Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15296 del 25/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 25/07/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 25/07/2016), n.15296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi G. – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3947-2012 proposto da:

IDA IMMOBILIARE DI S.E. & C SNC (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI LAZZARA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI

BOCCHERINI 3 -SC 2, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO DE

ANGELIS, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO FIORUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 80/2011 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 01/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato LAZZARA Giovanni, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso e della memoria;

udito l’Avvocato FIORUCCI Roberto difensore del resistente che ha

chiesto di riportarsi agli scritti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – B.I. convenne in giudizio la società I.D.A. Immobiliare s.n.c. di S.E., chiedendo – per quanto qui ancora rileva – la condanna della stessa alla demolizione delle fabbriche edificate in violazione delle distanze legali, in luogo della precedente terrazza esistente sul proprio fabbricato finitimo al fondo attoreo, e al risarcimento del danno.

Nella resistenza della società convenuta, il Tribunale di Perugia rigettò le domande attoree.

2. – Sul gravame proposto dall’attrice, la Corte di Appello di Perugia, in riforma della pronuncia di primo grado, condannò la società convenuta ad arretrare la sopraelevazione, eseguita nel suo fabbricato, fino alla distanza legale.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la I.D.A. Immobiliare s.n.c. sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso B.I..

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di Appello, da un lato, riconosciuto l’usucapione del diritto di superficie sulla porzione di terreno attoreo occupata dallo sconfinamento anche con riferimento alla sopraelevazione realizzata dalla convenuta sulla terrazza sovrastante l’edificio di sua proprietà e, dall’altra, ritenuto la sussistenza della violazione delle distanze legali relative alla stessa sopraelevazione. Secondo la ricorrente, sarebbe contraddittorio il riconoscimento dell’usucapione sullo sconfinamento realizzato dalla convenuta con la sopraelevazione e l’affermazione della sussistenza di una violazione delle distanze legali.

La censura è infondata.

L’attrice ha chiesto la demolizione delle opere realizzate dalla convenuta sotto due distinti profili: a) l’uno in ragione dello sconfinamento relativo alla proiezione del solaio di copertura per cm. 70; b) l’altro in ragione della violazione delle distanze legali.

Orbene, quanto allo sconfinamento, la Corte di Appello ha ritenuto che la domanda relativa allo sconfinamento relativo al corpo di fabbrica “preesistente” (riferito ad uno sbalzo in cemento armato posto al livello del solaio del primo piano dell’edificio) fosse nuova e inammissibile perchè proposta solo con l’atto di appello e, in ogni caso, infondata, per essere maturato l’usucapione sulla linea di confine tra i due fondi; ha poi ritenuto infondata la domanda relativa allo sconfinamento realizzato con la sopraelevazione, in quanto la sopraelevazione era stata eseguita osservando la linea di confine sul quale era maturato l’usucapione.

Una volta individuata la linea di confine tra i due fondi, i giudici di merito sono passati a verificare l’osservanza delle distanze legali.

Tale profilo della domanda è indipendente dal tema relativo alla individuazione confine tra i fondi delle parti, perchè le norme sulle distanze legali tra costruzioni vanno osservate anche se la costruzione è elevata su terreno proprio, ossia senza invadere il terreno altrui.

In altre parole, non esiste alcuna contraddizione nel riconoscere che la sopraelevazione eseguita dalla convenuta non invade la proprietà altrui (mantenendosi entro la linea di confine formatasi per usucapione) e nell’affermare – contemporaneamente – la sussistenza della violazione delle distanze legali tra costruzioni.

Ogni sopraelevazione, infatti, anche se di ridotte dimensioni, comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti – e, quindi, anche per la disciplina delle distanze – come nuova costruzione (Sez. 3, Sentenza n. 21059 del 01/10/2009, Rv. 609586).

2. – Col secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, artt. 49 e 51 delle disposizioni di attuazione al P.R.G. e art. 41 del regolamento edilizio del comune di Tuoro sul Trasimeno, nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale escluso l’applicabilità dell’art. 18 del piano particolareggiato dello strumento urbanistico che consentiva di utilizzare il piano della terrazza coprendolo, nonchè per avere collocato l’edificio oggetto della causa in zona territoriale diversa da quella relativa al centro storico del comune di Tuoro (Zona A) e per avere, conseguentemente, ritenuto applicabile una distanza legale (quella di metri cinque dal confine) diversa da quella in realtà prescritta, corrispondente – per i centri storici – a quella di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9 secondo cui le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Va innanzitutto rilevato che la previsione dell’art. 18 del piano particolareggiato dello strumento urbanistico, secondo cui è consentito coprire il piano della terrazza, non può essere inteso nel senso che la copertura, ove si traduca in una nuova costruzione, sia esente dall’osservanza delle distanze legali previste dallo strumento urbanistico e dalle leggi: sia perchè una tale esenzione non è prevista dalla richiamata disposizione del piano particolareggiato, sia perchè – ove vi fosse – sarebbe illegittima e, quindi, disapplicabile dal giudice.

Quanto all’asserito errore nella individuazione della zona territoriale nella quale si trova l’immobile della convenuta, la censura risulta inammissibile per difetto di interesse. Invero, come previsto dal D.M. n. 1444 del 1968, art. 9 (e dallo stesso art. 41 del P.R.G. comunale che lo recepisce), nelle “Zone A” “le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti”, rimanendo così preclusa la possibilità di realizzare nuovi volumi, essendo consentite solo opere di risanamento conservativo e di restauro (Sez. 2, n. 1282 del 24/01/2006, Rv. 586246).

3. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.200,00 (tremiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016

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