Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15306 del 12/07/2011
Cassazione civile sez. II, 12/07/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 12/07/2011), n.15306
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo – Presidente –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 28739/2005 proposto da:
D.L.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA BAIAMONTI 2, presso lo studio dell’avvocato DE FRANCESCO
ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato DI PERNA Angelo;
– ricorrente –
contro
P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato FERRETTI
GIAN ALBERTO, rappresentato e difeso dall’avvocato BARBATO Michele;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 414/2005 del TRIBUNALE di VALLO DELLA LUCANIA,
depositata il 27/06/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
25/05/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato FERRETTI Gian Alberto, con delega depositata in
udienza dell’Avvocato BARBATO Michele, difensore del resistente che
ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
P.A. proponeva opposizione avverso il decreto con cui il Pretore di Vallo della Lucania gli aveva ingiunto di pagare a favore di D.L.A., titolare del ditta Edilbox, la somma di L. 2.106.642 a titolo di corrispettivo di una fornitura di assi di legno.
Deduceva che la mercè si era rivelata diversamente da quanto concordato – non di prima qualità per cui il fornitore aveva accertato una riduzione del prezzo che egli si dichiarava disposto a pagare nell’importo pari a L. 1.500.000.
L’opposto eccepiva la decadenza dall’azione di garanzia e, nel merito, l’infondatezza dell’opposizione di cui chiedeva il rigetto.
Con sentenza n. 47/2000 il Giudice di Pace di Vallo della Lucania, al quale era stata assegnata la causa ex L. n. 479 del 1999, revocava l’opposto decreto, condannando l’opponente al pagamento della somma di L. 1.500.000.
Con sentenza dep. il 27 giugno 2005 il Tribunale di Vallo della Lucania rigettava l’impugnazione proposta dall’opposto, sul rilievo che doveva ritenersi provato, sulla base della deposizione del teste escusso, che un dipendente della ditta tornitrice, chiamato dal P. per denunciare i vizi della mercè, ebbe a constatare i vizi e raggiunse un accordo con l’opponente per una riduzione del prezzo,dovendo ragionevolmente ipotizzarsi che il predetto avesse agito su delega della ditta fornitrice: il che portava a ritenere superata ogni questione sulla tempestività della denuncia dei vizi la cui dimostrazione può essere data anche con la prova testimoniale, che nella specie – atteso il modesto importo dell’accordo raggiunto – era ammissibile ex art. 2721 cod. civ..
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione D.L. A. sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso l’intimato.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 2721 cod. civ. in relazione all’art. 1967 cod. civ., in primo luogo denuncia la scarsa attendibilità del teste escusso; quindi deduce che l’accordo raggiunto fra le parti e sul quale si era fondata la decisione, configurava una transazione, per la quale è richiesta la prova per iscritto ai sensi dell’art. 1967 cod. civ., il divieto della quale non può essere derogato in ragione del modesto importo dell’accordo.
1.1. Il motivo va disatteso.
La verifica circa l’attendibilità o meno del teste ovvero la veridicità delle circostanze dal medesimo riferite concernono apprezzamenti di fatto riservati all’indagine del giudice di merito che, come tali, sono insindacabili in sede di legittimità.
La questione in merito alla conclusione di una transazione, non essendo stata trattata dalla decisione impugnata, è da considerarsi nuova e, involgendo accertamenti di fatto in ordine al contenuto e all’interpretazione dell’accordo al riguardo raggiunto fra le parti, è inammissibile in sede di legittimità: sarebbe stato onere del ricorrente allegare e dimostrare di avere formulato la questione nel giudizio di merito.
2. Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 cod. civ., censura la sentenza che aveva applicato l’art. 1495 cod. civ., quando l’opponente aveva invocato la consegna di aliud pro alio, per cui avrebbe potuto trovare applicazione l’art. 1497 cod. civ. cioè la risoluzione del contratto e non la riduzione del prezzo: avendo l’opposto eccepito la decadenza dall’azione di garanzia, sarebbe stato onere della controparte offrire la prova scritta di avere adempiuto ai necessari adempimenti incombenti sul compratore: nella specie l’opponente non aveva offerto tale prova.
Non era stata dimostrata l’esistenza di un mandato a transigere rilasciato a dal D.L. a un presunto dipendente che, non essendo autorizzato, avrebbe agito quale falsus procurato: i fatti articolati da controparte non potevano essere provati per testimoni.
2.1. Il motivo è infondato.
A) L’applicabilità o meno dell’art. 1497 cod. civ., è questione che non può essere più oggetto di esame: tenuto conto che, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, il Giudice di Pace aveva ritenuto di applicare la disciplina in tema di garanzia per vizi (art. 1490 cod. civ.) e che non risulta dalla sentenza impugnata che tale statuizione abbia formato oggetto di specifica censura con i motivi di appello, deve ritenersi al riguardo formata la cosa giudicata, perchè sarebbe stato onere del ricorrente allegare e dimostrare di avere formulato la questione con i motivi di appello, di cui avrebbe dovuto trascrivere il contenuto, denunciandone l’omesso esame.
B) La sentenza ha ritenuto che doveva presumersi che il dipendente, il quale constatò i vizi e raggiunse l’accordo per la riduzione del prezzo, era stato a ciò delegato dall’opposto: trattasi evidentemente di un accertamento di fatto che andava censurato sotto il profilo del vizio di motivazione, essendo onere del ricorrente denunciare eventualmente la carenza o l’insufficienza degli elementi posti a base del convincimento sulla autorizzazione del dipendente a convenire una riduzione del prezzo.
C) La denuncia dei vizi della cosa venduta può essere provata anche per mezzo dei testimoni, non essendo al riguardo prescritto da alcuna norma il requisito della forma scritta, così come non incontra alcun limite di ammissibilità la prova dei fatti accertati dal Tribunale.
Il ricorso va rigettato.
Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, risultato soccombente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 600,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2011