Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15310 del 20/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/06/2017, (ud. 09/03/2017, dep.20/06/2017),  n. 15310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12447/2016 proposto da:

T.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

Avvocati DARIO FAVARA, LUIGI FURNO’;

– ricorrente –

contro

M.A.;

– intimato –

contro

CARIGE ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38,

presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, che la rappresenta e

difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1864/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 14/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2006 T.M. convenne in giudizio il Dott. M.A. al fine di sentirlo condannare al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, patiti a seguito dell’intervento chirurgico compiuto dal convenuto. Espose anche che a seguito ed a causa di quell’intervento è stata costretta a subirne altri 17.

Si costituì in giudizio il convenuto contestando tutto quanto dedotto ed eccepito da parte attrice e chiedendo il rigetto della domanda proposta e la chiamata in causa della Carige Ass.ni ai fini della manleva. Quest’ultima si costituì regolarmente e chiese, a sua volta, la chiamata in causa della Casa di cura (OMISSIS) presso le cui strutture fu eseguito il primo intervento.

Il Tribunale di Catania, con sentenza n. 3264/2011 accertata la responsabilità medica condannava il convenuto al pagamento in favore della T. della somma di Euro 130.140,25 per l’accertato danno biologico, nonchè alla somma di Euro 21.691 per l’accertato danno patrimoniale. Condannava altresì la Carige a manlevare il Dott. M. dalle somme che lo stesso era stato condannato a pagare alla T..

2. La Corte d’Appello di Catania, con sentenza n. 1864 del 14 dicembre 2016, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado ed ha condannato il M. a risarcire alla T. l’ulteriore danno patrimoniale per le spese sostenute successivamente all’instaurazione del giudizio di primo grado quantificandolo in Euro 10.965,29.

3. Avverso la decisione della Corte d’Appello di Catania, propone ricorso in Cassazione T.M. sulla base di tre motivi.

3.1. Gli intimati, M. e Carige Ass.ni, non svolgono attività difensiva.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e regolarmente notificata ai difensori delle parti, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con i tre motivi di ricorso, la ricorrente lamenta error in iudicando ed error in procedendo in quanto i giudici del merito non le hanno riconosciuto il danno psichico e non si sono pronunciati sul punto; si duole anche che non abbiano ammesso alcune prove richieste e valutato e/o interpretato male quelle ammesse.

6. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, reputa il Collegio con le seguenti precisazioni, di condividere le conclusioni cui perviene la detta proposta.

I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono tutti inammissibili.

Sono inammissibili laddove prospettano, in maniera generica ed attraverso una superficiale esposizione della vicenda, una serie di questioni di fatto tendenti ad ottenere dalla Corte di legittimità una nuova e diversa valutazione del merito della controversia.

I motivi sono anche generici. Nel giudizio di legittimità è onere del ricorrente indicare con specificità e completezza quale sia il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata. Sono inammissibili quei motivi che non precisano in alcuna maniera in che cosa consiste la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, o che si limitano ad una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (Cass. 15263/2007).

Quanto, in particolare, alla dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c., per non aver il giudice del merito disposto la CTU per valutare l’entità del danno psichico e per non aver considerato adeguatamente tutta la documentazione depositata, valgono, inoltre, le seguenti considerazioni. La violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere imputata al giudice del merito sotto due distinti profili: da un lato, ove, nell’esercizio del suo potere discrezionale quanto alla scelta ed alla valutazione degli elementi probatori – donde la mancanza d’uno specifico dovere d’esame di tutte le risultanze e di confutazione dettagliata delle singole argomentazioni svolte dalle parti, del che meglio in seguito – ometta tuttavia di valutare quelle risultanze delle quali la parte abbia espressamente dedotto la decisività, salvo ad escluderne la rilevanza in concreto indicando, sia pure succintamente, le ragioni del suo convincimento, il difetto della quale indicazione ridonda, peraltro, in vizio della motivazione; dall’altro, ove, in contrasto con i principi della disponibilità e del contraddittorio delle parti sulle prove, ponga a base della decisione o fatti ai quali erroneamente attribuisca il carattere della notorietà o la propria scienza personale, così dando ingresso a prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati nè discussi ai quali non può essere riconosciuto, in legittima deroga ai richiamati principi, il carattere dell’universalità della conoscenza e, quindi, dell’autonoma sussumibilità nel materiale probatorio utilizzabile ai fini della decisione. E’, dunque, solo l’esorbitanza da tali limiti ad essere suscettibile di sindacato in sede di legittimità per violazione dell’art. 115 c.p.c., sindacato che, con riferimento a tale norma, non può essere, invece, esteso all’apprezzamento espresso dal giudice del merito in esito alla valutazione delle prove ritualmente acquisite. A tal fine va osservato che è devoluta al giudice del merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e, pertanto, lo sono anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua giustificazione del criterio adottato; conseguentemente, ai fini d’una decisione conforme al disposto dell’art. 132 c.p.c., n. 4, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni prospettategli dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi onde pervenire alle assunte conclusioni, per implicito disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 c.p.c., il ricorso va dichiarato inammissibile. Non occorre provvedere sulle spese in considerazione del fatto che gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

PQM

 

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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