Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1530 del 22/01/2018


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Cassazione civile, sez. II, 22/01/2018, (ud. 10/11/2017, dep.22/01/2018),  n. 1530

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con atto di citazione notificato in data 15.11.1999, F.G., S.R. e F.M., convenivano in giudizio C.B. e la Moa Sport M.V. di M.C. & C. s.a.s. per sentir dichiarare la nullità assoluta o, in subordine, l’inefficacia dell’atto di permuta a rogito Notaio fa. di Mantova del 26/2/99, trascritto il 9/3/1999 all’Uff. Reg. Imm. di Mantova, in quanto dissimulante una compravendita effettuata in spregio del diritto di prelazione e riscatto ad essi spettante e, conseguentemente, ordinare il trasferimento dell’appezzamento di terreno agricolo in loro favore dietro il versamento del prezzo indicato nell’atto di permuta.

Esponevano gli attori: di essere comproprietari e coltivatori diretti di un fondo rustico sito in (OMISSIS); che, nel dicembre 1998, tale Fa.Re., mediatore, aveva loro sottoposto un contratto preliminare con cui C.B. aveva promesso in vendita a M.C. un appezzamento di terreno agricolo di sua proprietà sito in (OMISSIS), al prezzo di Lire 150.000.000, e tanto al fine di indurli a rinunciare al diritto di prelazione loro spettante nella qualità di comproprietari di fondi confinanti; che, in data 25.01.99, M.C., attraverso la propria ditta Moa Sport, aveva acquistato un vecchio compendio immobiliare ubicato in (OMISSIS) al prezzo di Euro 170.000.000 e, in data 26.02.1999, la Moa Sport aveva ceduto in permuta alla C. una porzione del fabbricato (ovvero una piccola parte del sottotetto di un rustico e un cortile della superficie di mq. 45), ricevendo a eguale titolo di permuta l’appezzamento di terreno di cui al mapp. 151; che l’intera operazione, anche per l’incongruità dei valori, era simulata e finalizzata ad eludere il diritto di prelazione.

Si costituivano in giudizio i convenuti Moa Sport s.a.s. e C.B., deducendo: che non corrispondeva a verità la circostanza secondo cui, nel momento in cui Fa.Re. aveva preso contatti con gli attori per verificare se gli stessi avessero l’intenzione di avvalersi del diritto di prelazione, l’accordo di vendita inter partes si fosse già perfezionato; che il primo affare era sfumato per l’impossibilità di liberare l’appezzamento di terreno, mentre la possibilità di permutare il fondo, improduttivo di reddito per la proprietà, con un appartamento ristrutturato era stata positivamente accettata da C.B.; che la L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 cpv., escludeva il diritto di prelazione in caso di permuta; che non sussisteva alcuna ipotesi di simulazione e l’operazione in esame non rappresentava affatto un contratto in frode alla legge; che, infine, l’appartamento concesso in cambio del terreno non era costituito da una “piccola parte del sottotetto di un rustico”, bensì da un’unità autonoma, completamente e finemente ristrutturata.

Espletata una consulenza tecnica ed escussi i testi, con sentenza n. 1296/04 del 22.11. 2004, il Tribunale di Mantova rigettava tutte le domande degli attori, affermando che, a termini della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, comma 2, la prelazione non è consentita, tra l’altro, nel caso di permuta e che il diritto di riscatto agrario non trova applicazione non solo nell’ipotesi tipica della permuta, ma ogni qualvolta il corrispettivo sia costituito da un bene determinato, da solo, come nel caso di specie, o con conguaglio in denaro. In ogni caso, evidenziava che non era stata offerta alcuna prova dell’esistenza di una simulazione tra le parti, nè assoluta nè relativa, e che non ricorreva neppure l’ipotesi del contratto in frode alla legge.

Con atto di citazione notificato il 7.3.2005, S.R. (in proprio e nella qualità di erede di F.G.), F.M., F.A.M., Fr.Ma. e f.m. proponevano appello avverso la suddetta decisione, chiedendo che la corte di merito dichiarasse la nullità assoluta o, in subordine, l’inefficacia dell’atto di permuta del 26.2.1999, in quanto dissimulante una compravendita effettuata in spregio del diritto di prelazione e di riscatto loro spettante.

La Corte di Appello di Brescia, con sentenza dell’8.1.2014, rigettava l’appello sulla base, per quanto ancora qui rileva, delle seguenti considerazioni:

1) non era stata offerta alcuna prova dell’esistenza di una simulazione tra le parti, nè assoluta nè relativa, atteso che la dichiarazione scritta resa da B.C. (secondo cui la C. e la MOA Sport avrebbero raggiunto un accordo per la vendita dell’appezzamento di terreno ancor prima che il mediatore Fa. avesse contattato i F. per verificarne la volontà di rinunciare al diritto di prelazione, egli avrebbe ricevuto, per conto della madre, gli acconti sul prezzo prima della stipula dell’atto notarile ed il documento contenente la controdichiarazione sottoscritta dalla C. sarebbe stato stracciato dall’avvocato della MOA) era inattendibile, essendo le affermazioni state effettuate al di fuori di un regolare contraddittorio e da un soggetto che, quale figlio della C., non era disinteressato ai fatti;

2) il giudizio instaurato dagli eredi della C. nei confronti della MOA Sport per ottenere il riconoscimento della simulazione tra le parti si era concluso con il rigetto delle domande attoree;

3) il divario di valore tra i due cespiti era insussistente, se si considerava che il terreno della C. era occupato da B.F., che la C. non percepiva alcuna utilità dal fondo, che l’acquisizione di un appartamento ristrutturato rappresentava un investimento di maggior remuneratività e che la MOA Sport si era contrattualmente accollata alcuni oneri (spese di frazionamento catastale e di trasferimento, tasse di registrazione);

4) B.C. aveva, nel 2004, acquistato dalla MOA Sport un appartamento differente rispetto a quello oggetto della permuta;

5) la circostanza della mancata residenza della C. nell’appartamento ottenuto in permuta era irrilevante.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso S.R., fr.ma., F.A.M., Fr.Ma. e f.m., sulla base di quattro motivi. La Moa Sport M.V. di M.C. & C. S.a.s. ha resistito con controricorso. B.A., B.E. e B.S. non hanno svolto difese.

In prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per aver la corte territoriale omesso di considerare le dichiarazioni confessorie rese da C.B. in sede di interrogatorio formale (in base alle quali aveva stipulato con il M. – per conto della MOA Sport – il preliminare di compravendita avente ad oggetto il fondo per cui è causa ed il di lei figlio aveva ricevuto, ancor prima della stipula dell’atto di permuta datato 26.2.1999, l’integrale pagamento del prezzo, fatta eccezione per la rata a saldo, corrisposta all’atto della permuta), confermate negli scritti difensivi della controparte ed avvalorate dalla mancata contestazione dell’originale del contratto preliminare di compravendita datato 24.10.1998, da essi prodotto in giudizio non appena ricevuto da B.C., e dalla evidente sproporzione di valore fra i beni asseritamente permutati; per aver altresì omesso di considerare che, alla data (31.12.1998) in cui essi avevano dichiarato formalmente di esercitare la prelazione, il preliminare stipulato tra la C. e la MOA Sport era ancora in essere (avendo le parti prorogato al 31.1.1999 il termine per la stipula del rogito), la circostanza che la C. non avesse mai risieduto nell’appartamento ricevuto in permuta e le dichiarazioni scritte rese da B.C..

2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione dei principi in materia di onere della prova e degli artt. 1415,1417,1418,1343,2702,2729,2730,2724,2733 e 2697 c.c. e artt. 116,214 e 215 c.p.c., nonchè la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. (con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), per aver la corte di merito violato le disposizioni in tema di efficacia probatoria della confessione (avuto riguardo alle dichiarazioni rese dalla C. e dal M. in sede di interpello formale) e della prova documentale (avuto riguardo al preliminare di compravendita ed alla lettera datata 23.12.1998 indirizzata dalla C. alla MOA Sport), vieppiù se si considerava che essi, essendo terzi rispetto all’accordo simulatorio, l’avrebbero potuto provare anche a mezzo di presunzioni.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1415,1418 e 1343 c.c., L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, e L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7, (con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la corte locale ritenuto che la permuta fosse nulla, siccome preordinata alla elusione delle disposizioni imperative in tema di prelazione e riscatto agrari e che, nel momento stesso in cui essi avevano fatto valere tali diritti, si erano sostituiti alla MOA Sport nella qualità di promissari acquirenti del bene.

3.1. I primi tre motivi, siccome intimamente connessi, meritano di essere trattati congiuntamente e risultano, per quanto di ragione, fondati.

Preliminarmente va evidenziato che l’art. 348 ter c.p.c., nella parte in cui prevede che il ricorso per cassazione avverso una sentenza d’appello che abbia confermato la decisione di primo grado (cd. doppia conforme) può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai nn. 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell’art. 360 c.p.c. (e, quindi, non anche per quello di cui al n. 5), è applicabile, in base al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv. in L. n. 134 del 2012, solo ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal 30^ giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione, laddove il giudizio di gravame conclusosi con la sentenza impugnata nella presente sede è stato instaurato con atto di citazione notificato in data 7.3.2005.

Trova, invece, applicazione, con riferimento al primo motivo del ricorso per cassazione, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nell’attuale formulazione, atteso che il novellato n. 5 si applica ai ricorsi per cassazione proposti contro sentenze pubblicate a partire dall’11 settembre 2012 (D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012) e la sentenza in esame risulta pubblicata in data 8.1.2014.

Alla stregua dell’attuale formulazione, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio è configurabile nei casi di: a) “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”; b) “motivazione apparente”; c) “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”; figure queste – manifestazione di violazione di legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della motivazione – che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori – sempre ai sensi del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, – non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 e 629831; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 2498 del 10/02/2015).

In particolare, giusta la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è consentito denunciare in Cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo. Ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il “come” ed il “quando” tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività (Sez. 1 -, Sentenza n. 7472 del 23/03/2017).

In definitiva, nel giudizio di cassazione è precluso l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori, tanto più a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, operata dal menzionato del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, che consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un “fatto” decisivo e discusso dalle parti (Sez. L, Sentenza n. 21439 del 21/10/2015).

Va altresì tenuto presente che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento, dovendo, al contempo, la denuncia in sede di legittimità contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19150 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 25756 del 05/12/2014).

3.2. Orbene, nel rispetto dei principi in precedenza riportati, i ricorrenti hanno indicato una serie di elementi istruttori che la corte d’appello ha omesso di considerare e che avrebbe avuto una valenza probatoria decisiva ai fini della definizione della controversia, evidenziando i “fatti storici” il cui esame è stato omesso, il “dato” (testuale o extratestuale) da cui essi risultavano esistenti, il “come” e il “quando” tali fatti erano stati oggetto di discussione processuale tra le parti, nonchè la loro “decisività”.

Premesso che il “terzo”(quale devono ritenersi i F. e la S.) rispetto all’accordo che si assume simulato può fornire la prova della simulazione “senza limiti”, ai sensi dell’art. 1417 c.c., e, quindi, oltre che a mezzo di testimoni e presunzioni, tramite confessione, il riferimento, in particolare, è:

a) alle dichiarazioni confessorie rese da C.B. nel corso dell’interrogatorio formale raccolto all’udienza (tenutasi in appello) del 17.5.2007 (riprodotte nei loro passaggi salienti, in ossequio al principio di autosufficienza, alle pagg. 14-15 e 23-24 del ricorso), le quali sono state prese in considerazione solo parzialmente dalla corte bresciana (cfr. pag. 12 della sentenza, nella parte in cui la medesima aveva esposto di non ricordare i tempi e le modalità dei pagamenti in contanti riferiti in una dichiarazione scritta a firma del figlio, di aver sottoscritto una controdichiarazione e che la stessa fosse poi stata stracciata dal difensore della MOA), omettendo di tener conto del fatto che, comunque, l’interrogata aveva ammesso (recte, confessato) di aver stipulato in data 24.10.1998 con M.C. (rappresentante della MOA) il contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto il fondo per cui è causa, di aver ricevuto il pagamento della caparra confirmatoria di Lire 20.000.000 personalmente in data 24.10.1998 e che gli altri pagamenti in contanti del prezzo (fatta eccezione per la rata a saldo, corrisposta contestualmente all’atto di permuta stipulato il 26.2.1999) erano stati ricevuti dal figlio B.C..

D’altra parte, trova applicazione, sul punto, il principio secondo cui, nell’ipotesi di dichiarazioni aggiunte alla confessione, opera, ai sensi dell’art. 2734 c.c., il principio di inscindibilità, nel senso che la mancata contestazione di controparte comporta, semmai, l’esonero del dichiarante dall’onere di provare i fatti aggiunti (rappresentati, nel caso di specie, dalle circostanze non ricordate dalla C.), assumendo, in tal caso, la dichiarazione valore di prova legale nel suo complesso, mentre solo quando la controparte contesta le dichiarazioni il confitente ha l’onere di provare i fatti aggiunti, restando affidato al giudice, in difetto di tale prova, l’apprezzamento dell’efficacia probatoria delle dichiarazioni stesse (cfr., di recente, Sez. 2, Sentenza n. 24754 del 05/11/2013); vieppiù se si considera che nel caso di specie le dichiarazioni aggiunte non erano tendenti ad infirmare l’efficacia del fatto confessato ovvero a modificarne o ad estinguerne gli effetti;

b) alle dichiarazioni, aventi almeno la valenza indiziaria di ammissioni, rese dagli eredi della C. all’atto della costituzione nel corso del giudizio di appello (cfr. pagg. 20-21 del ricorso; in particolare, nella parte in cui gli stessi ammettono di aver rinvenuto la “Dichiarazione” datata 29.1.2007 e firmata dalla madre nella quale si denunciava l’avvenuta simulazione nell’anno 1999 di una permuta dissimulante una compravendita a danno dei coniugi F., aventi diritto alla prelazione sul fondo oggetto di cessione;

c) all’atto di citazione notificato dagli eredi della C. alla MOA, nel quale si sosteneva il carattere simulato della permuta (cfr. pagg. 19 e 26 del ricorso);

d) all’originale del “Compromesso preliminare di compravendita di immobile” sottoscritto in data 24.10.1998 fra la C. ed il M. avente ad oggetto il fondo per cui è causa (cfr. pagg. 10 e 26 del ricorso), che non risulta contestato dalle controparti e la cui esistenza era stata sempre decisamente negata dagli originari convenuti (MOA e C.), nel primo grado di giudizio costituitisi congiuntamente con il medesimo difensore (cfr. pag. 4 del ricorso);

e) alle dichiarazioni scritte rese da B.C. (figlio della C.) con documento dal medesimo sottoscritto, alla presenza di due testimoni, in data 29.1.2007 e spedito ai ricorrenti in data 1.2.2007 (cfr. pagg. 16-18 e 30-31 del ricorso), dalle quali si desume la conferma sostanziale della versione formale fornita da questi ultimi, ivi comprese la natura simulata del contratto di permuta, avente, in realtà, l’unico scopo di escludere il diritto di prelazione spettante ai coltivatori confinanti, e l’avvenuta distruzione della controdichiarazione scritta che avrebbe fornito la prova. Con riferimento a tali dichiarazioni, la corte territoriale, con motivazione apparente e, comunque, incomprensibile anche sul piano logico, ha sostenuto (cfr. pag. 12 della sentenza impugnata) l’inattendibilità delle stesse, siccome “rilasciate oltre sette anni dai fatti di causa e da un soggetto che non era del tutto disinteressato ai fatti stessi, essendo figlio di C.B., una delle parti in causa”; ebbene, mentre la distanza temporale delle dichiarazioni rispetto ai fatti assume scarsa valenza negativa, se si considera che il B., incontestabilmente e, comunque, alla stregua di quanto emerso dalle deposizioni testimoniali, seguì, nella veste di rappresentante della madre, tutte le fasi che precedettero la stipula del contratto di permuta, la sua qualità di figlio avrebbe, semmai, dovuto indurlo a confermare la tesi difensiva (contraria alla natura parzialmente simulata dell’operazione negoziale) fino ad allora portata avanti dalla C..

D’altra parte, in tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (cfr., di recente, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5374 del 02/03/2017).

4. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione del diritto di difesa, del principio del contraddittorio e dell’art. 83 c.p.c., e la nullità della sentenza o del procedimento per violazione del diritto di difesa, del principio del contraddittorio e dell’art. 83 c.p.c. (con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), per non aver la corte locale rilevato che è inammissibile la costituzione in giudizio a mezzo di uno stesso procuratore di più parti (nel caso di specie, la C. e la MOA Sport) che versino in una situazione di conflitto d’interessi e che, per l’effetto, tutta l’attività processuale posta in essere dal difensore doveva considerarsi nulla.

4.1. Il motivo è infondato.

Se è vero che il principio generale è quello secondo cui, qualora la difesa di due parti, tra loro in conflitto anche solo potenziale di interessi – cioè attuale, ovvero anche virtuale, nel senso che appaia potenzialmente insito nel rapporto tra le medesime, i cui interessi risultino, in astratto, suscettibili di contrapposizione, sia stata affidata allo stesso avvocato, la parte che abbia conferito per seconda la procura a quest’ultimo deve ritenersi non costituita in giudizio, perchè un difensore non può assumere il patrocinio di due parti che si trovino o possono trovarsi in posizione di contrasto (Sez. 3, Sentenza n. 14634 del 14/07/2015; Sez. 3, Sentenza n. 15884 del 25/06/2013), è altrettanto vero che, almeno fino alla produzione nel corso del secondo grado di giudizio, all’udienza del 22.11.2006, del “Compromesso preliminare di compravendita” del terreno per cui è causa, le posizioni processuali della MOA e della C. non erano configgenti, con la conseguenza che ben poteva un unico difensore svolgere contemporaneamente attività difensiva in favore di entrambi i soggetti.

Ciò in quanto la potenzialità del conflitto medesimo va ricostruita non come mera eventualità, bensì in correlazione stretta con il concreto rapporto esistente fra le parti, i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione (Sez. 2, Sentenza n. 12741 del 14/06/2005).

Del resto, dopo la notifica del ricorso per istruzione preventiva del 18.1.2007, la C. ha immediatamente provveduto a revocare il mandato rilasciato ai propri precedenti difensori.

Da ciò consegue che solo l’eventuale attività processuale posta in essere dal comune difensore in questo breve lasso di tempo sarebbe stata affetta da nullità ed il relativo vizio sarebbe stato rilevabile d’ufficio, investendo la validità della procura e, quindi, il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente tutelati.

Peraltro, nel giudizio d’impugnazione, la violazione del detto limite non necessariamente comporta la nullità dell’intero atto di gravame, ma solo di quei motivi che contengono censure svolte in maniera tale che il loro accoglimento comporterebbe un vantaggio per uno degli impugnanti a danno dell’altro (Sez. 3, Sentenza n. 15183 del 19/07/2005).

3. In definitiva, il ricorso è meritevole di accoglimento con riferimento ai primi tre motivi.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con riferimento ai motivi accolti e la causa rimessa, anche per la pronuncia sulle spese del presente grado di giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia, affinchè valuti, alla luce dei rilievi che precedono, se l’atto di permuta del 26.6.1999 dissimuli una compravendita posta in essere in violazione del diritto di prelazione e riscatto spettante ai ricorrenti e se, al momento in cui questi ultimi hanno manifestato, mediante raccomandata a/r del 31.12.1998, la loro intenzione di esercitare il diritto di prelazione sul terreno posto in vendita, il contratto preliminare stipulato dalla C. e dal M. fosse ancora in essere, con conseguente subentro dei primi, in luogo della MOA, nella qualità di promissari acquirenti del fondo.

PQM

La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, rigetta il quarto, cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente grado di giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2018

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