Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1531 del 19/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 19/01/2022, (ud. 19/10/2021, dep. 19/01/2022), n.1531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7894-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

OFFICE POINT SOCIETA’ COOPERATIVA IN LIQUIDAZIONE, in persona del

liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL

TEMPIO, 1, presso lo studio dell’avvocato ANTONIANO DI CREDICO,

rappresentata e difesa dagli avvocati GIANLUCA MASTRANGELO, DANIELE

COZZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 705/3/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELL’ABRUZZO, depositata il 18/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo ha – per quanto qui ancora interessa- rigettato l’appello principale erariale avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Teramo, che aveva accolto parzialmente il ricorso della Office Point società cooperativa in liquidazione contro l’avviso d’accertamento con il quale, relativamente all’Ires, all’Irap ed all’Iva di cui all’anno d’imposta 2011, erano stati disconosciuti alcuni costi, in quanto non inerenti o afferenti operazioni inesistenti, ed erano stati negati benefici fiscali riservati alle società cooperative, non essendo state riscontrate in concreto le finalità mutualistiche che avrebbero dovuto giustificarli.

La contribuente si è costituita con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., con conseguente difetto assoluto di motivazione della sentenza impugnata.

Assume infatti la ricorrente che il giudice a quo ha erroneamente individuato “la questione centrale” controversa che, “utilizzando il criterio della ragione più liquida”, ha identificato nella “persistenza dei requisiti che legittimano l’iscrizione della cooperativa Office Point nell’apposito albo”, per concludere che “sino a quando la cooperativa è iscritta nell’apposito albo ha diritto alle agevolazioni stabilite dalla legge”, che non sarebbero “revocabili per determinazione unilaterale dell’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento”, persistendo tale iscrizione.

Rileva la ricorrente che l’oggetto dell’accertamento impugnato, e della lite, non consisteva nella pretesa dell’Ufficio di contestare l’esistenza e la persistenza dell’iscrizione della cooperativa de qua nell’apposito albo; né di negare gli effetti che, sotto aspetti diversi da quelli fiscali, tale iscrizione possa aver prodotto. Piuttosto l’Agenzia, proprio presupponendo l’avvenuta e persistente iscrizione della cooperativa nell’albo, intendeva negare, con l’atto impositivo in questione, che sussistessero in concreto, con riferimento all’annualità in questione ed ai relativi rilievi oggetto dell’accertamento, i presupposti delle agevolazioni tributarie controverse, in particolare sostenendo che l’attività di fatto esercitata fosse, ai fini tributari, di natura imprenditoriale e non mutualistica.

2. Con il secondo motivo la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 601 del 1973, artt. 11 e 14, come modificato dalla L. n. 411 del 2004, art. 1, comma 460; del D.Lgs. n. 1577 del 1947, art. 23, e successive modificazioni; nonché dell’art. 2697 c.c..

Assume, nella sostanza, la ricorrente che l’Amministrazione finanziaria, senza necessità del parere favorevole degli organi competenti alla relativa vigilanza, è sempre legittimata a disconoscere, per ogni singolo periodo d’imposta, le agevolazioni fiscali riconosciute alle società cooperative, dimostrando che la veste mutualistica sia contraddetta, in concreto, dallo svolgimento, nella medesima frazione temporale fiscalmente rilevante, di una comune attività imprenditoriale.

2.1. I due motivi vanno trattati congiuntamente, essendo invero sostanzialmente sovrapponibili e comunque correlati tra loro oggettivamente.

Essi sono altresì fondati.

Infatti secondo la ricorrente la sentenza impugnata ha frainteso l’oggetto della pretesa erariale e del giudizio, o quanto meno la “questione centrale” in ragione della quale ha deciso, supponendo che essa si riducesse all’accertamento della persistenza dell’iscrizione della società nell’albo delle cooperative e ritenendo, erroneamente, che tale circostanza precludesse comunque, in diritto, all’Amministrazione finanziaria di sindacare, ai fini fiscali, la ricorrenza in concreto delle finalità mutualistiche.

Invero risulta per tabulas che la sentenza impugnata ha, per quanto qui interessa, risolto la controversia applicando la “ragione più liquida”, che ha ravvisato nell’astratta illegittimità pregiudiziale dell’accertamento in concreto, da parte dell’Agenzia, dell’assenza dei requisiti della mutualità nell’attività svolta, in un dato periodo, da una società cooperativa che era iscritta come tale nell’apposito albo.

Tanto premesso, secondo questa Corte “La rilevazione ed interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito ed è sindacabile: a) ove ridondi in un vizio di nullità processuale, nel qual caso è la difformità dell’attività del giudice dal paradigma della norma processuale violata che deve essere dedotto come vizio di legittimità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; b) qualora comporti un vizio del ragionamento logico decisorio, eventualità in cui, se la inesatta rilevazione del contenuto della domanda determina un vizio attinente alla individuazione del “petitum”, potrà aversi una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che dovrà essere prospettato come vizio di nullità processuale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; c) quando si traduca in un errore che coinvolge la “qualificazione giuridica” dei fatti allegati nell’atto introduttivo, ovvero la omessa rilevazione di un “fatto allegato e non contestato da ritenere decisivo”, ipotesi nella quale la censura va proposta, rispettivamente, in relazione al vizio di “error in judicando”, in base all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, o al vizio di “error facti”, nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5″ (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 11103 del 10/06/2020).

Nel caso di specie, la “ragione più liquida” con la quale è motivato il rigetto dell’appello principale erariale evidenzia come, nell’interpretazione del contenuto della domanda erariale di cui all’atto impositivo (richiamato nella sentenza e nel ricorso ed a questo allegato), il giudice a quo, ritenendo erroneamente di doversi limitare ad accertare la mera persistenza dell’iscrizione nell’albo delle cooperative, ha commesso quell’error in iudicando denunciato specificamente dalla ricorrente con il secondo motivo.

Infatti, il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 14, dispone che:

“Le agevolazioni previste in questo Titolo si applicano alle società cooperative, e loro consorzi, che siano disciplinate dai principi della mutualità previsti dalle leggi dello Stato e siano iscritti nei registri prefettizi o nello schedario generale della cooperazione.

I requisiti della mutualità si ritengono sussistenti quando negli statuti sono espressamente e inderogabilmente previste le condizioni indicate nel D.Lgs. C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, art. 26, e successive modificazioni, e tali condizioni sono state in fatto osservate nel periodo di imposta e nei cinque precedenti, ovvero nel minor periodo di tempo trascorso dall’approvazione degli statuti stessi.

I presupposti di applicabilità delle agevolazioni sono accertati dall’amministrazione finanziaria sentiti il Ministero del lavoro o gli altri organi di vigilanza.”.

Nell’interpretare tale norma, questa Corte ha ritenuto che: “In tema di agevolazioni tributarie in favore delle società cooperative, la conformità degli statuti ai principi legislativi in materia di mutualità comporta una presunzione di spettanza delle agevolazioni o esenzioni tributarie, sicché il procedimento di verifica dei “presupposti di applicabilità” di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 14, comma 3, che prevede come obbligatorio il preventivo parere degli organi di vigilanza, attiene ai soli casi in cui detta presunzione legale non operi, salva la facoltà dell’amministrazione di disconoscere le agevolazioni, per ogni singolo periodo d’imposta, sulla base di dati concreti, atti a dimostrare che la veste “mutualistica” funge da copertura ad una normale attività imprenditoriale. In tale ottica, il parere preventivo degli organi di vigilanza riguarda i soli requisiti soggettivi della società cooperativa, mentre l’ordinario potere di accertamento degli uffici finanziari ha ad oggetto la natura e le modalità di svolgimento dell’attività produttiva della cooperativa stessa.” (Cass. 08/05/2006, n. 10544; conforme Cass. 04/03/2015, n. 4300), “di modo che, sotto questo profilo, nessun limite incontra l’ordinario potere di accertamento spettante all’amministrazione finanziaria, la cui attività, al riguardo, va ritenuta legittima, indipendentemente dall’esistenza o meno del suddetto parere.” (Cass. 18/10/2018 n. 26179).

In ordine poi alla natura ed all’oggetto della presunzione legale, e quindi al contenuto della relativa prova contraria, è stato precisato che:” In tema di agevolazioni tributarie in favore delle società cooperative, la conformità degli statuti ai principi legislativi in materia di mutualità comporta una presunzione di spettanza delle agevolazioni o esenzioni tributarie. Tale presunzione è relativa e non impedisce all’Amministrazione finanziaria di disconoscere, per ogni singolo periodo di imposta, le agevolazioni suddette, sempreché fondi il suo accertamento su dati concreti, atti a dimostrare che la veste “mutualistica” funge da copertura ad una normale attività imprenditoriale. Se la prova circa la mancanza, in concreto, dei requisiti della mutualità riesce, a nulla rileva l’eventuale parere del Ministero del lavoro favorevole alla cooperativa; in tal caso, i “ristorni ai soci” effettuati “sub specie” di mutualità diventano mere distribuzioni di utili.” (Cass. 20/06/2005, n. 13280).

Ed è stato quindi ribadito che “In tema di agevolazioni tributarie in favore delle società cooperative, la conformità degli statuti ai principi legislativi in materia di mutualità comporta una presunzione solo relativa di spettanza delle stesse, che, in quanto tale, non impedisce all’Amministrazione finanziaria di disconoscerle, per ogni singolo periodo di imposta, sempreché fondi il suo accertamento su dati concreti, atti a dimostrare che la veste mutualistica funge da copertura ad una normale attività imprenditoriale.” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11969 del 13/07/2012).

Inoltre, riguardo alla necessaria persistenza, nel singolo anno d’imposta d’interesse, dei presupposti dell’agevolazione, e con riferimento alla predisposizione dei dati attraverso i quali l’Amministrazione possa esercitare il relativo controllo, è stato puntualizzato che:” In tema di agevolazioni tributarie in favore di società cooperative, per l’applicazione del beneficio previsto dalla L n. 604 del 1977, art. 12, non è sufficiente che la cooperativa possieda i requisiti necessari per entrare nel sistema agevolativo ma è necessario, pur in assenza di esplicita indicazione legislativa, che essa abbia, con riferimento allo specifico periodo di imposta, regolarmente presentato la dichiarazione dei redditi e correttamente tenuto la contabilità, in quanto l’Amministrazione finanziaria deve essere messa in condizione di svolgere il proprio compito di controllo ed accertamento dei presupposti per godere dei benefici in questione.” (Cass. 18/12/2017, n. 30371).

Infine, come già rilevato recentemente da questa Corte (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 34343 del 23/12/2019), l’esigenza della verifica della concreta sussistenza dei presupposti dell’agevolazione, ovvero della reale finalità mutualistica dell’ente cooperativo, già derivante dall’interpretazione giurisprudenziale del dato normativo nazionale, è stata estesa e rafforzata dai criteri interpretativi dettati dalla Corte di giustizia (con la sentenza 8 settembre 2011, cause riunite C78/08 e C-80/08) in materia di società cooperative di produzione e lavoro (ma comunque pertinenti in generale la conformità a principi Euro-unitari di quelle agevolazioni attribuite dai legislatore nazionale a società cooperative, ma non anche ad altri operatori costituiti in forma di società a scopo di lucro).

La citata pronuncia è stata originata dal rinvio pregiudiziale disposto da Cass. 08/02/2008, n. 3030, in seguito all’introduzione, ad opera del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, della nozione di mutualità prevalente, che consente alle società cooperative di avvalersi dei benefici fiscali previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, artt. 10-14, anche laddove l’apporto personale dei soci non abbia carattere totalitario, con il conseguente venir meno dell’effettiva funzione mutualistica del soggetto.

La Corte di giustizia ha ritenuto che: ” Esenzioni fiscali come quelle in discussione nelle cause principali, concesse alle società cooperative di produzione e lavoro in forza di una normativa nazionale del genere di quella contenuta nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 11, recante disciplina delle agevolazioni tributarie, nella versione in vigore dal 1984 al 1993, costituiscono un “aiuto di Stato” ai sensi dell’art. 87 CE, n. 1, solamente nel caso in cui tutte le condizioni di applicazione di tale disposizione siano soddisfatte. In una situazione come quella all’origine delle controversie di cui è investito il giudice del rinvio, spetterà a quest’ultimo valutare nello specifico il carattere selettivo delle esenzioni fiscali di cui trattasi, nonché la loro eventuale giustificazione alla luce della natura o della struttura generale del sistema tributario nazionale nel quale si inseriscono, stabilendo, segnatamente, se le società cooperative di cui alle cause principali si trovino di fatto in una situazione analoga a quella di altri operatori costituiti in forma di società a scopo di lucro e, qualora ciò si verificasse, se il trattamento fiscale più favorevole riservato alle menzionate società cooperative sia, da un lato, inerente ai principi fondamentali del sistema impositivo vigente nello Stato membro interessato e, dall’altro, conforme ai principi di coerenza e di proporzionalità.” (Corte giustizia, 8 settembre 2011, Ministero dell’Economia e delle Finanze, cause riunite C78/08 e C-80/08).

In applicazione di tali principi, questa Corte ha quindi affermato che: ” In tema di agevolazioni tributarie in favore delle società cooperative di produzione e lavoro, secondo i vincolanti criteri interpretativi dettati dalla Corte di giustizia (con la sentenza 8 settembre 2011, cause riunite C-78/08 e C-80/08), il giudice nazionale deve valutare il carattere selettivo e la giustificazione, alla luce della struttura generale del sistema tributario nazionale, delle esenzioni fiscali di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 11, che costituiscono un “aiuto di Stato”, verificando se effettivamente i beneficiari siano enti a finalità mutualistica, che operano nell’interesse economico dei soci, con cui intrattengano una relazione non solo commerciale, ma personale particolare, in cui essi partecipino attivamente ed abbiano diritto ad un’equa ripartizione dei risultati economici.” (Cass. 24/02/2015, n. 3653).

La CTR non ha fatto pertanto buon governo dei principi richiamati, per cui la sentenza impugnata va cassata, con rinvio per i necessari accertamenti in fatto.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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