Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15319 del 12/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/07/2011, (ud. 27/05/2011, dep. 12/07/2011), n.15319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19082/2010 proposto da:

T.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA TARANTO 6, presso lo studio dell’avvocato ALTAMURA

Giuseppe, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO di (OMISSIS) – (OMISSIS)

in persona dell’amministratrice pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 2/B, presso lo studio

dell’avvocato LATELLA Stefano, che lo rappresenta e difende, giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 429/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

23.12.09, depositata il 03/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LINA MATERA;

udito per la ricorrente l’Avvocato Giuseppe Altamura che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI che nulla osserva.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il relatore della Sezione ha depositato in Cancelleria la seguente relazione, a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con atto di citazione notificato il 18-4-2002 T.A., quale proprietario dell’appartamento sito nella palazzina (OMISSIS), conveniva in giudizio il Condominio di tale edificio, per sentire annullare o dichiarare la nullità della deliberazione adottata dall’assemblea dei condomini in data 22 marzo 2002, nella parte in cui aveva stabilito di utilizzare una parte del giardino condominiale per la realizzazione di dodici posti auto da assegnare ai condomini tramite sorteggio.

L’attrice deduceva che tale delibera era illegittima, in quanto prevedeva una innovazione vietata ai sensi degli artt. 1102 e 1120 c.c., per assoluta alterazione della funzione e destinazione del giardino, nonchè del decoro architettonico dell’edificio.

Evidenziava, inoltre, che non vi era stata la maggioranza richiesta dall’art. 1120 c.c. e art. 1136 c.c., comma 5.

Il Condominio si costituiva contestando la fondatezza della domanda.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 11009/2004, rigettava la domanda.

Tale sentenza veniva appellata dalla T..

Con sentenza depositata il 3-2-2010 la Corte di Appello di Roma rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la T., sulla base di tre motivi.

Il Condominio di (OMISSIS) resiste con controricorso.

1) Col primo motivo di ricorso la T. denuncia violazione di legge, in relazione agli artt. 1102, 1120 e 1121 c.c..

Deduce che, con sentenza n. 4922/1977, la Corte di Cassazione, in una situazione sostanzialmente identica a quella decisa dalla sentenza impugnata, ha affermato che l’autorizzazione data ai condomini di parcheggiare autovetture private in un’area relativamente ampia (circa 500 mq.) originariamente destinata a parco giardino altera in modo notevole ed in misura intollerabile le funzioni tipiche di un parco giardino; e che l’innovazione costituita dalla mutata destinazione di tale area condominiale da parco giardino a parcheggio di autovetture private di singoli condomini, non è certamente diretta al miglioramento della cosa comune, risultandone questa degradata sotto il profilo sia estetico che funzionale.

Assume che tale decisione ribalta in toto il ragionamento dei giudici di merito, i quali hanno apoditticamente sostenuto che la eliminazione di un’area verde condominiale e la trasformazione della stessa in parcheggio costituiscono una nota miglioria.

La censura è inammissibile per difetto del requisito di specificità.

La ricorrente si è limitata a richiamare una precedente pronuncia di questa Corte, pretendendo di desumere da essa l’erroneità del giudizio espresso dal giudice territoriale circa l’insussistenza della dedotta violazione del decoro architettonico.

E’ noto, peraltro, che l’indagine volta a stabilire se, a norma dell’art. 1120 c.c., una innovazione determini o meno l’alterazione del decoro architettonico di un determinato fabbricato, deve essere condotta tenendo conto delle peculiarità del caso concreto; e che, ai fini considerati, è necessario che l’alterazione del decoro architettonico sia apprezzabile e si traduca in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle singole porzioni in esso comprese (Cass. 25/1/2010 n. 1286). E’ pacifico, inoltre, in giurisprudenza, che l”indagine volta a stabilire se, in concreto, a norma dell’art. 1120 c.c., una innovazione determini o meno l’alterazione del decoro architettonico di un fabbricato è demandata al giudice di merito, il cui apprezzamento si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente motivato (Cass. 3-9-1998 n. 8731; Cass. 24-3-2004 n. 5899; Cass. 25/1/2010 n. 1286).

Nel caso di specie la Corte di Appello, sulla base delle risultanze acquisite, ha escluso, con motivazione immune da vizi logici e in piena coerenza con i principi innanzi enunciati, che la destinazione a parcheggio di un’area di giardino interessata solo in piccola parte da alberi di alto fusto e di ridotta estensione (mq. 240) rispetto alla superficie complessiva (mq. 1.300) abbia provocato un apprezzabile deterioramento del decoro architettonico, evidenziando altresì che la realizzazione del parcheggio, netta persistenza di una vasta area giardinata, lungi dal determinare un deprezzamento dell’edificio, ha comportato una valorizzazione dell’immobile.

La valutazione espressa al riguardo, pertanto, non può essere inficiata dalle contrarie e apodittiche affermazioni della ricorrente, prive di qualsiasi riferimento alla specifica situazione di fatto oggetto del presente giudizio.

2) Col secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge, in relazione all’art. 8 del regolamento di condominio.

Sostiene che tale articolo vieta in maniera assoluta la eliminazione, anche parziale, del giardino condominiale e che, di conseguenza, erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto compatibile col detto regolamento di condominio la eliminazione di una parte del giardino e la trasformazione dello stesso in parcheggio per auto.

Il motivo è inammissibile, sia perchè l’interpretazione del regolamento condominiale, per la natura negoziale di tale atto, può formare oggetto di censura in sede di legittimità solo sotto i profili della violazione o falsa applicazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale e dell’omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione (Cass. 25-10-2010 n. 21841), vizi che nella specie non sono stati dedotti, sia perchè, in base al principio di autosufficienza del ricorso, la ricorrente avrebbe dovuto trascrivere il testo della norma regolamentare asseritamente male interpretata dai giudici di merito, in modo di porre questa Corte in condizione di effettuare le necessarie verifiche.

3) Col terzo motivo la T. lamenta il difetto di motivazione.

Sostiene che la Corte di Appello non ha compiutamente motivato in ordine all’affermazione, contenuta in sentenza, secondo cui un appartamento fornito di parcheggio di auto sull’ex giardino condominiale avrebbe notoriamente maggior valore. Rileva, inoltre, che il giudice di merito non ha adeguatamente motivato in ordine alle deduzioni svolte dall’appellante, secondo cui ciascuno degli appartamenti facenti parte del condominio in questione è dotato di box, le auto vengono attualmente parcheggiate sul violetto condominiale e anche sulla pubblica via vi sono adeguate possibilità di parcheggio.

Anche tale motivo è inammissibile.

In ordine alla prima censura, si osserva che, secondo il costante orientamento di questa Corte, il ricorso alle nozioni di comune esperienza attiene all’esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, il cui giudizio circa la sussistenza di un fatto notorio può essere censurato in sede di legittimità solo se sia stata posta a base della decisione una inesatta nozione del notorio stesso, da intendere come fatto conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo, non anche per inesistenza o insufficienza della motivazione, non essendo il giudice tenuto ad indicare gli elementi sui quali la determinazione si fonda (Cass. 18/3/2004 n. 5493; Cass. 14-7-2004 n. 13073; Cass. 17-9-2005 n. 18446; Cass. 14-12- 2005 n. 27591; Cass. 18-5-2007 n. 11643).

Quanto alla seconda censura, la stessa investe circostanze di fatto che dalla lettura della sentenza impugnata non risultano essere state dedotte nel giudizio di merito. Per il principio di autosufficienza del ricorso, pertanto, la ricorrente non poteva limitarsi ad affermare di aver allegato “sia in primo che in secondo grado” i fatti non esaminati dalla Corte di Appello, ma avrebbe dovuto trascrivere compiutamente quelle che erano state le sue deduzioni e indicare specificamente l’atto difensivo nel quale queste erano state proposte, in modo da consentire al giudice di verificare la tempestività e decisività delle stesse”.

La relazione è stata ritualmente comunicata al P.G. e notificata alle parti. La ricorrente ha depositato una memoria.

Il Collegio, esaminati gli scritti delle parti, discussa la relazione e considerati gli argomenti che vi sono stati svolti, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, dovendo solo aggiungere:

In relazione al primo motivo di ricorso, il giudice del gravame ha altresì ritenuto, con apprezzamento di fatto non censurabile in questa sede, che la realizzazione del parcheggio non ha determinato alcuna significativa menomazione del godimento e dell’uso del bene comune e, quindi, la sua “inservibilità” ex art. 1120 c.c.; e che, anzi, da essa è derivata una valorizzazione economica di ciascuna unità abitativa e una maggiore utilità per i condomini, stante la possibilità per i medesimi di usufruire di idonee aree di parcheggio e, quindi, di trarre dal bene comune un godimento di contenuto più pregnante.

Tale valutazione si pone in linea con l’orientamento espresso da questa Corte, la quale, in epoca più recente rispetto alla sentenza richiamata dalla ricorrente, ha avuto modo di puntualizzare che la delibera assembleare di destinazione di aree condominiali scoperte in parte a parcheggio autovetture dei singoli condomini ed in parte a parco giochi ha ad oggetto un’innovazione diretta al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento della cosa comune (Cass. 29-12-2004 n. 24146), e che la deliberazione di destinazione a parcheggio di un cortile è diretta a disciplinare le modalità d’uso del detto bene comune (Cass. 8-11-2004 n. 21287), stabilendo, in entrambi i casi, la legittimità delle delibere adottate anche soltanto a maggioranza.

Il motivo in esame, pertanto, è infondato.

In relazione alla seconda censura mossa col terzo motivo, l’inammissibilità discende dalla non deducibilità in Cassazione di questioni che dalla sentenza impugnata, come nella specie, non risultino aver formato oggetto del giudizio di merito e che non siano introdotte con la previa censura della stessa sentenza per omessa pronuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con conseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2011

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