondo la ricorrente, soltanto per aver la stessa
Corte erroneamente disatteso le istanze istruttorie ribadite
dall’appellante (prove orali, consulenza tecnica e richiesta di
informazioni alla P.A.)
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Dapprima anch’esso denota un difetto dei necessari requisiti di
specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata,
la quale aveva escluso la fondatezza della domanda di nullità
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uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e

del contratto di vendita corrente tra la Gestione Mare s.r.l. e
Ketty Lucifero, negando innanzitutto che fossero state allegate
specifiche ragioni di invalidità ex art. 1418 c.c.
La Corte d’Appello ha poi spiegato che la deduzione
dell’avvenuta vendita all’acquirente Gestione Mare s.r.l. di

precedentemente acquistato, legittimava quest’ultima, al più,
ad agire non per la nullità, quanto per la inefficacia (rectius,
inopponibilità) del titolo di acquisto della convenuta. Anche in
tal caso, però, spettava all’attrice di provare l’esistenza di un
suo idoneo titolo di acquisto (anteriormente trascritto) e la
coincidenza dei beni contemplati da tale titolo con quelli
posseduti dalla convenuta Gestioni Mare s.r.l. ed oggetto
dell’acquisto della medesima dall’identica dante causa.
Peraltro, trovando applicazione,

ratione temporis,

il testo

dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., introdotto dal d.l. 22
giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella legge 7
agosto 2012, n. 134, non è più configurabile il vizio di
contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la
norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un
fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione
tra le parti, da specificare nel rigoroso rispetto delle previsioni
degli artt. 366, comma 1„ n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod.
proc. civ., i; né il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. è
riferibile alla mancata ammissione di deduzioni istruttorie, ove
da tale mancata ammissione non sia causalmente derivato il
mancato esame di un determinato fatto storico decisivo e
controverso.
Inoltre, la ricorrente, imputando il mancato accertamento della
nullità del contratto alla mancata ammissione di svariati mezzi
istruttori, aveva l’onere, ex art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di
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immobili che la Naviglio s.r.l. assumeva di aver già

indicare specificamente le circostanze oggetto della prova
disattesa dal giudice di merito, provvedendo alla loro
trascrizione, al fine di consentire a questa Corte il controllo
della decisività dei fatti da provare, controllo da compiersi sulla
base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è

V.II ricorso va perciò rigettato e, in ragione della soccombenza,
la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente
Gestione Mare s.r.l. le spese del giudizio di legittimità, liquidate
in dispositivo, mentre non occorre provvedere al riguardo per
l’altra intimata Ketty Lucifero, che non ha svolto attività
difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da
parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione
integralmente rigettata.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare
alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di
cassazione, che liquida in complessivi C 3.200,00, di cui C
200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di
legge..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il
Ric. 2014 n. 26567 sez. 52 – ud. 14-11-2017
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consentito sopperire con indagini integrative.

versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso,
a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14

novembre 2017.

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