Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15296 del 21/07/2015
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15296 Anno 2015
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Ministro
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– ricorrente contro
,(7
Grifols
Italia spa,
in persona del legale
rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in
Roma P.zza d’Ara Coeli l, presso lo studio
dell’Avv.to Federico M.Ferrara, che la rappresenta
e difende in forza di procura speciale
a margine
del controricorso
– contrari corrente –
avverso la sentenza n. 18/18/2009 della Commissione
Tributaria regionale della Toscana, depositata il
10/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 13/02/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
uditi l’Avvocato dello Stato, Maria Pia Camassa,
per parte ricorrente, e l’Avv.to Federico Maria
Ferrara, per parte controricorrente;
Data pubblicazione: 21/07/2015
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Tommaso Basile, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per
cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti
della Grifols
Italia
spa
(che resiste con
Commissione Tributaria Regionale della Toscana n.
18/18/2009, depositata in data 10/02/2009, con la
quale è stata
grado,
confermata la decisione di primo
che aveva accolto il ricorso della
contribuente.
La
controversia
concerne
l’impugnazione
del
silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione
finanziaria ad un’istanza di rimborso di somme
erroneamente versate dalla contribuente, a titolo
di ritenute di acconto applicate sui dividendi
distribuiti a due soci esteri comunitari, per
l’anno 2001, non avendo la contribuente, società
figlia, nella distribuzione dei dividendi alle
società madri comunitarie, tenuto conto della
‘Direttiva
“madri_ e figlie”
n. 90/4735/C, in base
alla quale il sostituto d’imposta può non
applicare la ritenuta d’acconto).
giudici
d’appello
hanno
sostenuto,
particolare, che per mero errore “/a
ha correttamente applicato
in
società non
/a direttiva
circa la
distribuzione dei dividendi tra madre/figlia della
stessa società” e, non essendo dovuti i versamenti
della ritenuta di acconto, sussistono i requisiti
soggettivi ed oggettivi per il rimborso richiesto
dalla contribuente.
La controricorrente ha depositato memoria ex
art.378 c.p.c..
controricorso), avverso la sentenza della
Considerato in diritto.
1.L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con
il
primo motivo, la violazione e falsa
applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt.27
bis commi l e 3 del DPR 600/1973 e 38 coma 1 DPR
602/1973, non avendo i giudici correttamente
applicato sia la norma nazionale di cui all’art.27
facoltà di non operare le ritenute sui dividendi
distribuiti in presenza di un’espressa richiesta
preventiva della società madre comunitaria ovvero
quest’ultima può avanzare essa stessa richiesta di
rimborso della ritenuta subita, sia l’art.38
citato, in quanto la scelta di operare la ritenuta
costituisce una manifestazione di volontà, non di
scienza, che non può qualificarsi erronea, non
essendo il preteso errore percepibile dall’Ufficio.
La stessa ricorrente, con il secondo motivo,
denuncia l’omessa applicazione, ex art.360 n. 3
c.p.c., dell’art.21 coma 2 d.lgs. 546/1992, avendo
la C.T.R. implicitamente rigettato l’eccezione,
sollevata in appello dall’Ufficio, di decadenza
della contribuente dall’istanza di rimborso, per
decorso del termine biennale dalla data del
versamento (essendo state le ritenute operate nel
2001 e l’istanza di rimborso presentata nel 2005).
2. Le suddette prime due censure, da esaminare
congiuntamente, in quanto connesse, sono fondate.
2.1. L’art. 5, n. i, della Direttiva CEE/90/435,
relativa al regime fiscale applicabile alle società
madri e figlie di Stati membri della Comunità
economica europea, attuata nell’ordinamento interno
con il D.Lgs. 6 marzo 1993, n. 136, stabilisce che
“gli utili distribuiti da una società figlia alla
sua società madre, quando quest’ultima detiene una
3
bis, in base alla quale la società figlia ha
partecipazione minima del 25% nel capitale della
società figlia sono
esenti
dalla
ritenuta alla
fonte”.
La Direttiva c.d. “madri-figlie” ha come obiettivo
quello di elidere le diversità di regime fiscale
per le società operanti negli Stati membri,
garantendo la neutralità dell’imposizione,
imposizione in tali Stati, che comunque restano
portatori di interessi concorrenti e a volte
opposti (C. Giust. sentenza 25 settembre 2003,in
C-58/01); nel Preambolo della Direttiva in esame si
afferma infatti, in relazione agli utili che la
società madre riceve dalla società figlia, che lo
Stato della società (madre) deve: l) o astenersi
dal sottoporre tali utili ad imposizione; 2) oppure
sottoporli ad imposizione, autorizzando però tale
società madre a dedurre dalla sua imposizione la
frazione dell’imposta pagata dalla società figlia.
Ai sensi dell’art.7 n. 2, la disposizione
dell’art.5 non si applica se già la normativa
convenzionale o quella interna contengono norme che
realizzano la finalità di sopprimere o attenuare la
doppia imposizione economica.
2.2. L”art.27 bis DPR 600/1973, inserito dal
d.lgs. 136/1993, in attuazione della Direttiva 90,
nel testo vigente
ratione
temporis
(anno 2001),
prevede quindi che le società non residenti che
detengono una partecipazione diretta, non inferiore
al 25 per cento del capitale della società che
“hanno
distribuisce gli utili,
richiesta,
utili
loro
al
rimborso della ritenuta”
corrisposti.
all’Amministrazione
certificazione,
diritto,
Occorre
finanziaria
rilasciata
4
dalle
a
sugli
produrre
“una
competenti
attraverso l’eliminazione di ogni ipotesi di doppia
autorità
fiscali
dello Stato
estero”,
attestante il possesso, per la richiedente, dei
requisiti di cui al citato art.96 bis e la
documentazione comprovante la sussistenza delle
condizioni di cui al coma 1.
società beneficiaria dei
“a
richiesta
dividendi”,
della
le stesse
società
“figlie”
ritenuta”
di cui al terzo comma dell’art. 27 DPR
“possono non
applicare
la
600/1973, avendo cura di acquisire, al momento
della previa richiesta della società
“madre”,
la
documentazione sopra indicata e di conservarla sino
al decorso dei termini per gli accertamenti
relativi “al periodo di imposta in corso alla data
di pagamento dei dividendi e comunque fino
a quando non siano stati definiti gli accertamenti
stessi’.
2.3.Lart.38 DPR 602/1973 disciplina, ai commi 1 e
2, nel testo in vigore dal 1 0 /01/2001 (nella specie
le ritenute sono state versate nel 2001), le
condizioni per la richiesta di rimborso di imposte,
all’Amministrazione finanziaria, da parte o del
soggetto “che ha effettuato il versamento diretto”
o “del percipiente delle somme assoggettate a
ritenuta”,
nel
duplicazione ed
caso
di
“errore materiale,
inesistenza
totale o parziale
dell’obbligo di versamento”, entro il termine di 48
mesi dal versamento.
2.4.0ra, nella specie, si discute di un’istanza di
rimborso inoltrata dalla società residente Grifols
Italia, nel luglio 2005, in relazione a somma dalla
stessa
“erroneamente”,
secondo l’assunto della
contribuente, versata nel luglio 2001, a titolo di
ritenuta d’acconto sui dividendi distribuiti ai
propri soci comunitari, uno spagnolo ed uno
5
Ricorrendo dette condizioni,
olandese.
Si tratta, pertanto, in ogni caso, di ritenute, non
ab origine illegittime, che la Grifols aveva solo
la
facoltà
di non pagare, a fronte di previa
richiesta della società madre, titolare dei
requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla
norma.
dirigente della società (secondo quanto dichiarato
in primo grado dal legale rappresentate, vedasi
pag.8 del ricorso) non è decisivo, in quanto la
volontà dell’Ente si esprime sempre attraverso i
suoi organi (cfr. Cass. 686/1966:
“Le persone
giuridiche agiscono a mezzo degli organi
che le
rappresentano e il comportamento di questi si
identifica con quello dell’ente”,
cosicché è stato
ritenuto che, avendo l’organo espresso la volontà
della società di pagare un debito altrui,
quest’ultima non può agire in ripetizione di un
indebito soggettivo, non potendo invocare a suo
favore l’errore scusabile) ed i giudici della
C.T.R. non hanno compiutamente accertato la
specifica circostanza (si legge soltanto:
erroneamente la
Società non
“solo
ha correttamente
applicato la direttiva circa la distribuzione dei
dividendi fra figlia/madre della stessa Società”),
sempre contestata dall’Ufficio.
2.5. Inoltre, la ricorrente Agenzia delle Entrate
lamenta altresì e la deduzione non risulta
specificamente smentita – che la richiesta di
esonero sia stata invocata dalla sola società
spagnola (non anche dall’altra società, olandese),
nell’anno 2005, a fronte di una distribuzione degli
utili avvenuta nel 2001.
2.6. Ora, è già stato chiarito da questa Corte
Peraltro, l’errore in cui sarebbe incorso un
I
(Cass. 82/2014; Cass. 16328/2013; Cass.3575/2010;
Cass. 7116/2003) che, mentre il termine di cui
all’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 si
riferisce alle sole ipotesi in cui il pagamento non
è dovuto per ragioni di fatto o giuridiche già
esistenti al momento della sua effettuazione,
quando il diritto alla restituzione sia sorto solo
stessa, trova applicazione l’art. 21, secondo
comma, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, norma
avente carattere residuale e di chiusura del
sistema, secondo il quale l’istanza di rimborso può
essere presentata entro due anni dal giorno in cui
si è verificato il presupposto per la restituzione.
Ne consegue che, nella specie, ai fini dell’istanza
di rimborso, non poteva operare il disposto
dell’art.38 (contemplante un termine di 48 mesi) ma
era applicabile il termine, residuale, biennale
previsto dall’art.21 comma 2 0 d.lgs. 546/1992.
3. 1 restanti motivi (terzo motivo: violazione e
falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli
artt.27 bis commi l e 3 del DPR 600/1973, sotto
altro profilo, essendo necessaria, per la società
“figlia”,
ai fini del rimborso delle ritenute
versate sui dividendi distribuiti alla società
“madre”, la previa esistenza di una richiesta della
società
“madre”
di data anteriore a quella di
effettuazione delle ritenute stesse, laddove, nella
fattispecie,
la
richiesta
era
intervenuta
successivamente, nel 2005, e limitatamente ad una
sola delle due società madri; quarto motivo:
violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 4
c.p.c., dell’art.1 coma 2 d.lgs. 546/1992, avendo
la C.T.R. utilizzato un documento allegato, a
sostegno del diritto al rimborso, redatto in lingua
7
in data posteriore a quella del pagamento della
spagnola e senza traduzione in italiano, in
violazione dell’art.122 c.p.c., applicabile al
processo tributario in forza del richiamo operato
dall’art.1 coma 2 d.lgs. 546/1992; quinto motivo:
insufficiente motivazione, ex art.360 n. 5 c.p.c.,
non avendo la C.T.R. risposto ai motivi di appello
sollevati dall’Ufficio in ordine alla insussistenza
600/1973)sono assorbiti.
4. Per tutto guanto sopra esposto, il ricorso deve
essere accolto, quanto ai primi due motivi,
assorbiti i restanti, la sentenza impugnata deve
essere cassata e, decidendo nel merito, non
essendovi necessità di ulteriori accertamenti in
fatto, va respinto il ricorso introduttivo della
contribuente.
Le spese processuali del giudizio di merito vanno
integralmente compensate tra le parti, tenuto conto
che la giurisprudenza di legittimità si è
consolidata successivamente alla proposizione del
ricorso introduttivo. Le spese processuali del
presente giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, quanto ai primi due
motivi, assorbiti i restanti; cassa la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, respinge il
ricorso introduttivo della società contribuente;
dichiara integralmente compensate tra le parti le
spese del giudizio di merito; condanna la parte
controricorrente al rimborso delle spese
processuali del presente giudizio di legittimità,
liquidate in complessivi
e 8.500,00, a titolo di
compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, il 13/02/2015.
dei requisiti dell’art.27 bis comma l e 3 DPR