Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15301 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15301 Anno 2015
Presidente: GRECO ANTONIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Savarese Bruno, elettivamente domiciliato in Roma
Via G.Palumbo 26, presso la società E.P. spa, e
rappresentato e difeso dall’Avvocato Giulio Gaeta,
in forza di procura speciale a margine del ricorso
– ricorrente contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
pt., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– resistente –

avverso la sentenza n. 52/03/2009 della Commissione
Tributaria regionale della Campania, depositata

il

22/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 27/03/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Savarese Bruno propone ricorso per cassazione,

Data pubblicazione: 21/07/2015

affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia
delle Entrate, avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale della Campania n.
52/03/2009, depositata in data 22/05/2009, con la
quale in una controversia concernente
l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto
dall’Amministrazione finanziaria ad istanze del
contribuente, esercente la professione di medico

di rimborso dell’IRAP versata negli anni ‘dal 2001
al 2005 – è stata riformata la decisione di primo
grado, che aveva accolto il ricorso del
contribuente.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
che, da un lato, i redditi maturati dal
professionista sono stati

“di entità tale” da non

potere escludere per la loro realizzazione una
qualsiasi forma di organizzazione del lavoro, sia
pure in assenza di capitali e di lavoro altrui, e
che, dall’altro lato, risulta
che illogica”
quid pluris”

“impossibile, oltre

l’operazione di determinazione

“del

nell’organizzazione dell’attività

professionale, ai fini IRAP, menzionato dai giudici
di prime cure.
L’intimata Agenzia delle Entrate ha depositato atto
di costituzione, ai soli fini della partecipazione
all’udienza pubblica di discussione.
Considerato in diritto.
Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la
violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3
c.p.c., degli artt.2 e 3 d.lgs. 446/1997, dovendo
ritenersi, difformemente da quanto ritenuto dai
giudici di appello, che il reddito conseguito dai
lavoratori autonomi professionali deve essere
assoggettato ad IRAP solo qualora sia accertata

convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale,

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un’organizzazione autonoma della loro attività, non
quando i redditi siano il frutto della personale ed
esclusiva attività di lavoro.
Lo stesso ricorrente, con riguardo al fatto,
decisivo e controverso, rappresentato dall’autonoma
organizzazione ai fini IRAP, invoca altresì un
vizio di insufficiente e contraddittoria
motivazione, ex art.360 n. 5 c.p.c..

Questa Corte ha già affermato che l’ IRAP coinvolge
una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva”
rispetto a quella propria del professionista
(determinata dalla sua cultura e preparazione
professionale) e colpisce un reddito che contenga
una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una
struttura organizzativa

“esterna”,

cosicché è

“il

surplus di attività agevolata dalla struttura
organizzativa che coadiuva ed integra
professionista

ad

essere

il

interessato

dall’imposizione che colpisce l’incremento
potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto
alla produttività auto organizzata del solo lavoro
personale” (Cass. 15754/2008).
Si è poi chiarito, con riguardo all’attività di un
professionista, che la sola

“disponibilità di uno

studio, avente le caratteristiche e dotato delle
attrezzature indicate dalla suddetta normativa,
rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile”
per l’esercizio dell’attività professionale, ed
essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e
del mantenimento del rapporto convenzionale, non
integra, di per sé, in assenza di personale
dipendente, il requisito dell’ autonoma
organizzazione ai fini del presupposto impositivo”
(cfr Cass. n. 10240 del 2010).

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La prima censura, assorbita la seconda, è fondata.

In sostanza, a norma del combinato disposto del
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, coma 1,
primo periodo, e art. 3, comma l, lett. c),
l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di
cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, coma l, è
escluso dall’applicazione dell’ IRAP solo qualora
si tratti di attività non autonomamente organizzata
ed il requisito della autonoma organizzazione – il
cui accertamento spetta al giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità se
congruamente motivato ricorre quando

il

contribuente, per quanto qui interessa, impieghi
beni strumentali eccedenti, secondo
plerumque accidit,

l’id quod

il minimo indispensabile per

l’esercizio dell’attività in assenza di
organizzazione oppure si avvalga in modo non
occasionale di lavoro altrui (Cass. S. U. n. 12109
del 2009, in generale).
Di tali principi regolativi, ampiamente condivisi e
più volte riaffermati, i giudici d’appello non
hanno fatto corretta applicazione, avendo, al
contrario, ritenuto di dovere dare rilievo
redditi maturati dal professionista”,

“ai

prescindendo

dalla verifica in concreto della sussistenza di
un’autonoma organizzazione dell’attività
professionale.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere accolto e la sentenza impugnata va cassata,
con rinvio, per nuovo esame, ad altra Sezione della
Commissione Tributaria Regionale della Campania.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla
liquidazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso,

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z

assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata,
con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle
spese del presente giudizio di legittimità, ad
altra Sezione della Commissione Tributaria
Regionale della Campania.

Deciso in Roma, il 27/03/2015.

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