Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1531 del 22/01/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 1531 Anno 2018
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: PENTA ANDREA

ORDINANZA

ricorso iscritto al n. 24192/2014 R.G. proposto da
sul ricorso
BOLLANI SERVIZI INTEGRATI S.R.L., con sede in Assetami, alla
via della Libertà n. 33/A (P. IVA: 03163460920), in persona
dell’amministratore pro tempore Armando Benvenuto Bollasi, nato
a Lonato il 25.11.1942 (C.F.: BLLRND42S25E667F), rappresentata
e difesa, unitamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti Carlo Massacci
(CF.: MSS CRL 44M22 D323W), Carlo Atzori (C.F.:
TZRCRL69D18B354L) e Monica Marras (C.F.: MRR MNC 67B54
B354F), in virtù di procura speciale alle liti a margine del ricorso, e
domiciliato elettivamente in Roma, alla via Pinerolo n. 22, presso lo
studio dell’Avv. Marco Rossi;
– ricorrente contro
GHIANI GIUSEPPE

(C.F.: GHNGPP63M24B354F), residente in

Assemini, alla via Verdi n. 19,

P 6&

(C.F.:

GHNNNA66R53B354I), residente in Calice al Cornoviglio, Loc. Pegui

252.SÌ 17.

1

GHIANI ANNA

Data pubblicazione: 22/01/2018

n. 22,

GHIANI GIAMPAOLA

(C.F.: GFTNGPL61A58B354V),

residente in Cabiate, alla via F.11i Bandiera n. 13, GHIANI EFISIO
(C.F.: GHNFSE71C29B354B), residente in Decimomannu, alla via
delle Aie n. 28,

GHIANI MARIA ASSUNTA

(C.F.:

GHNMSS68R71B3540),

GHIANI RITA

(C.F.:

GHNRTI73D42B3543), residente in Caivano, alla via Visone n. 68,
rappresentati e difesi dall’Avv. Giampiero Tronci del Foro di Cagliari

alla via Postumia n. 1, presso lo studio dell’Avv. Nicola Giancaspro,
in virtù di procure speciali alle liti rese su fogli separati
materialmente congiunti al controricorso;
– controricorrentiavverso la sentenza n. 99/2014 dalla CORTE D’APPELLO di
CAGLIARI in data 19/02/2014 e non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella Ipubblicai udienza del
10/11/2017 dal Consigliere Dott. Andrea Penta.

Ritenuto in fatto
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 10.1.2010 presso il
Tribunale di Cagliari la società Bollani Servizi Integrati S.r.l.
esponeva: di aver, in data 19.9.2009, stipulato con Giuseppe,
Anna, Giampaola, Rita, Efisio e Maria Assunta Ghiani un contratto
preliminare con il quale costoro si erano obbligati a venderle un
immobile sito in Assemini, alla via La Malfa n. 2, per il prezzo di C
120.000,00; che contestualmente alla sottoscrizione del contratto
essa aveva corrisposto ai promittenti venditori la somma di C
30.000,00 a titolo di caparra confirmatoria, da imputarsi in conto
prezzo in sede di stipulazione del contratto definitivo, da effettuarsi
entro il 20.10.2009; che con apposita clausola contrattuale la parte
venditrice aveva dato atto “di avere la piena ed esclusiva
disponibilità dell’immobile che verrà trasferito al momento dell’atto
notarile libero da iscrizioni ipotecarie e trascrizioni pregiudizievoli”;
2

(C.F.: TRNGPR55S26I452V) ed elettivamente domiciliati in Roma,

che, tuttavia, in prossimità della scadenza del termine fissato per la
stipula del definitivo, il notaio da essa incaricato di svolgere i
controlli necessari per la stesura dell’atto pubblico le aveva
comunicato che i promittenti venditori non erano titolari del diritto
di proprietà dell’immobile, ma solo di quello di proprietà
superfici aria.
Tanto dedotto, sostenendo il grave inadempimento dei promittenti

legittimo esercizio del diritto di recesso, con condanna dei
convenuti al pagamento del doppio della caparra o, in subordine,
venisse pronunciata la risoluzione del contratto per inadempimento
dei promittenti venditori, con condanna degli stessi alla restituzione
della somma versata a titolo di caparra.
Si costituivano in giudizio i Ghiani, deducendo di avere la piena
disponibilità dell’immobile promesso in vendita, sia pure sotto
forma di proprietà superficiaria, di aver tempestivamente resa
edotta di tale circostanza la promissaria acquirente e che, pertanto,
doveva qualificarsi alla stregua di un inadempimento il rifiuto,
opposto dalla Bollani Servizi Integrati, di addivenire alla
stipulazione del contratto definitivo. Chiedevano, quindi, il rigetto
delle domande attoree e, in via riconvenzionale, l’accertamento
della legittimità del recesso operato con la comparsa di
costituzione, con diritto di ritenzione della caparra percepita.
Il Tribunale di Cagliari, con ordinanza depositata il 10.10.2011,
rigettava la domanda dalla ricorrente ed accoglieva quella
riconvenzionale proposta dai resistenti, ritenendo che il legale
rappresentante della prornissaria acquirente fosse a conoscenza
della circostanza che i promittenti venditori fossero titolari del solo
diritto di proprietà superficiaria dell’immobile oggetto del contratto
e che, comunque, la Bollani Servizi Integrati aveva acquistato
l’immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava.
Avverso tale ordinanza la originaria ricorrente proponeva appello,
deducendo, tra

l’altro,

l’asserita
3

violazione dei criteri di

venditori, la ricorrente chiedeva venisse accertato il proprio

interpretazione del contratto e l’avvenuto ricorso, da parte del
giudice di prime cure, alla prova testimoniale per accertare il
comportamento delle parti nella fase delle trattative.
La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza del 10.2.2014,
rigettava l’appello sulla base, per quanto ancora qui rileva, delle
seguenti considerazioni:
1)

nella specie il giudice non aveva affatto svolto attività di

delle parti nella fase anteriore alla stipulazione dello stesso, ma al
contrario aveva rilevato che le espressioni utilizzate nella
indicazione dell’oggetto del contratto non erano in contrasto con il
diritto di proprietà superficiaria, non avendo, nel contratto
preliminare, i Ghiani dichiarato di essere titolari della piena
proprietà dell’immobile oggetto della compravendita, ma di averne
“la piena ed esclusiva disponibilità”;
2)

avuto dunque riguardo al tenore letterale della detta clausola,

non poteva ritenersi che la stessa fosse univocamente ed
esclusivamente intepretabile come riferita ad un diritto di proprietà
piena, essendo la stessa compatibile anche con un diritto di
proprietà superficiaria;
3)

del resto, i testi Pretta e Marongiu, non incapaci a deporre,

avevano dichiarato che, nella fase delle trattative e, quindi, prima
della stipulazione del contratto preliminare, era stata data in
visione al Bollani, legale rappresentante della Bollani Servizi
Integrati, la visura catastale dell’immobile, dalla quale risultava
chiaramente che i Ghiani erano titolari della proprietà superficiaria;
4)

pertanto, non era configurabile un inadempimento dei

promittenti venditori che potesse giustificare il recesso della società
promittente acquirente, che si era dunque immotivamente ed
illegittimamente rifiutata di stipulare il contratto definitivo;
5)

per lo stesso ordine di considerazioni doveva ritenersi

l’infondatezza della domanda di pronuncia di risoluzione del

4

interpretazione del contratto mediante l’analisi del comportamento

contratto per inadempimento dei Ghiani, riproposta in via
subordinata dalla società appellante.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Bollani
Servizi Integrati s.r.I., sulla base di tre motivi. Ghiani Giuseppe,
Ghiani Anna, Ghiani Giampaola, Ghiani Efisio, Ghiani Maria Assunta
e Ghiani Rita hanno resistito con controricorso.
Considerato in diritto

applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., per aver la corte
territoriale interpretato il negozio attraverso la mera lettura di una
clausola, ritenendo che l’espressione “piena disponibilità” del bene
equivalesse alla proprietà superficiaria dello stesso, omettendo
qualsiasi riferimento alle parti restanti del testo contrattuale e
senza considerare che la trascrizione del diritto del nudo
proprietario integrava gli estremi di una trascrizione pregiudizievole
e che il riferimento all’acquisto della “quota delle parti comuni”
implicava la situazione dominicale rispetto all’appartamento.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la falsa applicazione
dell’artt. 1362 c.c. e la violazione degli artt. 1366 e 1369 c.c., per
aver la corte di merito omesso di verificare se vi fosse la possibilità
di fornire una interpretazione della clausola più congrua rispetto
alla natura ed all’oggetto del contratto, senza considerare che
l’espressione “piena disponibilità” riferita al bene promesso in
vendita accedeva ad un contratto preliminare disciplinante il futuro
trasferimento di diritti reali, che il promittente acquirente, essendo
una società di capitali, era disinteressato alla sola valenza abitativa
del bene compravenduto e che occorreva analizzare la percezione
che di quella locuzione avrebbe potuto avere l’uomo medio.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt.
1362, 1363, 1350, 2722 e 2725 c.c., per non aver la corte locale
rilevato che il criterio del comportamento delle parti anteriore al
perfezionarsi del contratto non è utilizzabile nell’individuazione
dell’oggetto dei contratti a forma vincolata e che la prova
5

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa

testimoniale non era ammissibile per dimostrare l’esistenza di patti
aggiunti al contenuto del documento di cui si allegava la
stipulazione anteriore alla formazione dello stesso.
3.1. I tre motivi, siccome intimamente connessi (concernendo tutti
l’asserita erronea applicazione dei criteri ermeneutici), meritano di
essere trattati congiuntamente e sono infondati.
L’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto

non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica
contrattuale, di cui all’art. 1362 c.c., e segg. (è il caso di specie), o
di motivazione inadeguata (ovverosia, non idonea a consentire la
ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione).
Sicché, per far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre
non solo fare puntuale riferimento alle regole legali
d’interpretazione (mediante specifica indicazione dei canoni
asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti), ma altresì
precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del
merito se ne sia discostato; con l’ulteriore conseguenza
dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita
violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si
risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa
(Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536). D’altra parte, per sottrarsi al
sindacato di legittimità, quella data dal giudice del merito al
contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la
migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili
interpretazioni (tra le altre: Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass.
22 febbraio 2007, n. 4178).
Ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la
critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal
giudice di merito che si traduca esclusivamente nella
prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi già
dallo stesso esaminati; sicchè, quando di una clausola contrattuale
sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte
6

riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se

che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di
merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata
privilegiata l’altra (Cass. 7500/2007; 24539/2009).
E’, pertanto, inammissibile il ricorso che ambisce a conseguire una

differente determinazione della portata di una clausola
contrattuale, non potendo la censura risolversi in una critica del
risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella

Sentenza n. 10131 del 02/05/2006; conf. Sez. 3, Sentenza n.
24539 del 20/11/2009 e Sez. 1, Sentenza n. 6125 del
17/03/2014).
Orbene, nella fattispecie in esame, quella fornita dalla corte
cagliaritana della clausola con la quale i promittenti avevano dato
atto di avere “la piena ed esclusiva disponibilità dell’immobile”
promesso in vendita è, appunto, una delle interpretazioni possibili.
3.2. D’altra parte, analizzando i singoli profili posti dalla ricorrente
a sostegno della propria tesi, mentre è labile, di per sé,
l’argomento secondo cui vi è l’obbligo di trascrivere il contratto che
costituisce il diritto di superficie (ex art. 2643, co. 1, n. 2, c.c.), il
riferimento all’acquisto della “quota delle parti comuni” ben poteva
conciliarsi anche con la mera proprietà superficiaria, atteso che il
titolare della superficie, allorchè eleva una nuova costruzione, entra
automaticamente nel condominio per le parti comuni ad esso (Sez.
2, Sentenza n. 18822 del 31/10/2012),.
Del resto, in tema di interpretazione del contratto, il criterio della
buona fede, se è vero che esclude significati unilaterali o
contrastanti con l’affidamento dell’uomo medio (cfr. Sez. 2,
Sentenza n. 5782 del 12/03/2014, nel senso che deve ritenersi
funzionale ad escludere il ricorso a significati unilaterali o
contrastanti con un criterio di affidamento dell’uomo medio, ma
non consente di assegnare all’atto una portata diversa da quella
che emerge dal suo contenuto obiettivo, corrispondente alla
convinzione soggettiva di una singola persona), è altrettanto vero
7

mera contrapposizione di una differente interpretazione (Sez. 1,

che rappresenta il punto di sutura tra la ricerca della reale volontà
delle parti (costituente il primo momento del processo
interpretativo, in base alla comune intenzione ed al senso letterale
delle parole) ed il persistere di un dubbio sul preciso contenuto
della volontà contrattuale (in base ad un criterio obbiettivo, fondato
su di un canone di reciproca lealtà nella condotta tra le parti, ed
inteso alla tutela dell’affidamento che ciascuna parte deve porre nel

soltanto sussidiario dell’interpretazione, non invocabile quando il
giudice di merito abbia, attraverso l’esame degli elementi di prova
raccolti, già aliunde accertato l’effettiva volontà delle parti (Sez. 3,
Sentenza n. 5239 del 15/03/2004; Sez. 3, Sentenza n. 6819 del
18/05/2001).
Non è revocabile in dubbio che, nel caso di specie, la corte
cagliaritana abbia ritenuto, con apprezzamento non censurabile
nella presente sede, che già sulla base del senso letterale delle
parole fosse possibile interpretare adeguatamente il testo della
clausola in oggetto.
3.3. Infine, con valenza pregnante, la corte locale ha evidenziato,
alla stregua delle risultanze istruttorie delle deposizioni rese dai
testi Pretta e Marongiu (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata), che,
nel corso della fase delle trattative (e, quindi, ancor prima della
stipula del contratto preliminare), era stata data in visione al
Bollani (legale rappresentante della Bollani Servizi Integrati) la
visura catastale dell’immobile, dalla quale risultava chiaramente
che i Ghiani erano titolari della sola proprietà superficiaria.
Fermo restando che la ricorrente non ha neppure dedotto di aver
tempestivamente eccepito l’inammissibilità della prova testimoniale
e di aver reiterato l’eccezione al momento della precisazione delle
conclusioni in primo grado e con l’atto di appello (invero, dalla
sentenza qui impugnata – pagg. 7-8 – si evince che le doglianze si
sono concentrate sull’incapacità a deporre e sull’asserita
inattendibilità dei testi escussi), le testimonianze in tal guisa
8

significato della dichiarazione dell’altra), e, quindi, un mezzo

raccolte non sono in contrasto con l’art. 2722 c.c., avendo ad
oggetto non già la prova di un patto anteriore o contestuale alla
stipula del contratto, bensì di un fatto. Orbene, il divieto stabilito
dall’art. 2722 c.c. di provare per testi circostanze contrarie al
contenuto di un patto scritto riguarda la prove dirette a dimostrare
per un rapporto convenzionale una disciplina pattizia diversa da
quella risultante dalla scrittura che la documenta, in dipendenza

un momento anteriore o contemporaneo a quello di formazione
della scrittura, mentre a tale divieto è estranea l’ipotesi, quale
quella di specie, in cui si vogliano provare fatti storici
(rappresentati, nella fattispecie in esame, dalla conoscenza, da
parte dei promissari acquirenti, dell’effettivo diritto nella titolarità
dei Ghiani) che non alterino la veridicità della prova documentale
(Sez. 2, Sentenza n. 13876 del 09/06/2010). Senza tralasciare che
i limiti legali di ammissibilità della prova orale non operano quando
la stessa sia diretta non già a contestare il contenuto di un
documento, ma a renderne esplicito il significato; in particolare il
divieto dell’ammissione della prova testimoniale stabilito dall’art.
2722 c.c., in ordine ai patti aggiunti o contrari al contenuto
negoziale di un documento, riguarda solo gli accordi diretti a
modificare, ampliandolo o restringendolo, il contenuto del negozio,
mentre non investe la prova diretta ad individuarne la reale portata
attraverso l’accertamento degli elementi di fatto che determinarono
il consenso dei contraenti (Sez. 1 – , Sentenza n. 4601 del
22/02/2017; Sez. 3, Sentenza n. 9526 del 12/06/2012).
La circostanza emersa all’esito dell’istruttoria esclude altresì la
buona fede in capo ai promissari acquirenti i quali, al momento
della stipula del contratto preliminare, si trovavano almeno nelle
condizioni di conoscere, con l’ordinaria diligenza, l’effettivo stato
dominicale del cespite.
Da ultimo, è a rilevarsi che un contratto preliminare ben può essere
prodromico al successivo trasferimento anche di una proprietà
9

dall’allegata stipulazione verbale di accordi integrativi o contrari, in

superficiaria, rientrando quest’ultima, al pari della piena proprietà,
nell’ambito dei diritti reali, e che il disinteresse di una società di
capitali per la sola valenza abitativa del bene compravenduto
rappresenta un motivo soggettivo non esplicitato e, come tale, del
tutto irrilevante.
4. In definitiva, il ricorso non è meritevole di accoglimento.
Lo stesso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della

processuali, liquidate come in dispositivo.
Ricorrono altresì i presupposti di cui all’art. 13, comma

1-quater

d.P.R. n. 115/02, applicabile ratione temporis (essendo stato il
ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il
raddoppio del versamento del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in
favore dei resistenti, delle spese del presente grado di giudizio, che
liquida in complessivi euro 5.700,00, di cui euro 200,00 per spese,
oltre rimborso del 15% per spese forfettarie ed accessori di legge.
Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, a norma dell’art. 13, comma
1-quater d.P.R. n. 115/02.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile
della Corte suprema di Cassazione, il 10.11.2017.

parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese

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