Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15319 del 25/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 25/07/2016, (ud. 12/04/2016, dep. 25/07/2016), n.15319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14157-2015 proposto da:

L.D.N., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA

VIA CRESCENZIO 25, presso lo studio dell’avvocato MARCO BIGNARDI,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DI OIS S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1451/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/03/2015 R.G.N. 4707/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2016 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito l’Avvocato BIGNARDI MARCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZI RICCARDO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata il 2.3.2015 la Corte di appello di Roma, in sede di rinvio, ha confermato la sentenza del Tribunale della medesima sede ed ha respinto la domanda proposta da L.D.N. nei confronti della GFI Italia s.p.a. (già GFI OIS s.p.a., ora Fallimento OIS s.r.l.) tesa all’annullamento dei licenziamenti intimati in data 9.11.2005 e 29.11.2005.

2. Con la sentenza di questa Corte n. 5405 del 2013 erano state annullate le statuizioni del giudice del gravame (sentenza non definitiva n. 8096/2009 e sentenza definitiva n. 9979/2010), per essere mancata, da parte del giudice di merito, una puntuale verifica in ordine al soggetto che aveva ratificato il licenziamento intimato dal direttore del personale ( G.G., sprovvisto del potere di licenziare i dirigenti) e alle modalità di effettuazione della suddetta verifica, sul presupposto della pacifica applicazione agli atti unilaterali dell’art. 1399 c.c..

2.1. Il giudice del rinvio, ha confermato la legittimità del (secondo) licenziamento intimato in data 29.11.2005 dal direttore del personale rilevando che, a prescindere dalla titolarità di quest’ultimo del potere di assumere e licenziare i dirigenti, l’atto di recesso doveva ritenersi ratificato dalla società a seguito della costituzione in giudizio per resistere alla domanda di nullità/illegittimità dei licenziamenti avanzata dal L.D..

3. Avverso detta sentenza il lavoratore propone ricorso affidato ad un motivo. La società è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso il lavoratore denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1339 e 1324 c.c. non avendo, la Corte territoriale in sede di rinvio, individuato correttamente il soggetto dotato dei poteri di ratifica del licenziamento intimato, in data 29.11.2005, dal direttore del personale. Il ricorrente assume che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che M.G. indicato nello statuto quale Presidente del Consiglio di amministrazione poi amministratore delegato e poi consigliere delegato e firmatario del mandato alle liti per resistere nella causa de quo, avesse il potere di ratificare il licenziamento del L.D..

2. Innanzitutto, a ben vedere, seppur viene denunciato un vizio di violazione di legge, la censura si incentra nella asserita illogicità e carenza di motivazione in relazione agli elementi dedotti che sarebbero stati trascurati dalla Corte di merito.

Il ricorso è inammissibile e, comunque, infondato.

3. La censura, invero, si risolve in una critica della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice del merito – con riguardo ai poteri di gestione dell’impresa da parte dell’Amministratore delegato e Presidente del Consiglio di amministrazione – la cui esattezza non può essere sindacata da questa Corte di legittimità, essendo essa riservata al giudice del merito, al quale soltanto spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere tra le risultanze complessive del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti nei limiti delle norme sulle prove legali (Cass. 14 agosto 1988, n. 8028; 17 gennaio 2000, n. 456; 16 gennaio 2004, n. 564). E tale sindacato risulta attualmente più limitato in considerazione della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile, ratione temporis, alla presente fattispecie, trattandosi di sentenza depositata dopo l’11.9.2012). Questa Corte ha, infatti, chiarito che la stessa “deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione”, con la conseguenza che, ormai, “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali”. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (v. Cass. S.U. n. 8053/2014 n. 8053, Cass. n. 21257/2014).

4. La sentenza impugnata ha ritenuto che “a prescindere dalla spettanza o meno in capo all’allora direttore del personale G.G. del potere di assumere e licenziare i dirigenti per conto della GIF OIS s.p.a., evidenzia il Collegio come dall’atto di costituzione in giudizio della società nel procedimento promosso dal L.D. ed avente ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti sia emersa in maniera inequivocabile la volontà della stessa di far propri gli effetti delle dichiarazioni negoziali rese dal suddetto G.G. negli atti di recesso del 9.11.2005 e del 25.11.2005 (in atti) avendo la società sostenuto in giudizio la legittimità dei licenziamenti stessi e così implicitamente ratificato i medesimi, ai sensi dell’art. 1399 c.c.. Deve, conseguentemente, essere dichiarata la legittimità del recesso intimato dalla GFI 015 s.p.a. nei confronti di L.D.N., per intervenuta ratifica operata dalla società – ex art. 1399 c.c. – con l’atto di costituzione in giudizio”.

La Corte si è uniformata al principio di diritto formulato, nella presente fattispecie, dalla sentenza di questa Corte ed ha proceduto ad indicare colui che ha effettuato la ratifica del licenziamento del L.D. nonchè le modalità della suddetta ratifica.

5. In ogni caso, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, il potere di rappresentanza processuale, con la relativa facoltà di nomina dei difensori, può essere conferito soltanto a colui che sia investito anche di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio (cfr. Cass. n. 4787/2005 che, seppur pronunciata con riferimento alla normativa precedente alla riforma del sistema societario attuata con il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, può ritenersi compatibile con le disposizioni attualmente vigenti). D’altra parte, l’art. 2381 c.c. disciplina la figura dell’amministratore delegato, la cui nomina persegue lo scopo di garantire alla società una gestione sociale e una attitudine decisionale agile e rapida, quale è propria di un soggetto che opera individualmente. La relazione che si instaura tra Consiglio di amministrazione ed amministratore delegato è determinata sulla base della delega conferita al soggetto investito, contenuta in una clausola dello statuto. La delega, come ha indicato la giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., 17 luglio 1979, n. 4191), consiste in una vera e propria autorizzazione all’esercizio di determinati poteri, che possono avere un ambito più o meno circoscritto (il conferimento di un potere generale ovvero specifiche attribuzioni).

Ebbene, il ricorrente, deducendo la carenza di poteri da parte del Presidente del Consiglio di amministrazione, prospetta una censura con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui la parte avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto della clausola dello statuto (o della visura camerale relativa alla società) ove si indicano i poteri conferiti all’Amministratore delegato e/o al Presidente del Consiglio di amministrazione, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. 12 febbraio 2014, n. 3224; Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726).

6. In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese a fronte della mancata costituzione della società intimata.

7. Il ricorso è stato notificato il 25/5/2015, dunque in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016

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