Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15298 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15298 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 23488-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
851

INDUSTRIE ILPEA SPA;
– Intimato –

Nonché da:
INDUSTRIE ILPEA SPA in persona del Presidente e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 21/07/2015

VIA GERMANICO

146, presso lo

studi t dell’avvocato ERNESTO MOCCI,

rappresentato e

domiciliato in ROMA

difeso dagli avvocati EUGENIO BRIGUGLIO, EMILIO ZECCA
giusta delega a margine;
– controrícorrente e ricorrente incidentale –

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimato

avverso la sentenza n. 56/2007 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 06/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/2015 dal Consigliere Dott.

MARIO

CIGNA;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso principale,
rigetto incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso principale, inefficace
l’incidentale in subordine rigetto di entrambi i
ricorsi.

contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La ILPEA SpA, esercente attività di lavorazione di materie plastiche nonché di profilati metallici e
prodotti magnetici, ha impugnato dinanzi alla CT!’ di Varese l’avviso con il quale l’Agenzia delle
Entrate aveva accertato, per l’esercizio 1998-1999, maggior reddito ai fini IRPEG ed IRAP, irrogando
le relative sanzioni; in particolare, secondo l’Ufficio, per quanto ancora rileva, siffatto maggior reddito
derivava: per lire 236.180.122-•da -ricavi -non dichiarati; per -lire 223.35-7.586 -da una serie di costi
132.529.683 da resi su vendite senza l’esperimento della prevista procedura, per lire 13.500.000 da
spese per riparazioni e manutenzione ritenute indeducibili.
L’adita CT!’, in parziale accoglimento del ricorso, ha annullato la ripresa a tassazione per lire
823.357.586 (costi non integralmente deducibili nell’esercizio in questione), confermando nel resto la
legittimità dell’impugnato accertamento.
Con sentenza depositata il 6-7-2007 la CTR, decidendo sull’appello principale proposto dall’Ufficio e su
quello incidentale proposto dalla società, ha annullato la ripresa per lire 236.180.122 (ricavi non
dichiarati) e la sanzione per lire 2.000.000; nell’ambito della complessiva ripresa per lire 823.357.586
(costi non integralmente deducibili nell’esercizio) ha ritenuto legittima solo la ripresa per lire
78.731.800 (spese di consulenze per la creazione di nuovi brevetti) e quella per lire 27.326.000 (costo
legale per operazioni di fusione aziendale); ha confermato nel resto l’impugnata sentenza
In particolare la CTR:
in ordine alla ripresa per lire 236.180.122 (ricavi non dichiarati) ha ritenuto che non era possibile
configurare il c.d. transfer pricing di cui all’art 76, comma 5, TUIR, per mancanza del necessario
presupposto dell’identità del prodotto e delle modalità di vendita; al riguardo ha affermato che la
società aveva dimostrato la sostanziale diversità dei prodotti venduti all’estero (alla società ILPEA INC.
FORT SMITH, avente sede negli Stati Unite, controllata dalla contribuente) sotto diversi profili (qualità
della merce, quantità del volume delle vendite, modalità delle condizioni di vendita); diversità non
contestata dall’Ufficio e che indubbiamente aveva inciso sul prezzo finale dei prodotti;
in ordine alla complessiva ripresa per lire 823.357.586 (costi non integralmente deducibili
nell’esercizio) ha esaminato singolarmente le varie voci della stessa, specificando i costi ritenuti “di
periodo” ed i costi “aventi natura pluriennale”; in particolare ha escluso la natura di costi pluriennali:
1) alle spese per attività di laboratorio (lire 614.441.993), evidenziando, al riguardo, che l’Ufficio, pur
avendone il relativo onere, non aveva dimostrato in alcun modo il collegamento di dette spese a
specifiche nuove tecnologie a valenza pluriennale, mentre appariva logico (e coerente c le

I

ritenuti non integralmente deducibili nel detto esercizio, in quanto aventi natura pluriennale; per lire

dimensioni della ditta) che siffatte spese fossero collegabili con la ricerca di base, generica e
continuativa, necessaria per la stessa sussistenza aziendale; 2) ai costi amministrativi per il
riconoscimento di nuovi brevetti, considerati “di periodo”, in quanto non collegabili alla sostanza dei
progetti stessi; 3) ai costi di aggiornamento professionale (lire 99.481.533), pacificamente ormai
riconosciuti “di periodo”; 4) al costo per consulenze tecniche (lire 51.395.800 per la sicurezza
aziendale), considerato normale per la sua esiguità; la CTR ha poi, invece, affermato la natura
pluriennale sia del costo di lire 78.731.800 (consulenze per la creazione di nuovi brevetti), in quanto
sostenuti per la creazione di nuovi brevetti, sia del costo legale per le operazioni di fusione (lire
27.326.000), attesa la specificità dell’oggetto della consulenza;
in ordine alla ripresa per lire 132.529.683 (resi su vendite) ha evidenziato che non era stata contestata
la violazione delle procedure previste dalla legge;
in ordine alla ripresa per spese per riparazioni e manutenzioni (lire 8.459.700) ha ritenuto le
affermazioni della società generiche e prive di riscontro documentale.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso principale l’Agenzia, affidato a sei motivi, e ricorso
incidentale la società, affidato a sette motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia, denunziando -ex art 360, comma 1, n. 5 cpc- omessa motivazione su un
punto di fatto decisivo della controversia, ha dedotto che la CTR aveva annullato la ripresa relativa ai
ricavi non dichiarati (lire 236.180.122) solo con un generico richiamo alla diversità tra la merce
venduta alla controllata società statunitense e la merce venduta a società terze, senza in alcun modo
considerare gli elementi di fatto forniti dall’Ufficio a sostegno della sostanziale equivalenza tra le dette
merci.
Il motivo è fondato.
Va innanzitutto precisato che, ai sensi dell’art 76, comma 5, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, i
componenti di reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato che,
direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla

stessa società che controlla l’impresa, sono valutati in base al “valore normale” dei beni ceduti, dei
servizi prestati e dei beni ricevuti; valore normale individuato, in forza del rinvio operato dal comma
2, in base ai criteri fissati dall’art 9 dello stesso tu.i.r., nel prezzo o corrispettivo praticato mediamente
per i beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza ed al med
stadio di commercializzazione.

(in mancanza di specifiche contestazioni) doveva seguire la natura pluriennale dei costi generali

Va, quindi ribadito, in termini generali, che, come già affermato da questa Corte (v. (Cass. 22023/2006,
Cass. 10742/2013), detta disciplina costituisce una clausola antielusiva diretta ad evitare che
all’interno del gruppo di società vengano effettuati trasferimenti di utili mediante l’applicazione di
prezzi inferiori al valore normale dei beni ceduti, onde sottrarli alla tassazione in Italia a favore di
tassazioni estere inferiori; siffatta disciplina è, infatti, finalizzata alla repressione del fenomeno del c.d.
“transfer pricing” (per tale intendendosi lo spostamento di imponibile fiscale a seguito di operazioni
tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti), che, dal lato
tra Società appartenenti ad uno stesso Gruppo, ma con sede in Paesi diversi, avvengono per prezzi che
non hanno corrispondenza con quelli praticati in regime di libero mercato), e, dal lato fiscale, dà luogo
ad uno spostamento di imponibile, consentendo infatti di sottrarre imponibile a Stati con maggiore
fiscalità; proprio allo scopo di preservare la esatta pretesa impositiva di ciascuno Stato, sono state
quindi adottate normative nazionali che recepiscono il principio del prezzo normale delle transazioni
commerciali, contenuto nel Modello OCSE art. 9, comma 1, Convenzione del 1995; in Italia, come detto,
il cit art 76, commi 2 e 5, D.P.R. n. 917 del 1986, con il disposto rinvio all’art 9 stesso dpr, in base al
quale, son da intendersi normali i prezzi di beni e servizi praticati “in condizioni di libera concorrenza”
con riferimento, “in quanto possibile”, a listini e tariffe d’uso (Cass. n. 11949 del 2012; Cass. n. 7343
del 2011).
Con riferimento, poi, allo specifico tema dell’onere della prova, va ribadito che la detta disciplina è
rivolta a reprimere il fenomeno economico in sé e prescinde dalla dimostrazione di una più elevata
fiscalità nazionale, atteso che tra gli elementi costitutivi della fattispecie repressiva del transfer pricing
di cui al cit. D.P.R. n. 917 del 1986, art. 76, comma 5, non si rinviene quello della maggiore fiscalità
nazionale; ne consegue che, per l’Ufficio, non occorre, provare la funzione elusiva, ma solo l’esistenza
di transazioni tra imprese collegate; spetta invece al contribuente, secondo le regole ordinarie di
vicinanza della prova di cui all’art. 2697 c.c, dimostrare che le transazioni sono intervenute per valori
di mercato da considerarsi normali ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art 9, comma 3 (cass.
10742/2013).
Ciò precisato in termini generali, va rilevato che, nel caso in esame e con specifico riferimento alla
ripresa per lire 236.180.122 relativa ai ricavi non dichiarati (“transfer pricing”), oggetto del motivo di
ricorso in questione, la CTR si è limitata genericamente ad affermare che la società aveva dimostrato la
sostanziale diversità, sotto diversi profili (qualità della merce, quantità del volume delle vendite,
modalità delle condizioni di vendita), tra i prodotti oggetto di verifica ai fini della congruenza dei
prezzi ed i prodotti venduti all’estero (alla società ILPEA INC. FORT SMITH, avente sede negli Stati
Unite’, controllata dalla contribuente), senza tuttavia considerare al riguardo che, come s
dall’Agenzia, dagli atti di causa (v. relazione 4-2-2004 dello stesso Direttore di produzione della

economico, costituisce un’alterazione del principio della libera concorrenza (nel senso che transazioni

parzialmente riportata nel presente ricorso per Cassazione) emergeva la comparabilità tra il Pulverox
Alta Energia (oggetto della verifica sulla congruenza dei prezzi) venduto alla società statunitense
controllata e quello ceduto a società terza (Flexmag INC); generico ed insufficiente appare, inoltre,
anche il richiamo della CTR alla quantità del volume ceduto, senza in alcun modo considerare quanto
affermato dall’Agenzia, secondo cui, facendo riferimento solo alle vendite aventi ad oggetto il Pulverox
Alta Energia (per il quale solo si era proceduto alla rettifica dei prezzi di trasferimento), la differenza
di volume di prodotti scambiati si riduceva notevolmente e non era tale da giustificare, anche tenendo

Con il secondo motivo l’Agenzia, denunziando -ex art 360, comma 1 n. 3 cpc- violazione e falsa
applicazione dell’alt 2697 cc e 74 (ora 108) TUIR, ha dedotto che la CTR, nell’annullare la ripresa
relativa ai costi per attività di laboratorio per non avere l’Ufficio dimostrato il loro collegamento con
specifici nuovi prodotti o nuove tecnologie a valenza pluriennale, aveva ritenuto che incombesse
sull’Ufficio l’onere di dimostrare la riferibilità dei detti costi a più esercizi; in tal modo aveva violato il
generale criterio di ripartizione dell’onere probatorio, in base al quale, in caso di contestazione, spetta
al contribuente dimostrare la sussistenza ed effettività del costo da portare in deduzione; tanto anche
sotto il profilo della riferibilità del detto costo ad un unico periodo di imposta.
Con il terzo motivo l’Agenzia, denunziando -ex art 360, comma 1, n. 5 cpc- omessa motivazione su un
punto di fatto decisivo della controversia, ha dedotto che, anche a prescindere dalla fondatezza del
motivo precedente, comunque la CTR, nel concludere per la mancata dimostrazione da parte
dell’Ufficio della natura pluriennale dei costi per attività di laboratorio e in particolare nell’affermare
che tali costi erano “collegabili con la ricerca di base, generica e continuativa e comunque necessaria
per la stessa sussistenza aziendale”, aveva del tutto omesso di valutare le circostanze di fatto
puntualmente allegate al riguardo dall’Ufficio; in particolare non aveva considerato che la componente
preponderante del costo del lavoro risultava concentrata “nella relazione di supporto tecnico
all’attività di ILPEA” e che si trattava di personale impegnato nella predisposizione di prototipi, poi
perfezionati mediante il deposito di brevetti (cfr allegato 25/16/1 foglio 191).
Il secondo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del terzo.
Va, in primo luogo, precisato che il su menzionato art 74 T.U.I.R. detta uno specifico regime di
ammortamento per le spese relative a più esercizi, intendendosi per tali quelle che presentano il
carattere della “pluriennalità”, e cioè che sono sostenute per l’acquisizione di utilità patrimoniali che
non si esauriscono in un unico periodo d’imposta; in base, infatti, al comma 3 della detta norma, la
deducibilità di siffatte spese deve essere ripartita in più esercizi, imputando a ciascun esercizio la
parte di competenza; le spese, invece, non pluriennali (o “di periodo”) danno origine ad un’utilità
correlata alla spesa sostenuta e destinata a non proiettarsi entro il periodo d’imposta successi sal

conto delle componenti di costo, il notevole abbassamento del valore del prezzo medio a kg..

sostenimento di nuovi costi; ne consegue l’illegittimità della collocazione dei costi a tal fine sostenuti
nell’alveo delle spese pluriennali, deducibili, come detto, solo “nel limite della quota imputabile a
ciascun esercizio”.
Ciò posto, va, poi, ritenuto che, in base al criterio generale di ripartizione dell’onere della prova in
ordine alla deducibilità dei costi, è onere del contribuente, al fine di fruire della loro deduzione dal
reddito imponibile, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art 75 – ratione temporis vigente-, dimostrare
quali appunto i costi; ne deriva che spetta al contribuente, e non all’Ufficio (come in realtà sembra
invece affermare la CTR), provare, ai fini della corretta deducibilità, la valenza pluriennale di alcuni
costi, e quindi -nel caso specifico- l’esistenza di nuovi prodotti o nuove tecnologie a valenza
pluriennale legati ai predetti costi.
Con il quarto motivo l’Agenzia, denunziando -ex art. 360, comma 1, n. 5 cpc- omessa motivazione su un
punto di fatto decisivo della controversia, ha dedotto che la CTR, nell’annullare la ripresa relativa al
costo di lire 51.395.800 (per consulenze tecniche per la sicurezza aziendale) sol perchè il detto costo
era ritenuto normale in relazione alla sua esiguità, aveva completamente omesso di considerare gli
elementi di fatto evidenziati dall’Ufficio (v. pagg. 15 e 16 atto di appello), dai quali emergeva l’evidente
pluriennalità dei costi in questione.
Con il quinto motivo l’Agenzia, denunziando -ex art 360, comma 1 n. 3 cpc- violazione e falsa
applicazione dell’art 74 (ora 108) TUIR, ha dedotto che la CTR, nell’annullare la ripresa relativa al
costo di lire 51.395.800 (per consulenze tecniche per la sicurezza aziendale), non aveva considerato
che siffatti costi erano diretti a prevenire un rischio tipico dell’attività dell’impresa, e non potevano
pertanto che essere ritenuti pluriennali in considerazione dell’indubbia utilità in relazione a più
esercizi.
Il quarto motivo è fondato, con assorbimento del quinto.
Alla stregua, invero, dei su riportati principi in ordine alla distinzione tra costi “pluriennali” e “di
periodo”, appare evidente l’insufficienza, sul punto, della riportata motivazione della CTR, atteso che
l’affermata “esiguità” del costo non può, di per sé rilevare ai fine della pluriennalità.
Con il sesto motivo l’Agenzia, denunziando -ex art 360, comma 1 n. 3 cpc- violazione e falsa
applicazione degli artt. 9 e 17 d.lgs 471/1997, ha dedotto che la CTR aveva annullato la sanzione di lire
2.000.000 (irrogata per tenuta della contabilità in modo non conforme alla legge), in quanto “nessuna
contestazione in tal senso era contenuta nell’avviso di accertamento”; in tal modo non aveva
considerato che, così come prescritto dall’art. 17 d.lgs 471/97, nel fl. 11 dell’avviso di accertamento
tra le violazioni accertate era espressamente indicata quella (prevista dall’art. 9 d.lgs 471/97)
alla “tenuta della contabilità non conforme alle prescrizioni di legge”.

non solo l’esistenza, ma anche l’inerenza all’attività di impresa, di componenti negativi del reddito,

.1.
,

Il motivo è inammissibile.
Con lo stesso, invero, sostenendo che nell’accertamento era stata espressamente indicata la violazione
concernente l’irregolare tenuta della contabilità, si censura -sub specie violazione di legge- una
valutazione in fatto espressa dalla CTR (mancanza nell’accertamento di specifica contestazione), non
denunciabile in questa sede se non per (non dedotto) vizio di motivazione.
Con il primo motivo di ricorso incidentale la società, denunziando -ex art, 360 n. 4 cpc- nullità della
natura pluriennale del costo di lire 78.731.800 sostenuto per consulenze per la creazione di nuovi
brevetti (e quindi la legittimità della relativa ripresa a tassazione), senza tuttavia che tale importo
avesse riscontro in uno specifico recupero a tassazione contenuto nell’avviso di accertamento.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto, non essendo stato riprodotto in
ricorso il detto avviso di ac rtamento (che, come è stato più volte precisato, non costituisce atto
processuale, bensì amministrativo; v. da ultimo Cass. 9536 e 8312/2013 ), non viene consentito a
questa Corte di valutare, in base alla lettura del solo ricorso, la fondatezza o meno del denunciato vizio.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale la società, denunziando -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e
falsa applicazione degli artt 52 e 74 dpr 917/86, ha sostenuto che, nell’ipotesi in cui la CTR
nell’affermare la legittimità della ripresa a tassazione del costo di cui sopra, abbia inteso far
riferimento ai costi sostenuti per la ottimizzazione dei brevetti, la statuizione violava le disposizioni di
cui sopra, in quanto la contabilizzazione delle spese in questione come oneri pluriennali era da
ritenersi vietata in base al su menzionato principio contabile n. 24.
Il motivo è inammissibile, atteso che la CTR parla espressamente di spese di consulenze per la
creazione di nuovi brevetti, e non vi è, quindi, alcuna ragione per ritenere che la CTR, con tale
espressione, abbia inteso riferirsi ai costi sostenuti per la ottimizzazione di brevetti precedenti.
Il terzo motivo di ricorso incidentale, con il quale la società ha denunciato -ex art 360 n. 5 cpcomessa, insufficiente e contradditoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, è
inammissibile -ex art 366 bis cpc ratione temporis vigente- in ordine ai primi due profili in esso
evidenziati, per mancanza di chiara indicazione del fatto controverso e carenza idoneo momento di
sintesi.
Per costante e condiviso principio di questa Corte,invero, nel caso previsto dall’ articolo 360, primo
comma, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo del ricorso per cassazione deve contenere, a pena di
inammissibilità, sia la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si
assume omessa o contraddittoria, sia le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazion
la rende inidonea a giustificare la decisione, e cioè un momento di sintesi (omologo del q

sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 112 cpc, ha dedotto che la CTR aveva affermato la

diritto), contenente un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto
all’illustrazione del motivo e che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare
incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; ciò anche
quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata
censura, attesa la “ratto” che sottende la disposizione indicata, finalizzata a porre la S.C. nella
condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di

Nel caso di specie, ove il motivo si conclude indicando, ai sensi dell’art 366 bis cpc, in ordine al primo
profilo, “la circostanza che la motivazione appare contraddetta dalle specifiche difese che sono state
svolte in entrambi i gradi del giudizio”, mentre, in ordine al secondo, la circostanza che il capo della
sentenza impugnata non si può ritenere motivato in quanto basta aggiungere un “non” in una frase e
togliere un “non” da un’altra parte per motivare una decisione di segno completamente opposto a
quello assunto dai giudici”, appare evidente la carenza sia della chiara indicazione del fatto
controverso sia del su menzionato momento di sintesi, non potendo le descritte espressioni costituire
l’indicazione riassuntiva e sintetica prescritta dal cit. art 366 bis cpc.
li motivo, infine, in ordine terzo profilo in esso evidenziato, e cioè alla dedotta contraddizione tra la
natura “pluriennale” dei costi per consulenze per la creazione di nuovi brevetti e la natura di “costi di
periodo” dei costi amministrativi legati al riconoscimento di nuovi brevetti, è infondato, attesa
l’evidente diversità tra i costi sostenuti per consulenze finalizzate alla creazione di nuovi brevetti ed i
costi amministrativi per il riconoscimento ufficiale di detti brevetti.
Con il quarto motivo di ricorso incidentale la società, denunziando -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione o
falsa applicazione degli artt. 52 e 74 dpr 917/86, ratione temporis vigenti, ha chiesto a questa Corte, ai
sensi dell’art. 366 bis cpc, di dire se incorra nella violazione dei detti articoli la sentenza della CTR che
abbia ritenuto di considerare “oneri pluriennali” le spese per consulenze legali riferite ad
un’operazione straordinaria che i Principi Contabili che presiedono alla redazione del bilancio di
esercizio stabiliscono doversi imputare integralmente nello stesso esercizio in cui sono stati sostenuti.
Con il sesto motivo di ricorso incidentale la società, denunziando -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione o
falsa applicazione dell’art. 2 dpr 441/97, ha chiesto a questa Corte -ex art 366 bis cpc- di dire se
incorra nella violazione del detto articolo la sentenza della CTR che abbia ritenuto di considerare
necessario contestare la violazione della speciale disciplina ivi prevista pur non essendo la stessa
applicabile ogni qualvolta l’operazione di distruzione non dipende dalla sua natura “eccezionale”, ma
risulta normalmente connessa a situazioni ricorrenti”
,
Siffatti motivo sono inammissibili per mancanza di idoneo quesito di diritto.

merito.

Come ripetutamente statuito da questa Corte, Il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi
dell’alt 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione,
così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere
applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; ne consegue che
è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione (come quelle su riportate)
sia del tutto inidonea ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di

Anche il quinto e settimo motivo di ricorso incidentale, con i quali la società ha dedotto -ex art 360 n.
5 cpc- omessa, insufficiente e contradditoria motivazione circa un punto decisivo della controversia,
sono inammissibili ex art 366 bis cpc ratione temporis vigente; gli stessi, invero, si concludono,
indicando, ai sensi dell’art. 366 bis cpc, il quinto motivo la circostanza che il capo della sentenza
impugnata non si può ritenere motivato in quanto basta togliere un “non” per motivare una decisione
di segno completamente opposto a quello assunto dai giudici”, ed il settimo “la circostanza che la
sentenza impugnata non ha preso in alcuna considerazione le argomentazioni difensive illustrate in
relazione alla disposizione contenuta nell’art 76, comma 6, dpr 917/86 che, nonostante Mungo tempo
trascorso, l’Ufficio di Gavirate non ha ancora applicato”; dal testo su riportato appare evidente la
mancanza di chiara indicazione del fatto controverso e la carenza del necessario idoneo momento di
sintesi, dal che, come detto, l’inammissibilità dei motivi
In conclusione, pertanto, vanno accolti il primo, secondo e quarto motivo di ricorso principale; con
assorbimento del terzo e del quinto; va dichiarato inammissibile il sesto motivo di ricorso principale;
va inoltre rigettato il ricorso incidentale; per l’effetto, va cassata, in relazione ai motivi accolti,
l’impugnata sentenza, con rinvio, per nuovo esame, alla CTR Lombardia, diversa composizione, che
provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo, secondo e quarto motivo di ricorso principale; assorbiti il terzo ed il quinto;
dichiara inammissibile il sesto motivo di ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; cassa, in
relazione ai motivi accolti, l’impugnata sentenza, con rinvio, per nuovo esame, alla CTR Lombardia,
diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio
di legittimità.
Cosi dec o in Roma in d ta 26-2-2015
ere est
Ci

Il Presidente
dott. Aurelio ppabianca

diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia.

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