Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15315 del 24/06/2010

Cassazione civile sez. I, 24/06/2010, (ud. 28/09/2009, dep. 24/06/2010), n.15315

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Cristina – est. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.F.H. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA OVIDIO 26, presso l’avvocato MANCINI

GIANLUCA, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI VITERBO;

– intimata –

avverso il decreto della GIUDICE DI PACE di VITERBO depositato il

21/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/09/2009 dal Consigliere Dott. ONOFRIO FITTIPALDI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato GIANLUCA MANCINI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso dell’11.01.2006 il cittadino straniero B.F. H., nato in (OMISSIS) il (OMISSIS), si oppose innanzi al Giudice di Pace di Viterbo avverso l’espulsione a suo carico disposta, con decreto del 16.12.2005, dal Prefetto di Viterbo ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b) e comma 4.

Con decreto del 16.02.2006, il Giudice di Pace adito ha respinto l’opposizione affermando conclusivamente sia che lo straniero non aveva fornito prova certa del dedotto status di rifugiato politico, posto anche che la Commissione Centrale per il riconoscimento di tale status aveva già respinto (l’11.01.2005) la richiesta del B., il quale peraltro aveva proposto ricorso, ancora pendente, avverso il diniego, e sia che le esigenze di celerità sottese al procedimento di espulsione, definito da provvedimento obbligatorio e vincolato, erano incompatibili con l’applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 7, inerente alla comunicazione dell’avvio del procedimento in questione.

Per la cassazione di tale sentenza lo straniero ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, notificando l’atto il 31.07.2006 al Prefetto di Viterbo, che non ha opposto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso B.F. denunzia:

1. “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2 (rectius 1) D.Lgs. n. 689 del 1981, artt. 3 e 4, art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; omessa, insufficiente, erronea motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; omessa pronuncia e/o ultrapetizione e violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 360 c.p.c., n. 4”.

Premette in sintesi anche:

– che si era allontanato dalla Colombia, suo Stato di origine, per sfuggire alle violenze minacciate in suo danno dal FARC, movimento di guerriglia urbano e partito autonomo di opposizione;

– che dopo il suo ingresso in Italia, avvenuto nel 2003, aveva, chiesto lo status di rifugiato politico, ma la Commissione Centrale aveva respinto la sua domanda con provvedimento dell’11.01.2005;

– che il provvedimento di espulsione era stato fondato sul rigetto in data 11.10.2005, da parte della Questura di Roma, della sua istanza di concessione del permesso di soggiorno;

– che il 24.12.2005 si era allontanato dal territorio nazionale.

Sostiene che il Giudice di Pace ha erroneamente affrontato e risolto le questioni di fatto e di diritto da lui poste, inerenti al rischio di subire in caso di rientro in patria, lesioni ai suoi diritti fondamentali, in considerazione delle attività intimidatorie svolte in suo danno dal FARC, le quali implicavano l’accertamento della sussistenza di uno stato di necessità o di un legittimo impedimento ostativo al suo rimpatrio, ai sensi della L. n. 689 del 1981, artt. 3 e 4 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, illegittimamente limitandosi a porre la propria attenzione sul provvedimento con cui la Commissione gli aveva negato lo status di rifugiato e sulla relativa motivazione, senza scrutinare le circostanze riguardanti le minacce e le intimidazioni da lui subite, così anche finendo per adottare un provvedimento ultra petita.

Il motivo non è fondato.

La censura attiene esclusivamente al provvedimento espulsivo adottato dal Prefetto di Viterbo il 16.12.2005 – sicchè la vicenda è regolata dalla normativa vigente anteriormente al 20.04.2005 – e non alla decisione della Commissione centrale, (competente ratione temporis D.P.R. n. 136 del 1990, ex art. 2 quinquies 1, D,L. n. 416 del 1989 cit., L. n. 189 del 2002, art. 32, comma 1, lett. b) e D.P.R. n. 303 del 2004, art. 21) di esclusione dello status di rifugiato, che il B. deduce di avere impugnato dinanzi al Tribunale di Roma, così come dedotto davanti al Giudice di pace, nè al provvedimento dell’11.10.2005, con cui il Questore (D.L. n. 416 del 1989, art. 4, comma 2: conv. con mod. dalla L. n. 39 del 1990, art. 11, comma 1 lett. a) e c) ter) e art. 28 lett. d) D.P.R. n. 394 del 1999) ha respinto l’istanza del ricorrente di permesso di soggiorno (sia pure per motivi umanitari, come previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, oltre che dall’art. 2, lett. f), artt. 4 e 5 della Direttiva 2004/83/CE del Consiglio Europeo, attuata solo con il D.Lgs n. 251 del 2007. In tema, cfr cass. SU, ord., 200911535).

La ricorrenza dell’ipotesi di trattenimento illegale nel territorio dello Stato per assenza di idoneo e valido titolo a permanere nello Stato – di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, lett. b), – comporta l’emissione del decreto di espulsione con carattere di automaticità e la prospettazione del B. di tatti persecutori ostativi al suo rimpatrio, e, dunque, non inerenti al motivo della misura espulsiva (mancanza di titolo di soggiorno), non può essere valutata, come da lui anche chiesto, in riferimento alle cause esimenti da responsabilità ai sensi della L. n. 689 del 1981, artt. 3 e 4, impropriamente richiamati dal ricorrente, ma solo esaminata in relazione alle ipotesi di divieto di espulsione o di respingimento verso l’altro Stato, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, come dal medesimo ricorrente invocato in via alternativa rispetto alla prima ipotesi. A quest’ultimo riguardo giova sottolineare che con recenti pronunce anche a sezioni Unite (cfr cass. SU 200919393; cass. 200716417), questa Corte ha modificato il precedente orientamento, autonomizzando l’accertamento della sussistenza del rischio persecutorio di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, dal successivo art. 20 del medesimo testo normativo, inerente ad espulsioni collettive, conclusivamente affermando che la situazione giuridica soggettiva dello straniero che, in data anteriore al 20 aprile 2005, richieda il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, e quindi disciplinata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19 e dal D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, lett. d), ha natura di diritto soggettivo, che va annoverato tra i diritti umani fondamentali che godono della protezione apprestata dall’art. 2 Cost., e dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e non può essere degradato ad interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo, al quale può essere affidato solo l’accertamento dei presupposti di fatto che legittimano la protezione umanitaria, nell’esercizio di una mera discrezionalità tecnica, essendo il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate riservato esclusivamente al legislatore.

In via generale l’opposizione al provvedimento di espulsione dello straniero non introduce un giudizio impugnatorio di un atto dell’Autorità, ma sottopone al giudice dei diritti la verifica delle condizioni per l’adozione della misura espulsiva ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, e, per quel che occupa, dell’assenza di divieti di espulsione (cfr cass. 200926418).

Venendo alla controversa questione dell’ambito del sindacato sul divieto di espulsione ex art. 19, comma 1, del T.U., devesi riaffermare, in linea con la condivisa interpretazione anche logico – sistematica già espressa da questa Corte (cfr. cass 200907572;

200926252; 201000824), che in sede di opposizione al provvedimento di espulsione conseguente al diniego di riconoscimento dello status di rifugiato da parte della Commissione Centrale ed al diniego di permesso di soggiorno da parte del Questore, possono essere dedotti esclusivamente fatti persecutori nuovi e diversi, non esaminati nella fase di riconoscimento del diritto allo status o alla protezione umanitaria, che siano specificamente fatti valere come sopravvenute ragioni di divieto di espulsione ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, norma che assicura tutela avanzata (in attesa della devoluzione alla Commissione etc.) o sopravvenuta (per fatti diversi rispetto a quelli già devoluti alla competente autorità amministrativa) ma non binaria e contestuale rispetto a quella devoluta alla competenza della suddetta Commissione o del Questore.

Nella specie, la Commissione Centrale, cui spettava la verifica o l’accertamento delle condizioni per ravvisare insorto il diritto soggettivo allo status di rifugiato (in tema cfr cass. 200225028) si era negativamente espressa sulla domanda del ricorrente (in tema cfr.

cass. SU, ord., 200911535), così come il questore in ordine alla richiesta di permesso di soggiorno, per cui legittimamente al denunciato fatto persecutorio, non diverso da quello già negativamente delibato nelle competenti sedi amministrative, non è stata attribuita valenza ostativa, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, all’espulsione dello straniero, disposta dal Prefetto di Viterbo.

2. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 123 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, illogica ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.” Si duole del mancato apprezzamento e della mancata ammissione delle prove e segnatamente della mancata attribuzione di valenza probatoria alle denunce da lui prodotte in originale e già presentate agli organi di polizia colombiani, contraddittoriamente affermando che il relativo tenore in lingua straniera non era chiaramente comprensibile, omettendo di escutere il teste presente in udienza ed indicato nell’atto introduttivo.

Le ragioni del rigetto del primo motivo comportano l’assorbimento della censura.

3. “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 241 del 1990, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed omessa, insufficiente ed illogica motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Si duole che anche il procedimento di espulsione ai sensi del comma 2 dell’art. 13 del T.U. sull’immigrazione sia stato assiomaticamente ritenuto non soggetto alla prescrizione di cui alla rubricata norma ed all’obbligo di motivazione sulle ragioni che giustificavano l’assenza della comunicazione di avvio del medesimo procedimento.

Il motivo è infondato, stante il condiviso fermo indirizzo di questa Corte (cfr da ultimo Cass. 13364/07; 28858/05; 4217/04; 2591/04) alla stregua del quale deve essere escluso che il procedimento di espulsione, qualsiasi ragione espulsiva lo muova e qualsiasi modalità esecutiva lo segua, debba essere preceduto dalla comunicazione di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 7 (come successivamente anche disposto dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 18, con riguardo alla procedura di protezione internazionale).

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di Cassazione atteso il relativo esito ed il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata Prefettura.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2010

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