Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15318 del 25/07/2016
Cassazione civile sez. lav., 25/07/2016, (ud. 12/04/2016, dep. 25/07/2016), n.15318
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12387-2014 proposto da:
B.A., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 138, presso lo studio dell’avvocato
ANTONELLA MARRAMA, che lo rappresenta e difende, giusta delega in
atti;
– ricorrente –
contro
TEP S.P.A., p.i. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO
69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BOER, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato LUCIANO GIORGIO PETRONIO, giusta
delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1148/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 08/11/2013 R.G.N. 1183/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/04/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;
udito l’Avvocato MARRAMA ANTONELLA;
udito l’Avvocato PETRONIO LUCIANO GIORGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUZIO Riccaro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con sentenza pubblicata in data 8 novembre 2013, la Corte di Appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado con cui era stato respinto il ricorso di B.A. nei confronti della TEP Spa per il risarcimento di danni da cd. mobbing che sarebbero stati cagionati dalla società datrice di lavoro.
La Corte territoriale ha escluso, “sulla base delle allegazioni e prove fornite dal lavoratore e comunque acquisite al processo”, che siano stati posti in essere comportamenti datoriali nei confronti del lavoratore “di per sè illegittimi, nei contenuti o nelle modalità, sì da poter rivelare una finalità persecutoria o vessatoria”.
2.- Per la cassazione di tale sentenza B.A. ha proposto ricorso affidato ad un unico articolato motivo. La TEP spa ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente la tardività del ricorso per cassazione.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
3.- In via preliminare occorre delibare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, formulata dalla controricorrente, in quanto esso sarebbe stato azionato quando era ormai decorso il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c..
Si deduce di aver notificato la sentenza impugnata in data 15 novembre 2013 “al Sig. B., nel suo domicilio eletto in Bologna (40124), Piazza Minghetti n. 3, presso lo studio dell’avv. F. Catuogno”, onde l’impugnazione in cassazione, azionata il 6 maggio 2014, sarebbe tardiva.
L’eccezione non può trovare accoglimento.
A mente dell’art. 326 c.p.c. il termine perentorio per l’impugnazione in cassazione stabilito dall’articolo precedente decorre “dalla notificazione della sentenza”. La notificazione della sentenza, nei confronti della parte costituita, deve essere effettuata, anche nel rito del lavoro, al suo procuratore (Cass. SS.UU. n. 7827 del 1991) secondo le forme tipiche del processo di cognizione, e, quindi, quale notificazione da effettuarsi al procuratore costituito (artt. 285 e 170 c.p.c.).
Ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, la notifica della sentenza alla parte presso il procuratore costituito deve essere fatta con l’indicazione del nome e del cognome del procuratore e quale destinatario, in tale qualità, della notificazione, permanendo così il collegamento tra la parte, il suo procuratore e il domicilio reale di quest’ultimo, in modo da assicurare che la sentenza sia portata a conoscenza della persona professionalmente qualificata ad esprimere un parere tecnico sulla convenienza e l’opportunità della proposizione del gravame (cfr., da ultimo, Cass. n. 2133 del 2016).
Dalla sentenza della Corte di Appello di Bologna poi impugnata risulta che procuratori costituiti del B. erano gli Avv.ti Defilippi e Bosi, per cui la notificazione effettuata alla parte presso lo studio dell’Avv. Catuogno è inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione.
4.- Con l’unico motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione del diritto alla prova, al contraddittorio e alla difesa; omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione relativamente al mancato esercizio dei poteri d’ufficio del giudice del lavoro e al mancato accoglimento, senza adeguata motivazione, delle istanze istruttorie avanzate dal Sig. B.”.
Il motivo, come formulato, è palesemente inammissibile.
Con esso, oltre a denunciare genericamente violazioni di legge e di Costituzione, nella sostanza si lamenta, per più aspetti, “omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione” della sentenza impugnata trascurando di considerare che, risultando la sentenza della Corte bolognese depositata in data 8 novembre 2013, si applica l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella versione di testo introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modificazioni in L. n. 134 del 2012, la quale consente il ricorso per cassazione solo per “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
Invece parte ricorrente denuncia vizi di motivazione secondo una formulazione che replica sostanzialmente il previgente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 senza avvedersi della sua inapplicabilità, e che si palesa inammissibile anche nella sostanza alla luce del nuovo testo della richiamata disposizione, che ha certamente escluso la verifica dei difetti motivazionali, limitando il controllo di legittimità al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione, per cui l’anomalia denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali.
Infatti le Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. n. 8054 del 2014) hanno espresso sul novellato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che tipicamente riguarda la ricostruzione della vicenda storica da cui origina il processo, i seguenti principi di diritto: a) la disposizione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”; b) il nuovo testo introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); c) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie; d) la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso.
Poichè il motivo in esame risulta ampiamente irrispettoso di tali enunciati, traducendosi nella sostanza in un diverso convincimento rispetto a quello espresso dalla Corte territoriale nella valutazione del materiale probatorio oltre, che nella doglianza circa il mancato esercizio di poteri istruttori, lo stesso non può che essere disatteso.
5.- Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispostivo.
Poichè il ricorso per cassazione risulta nella specie proposto in data 6 maggio 2014 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 2.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori secondo legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016